Il lungo tira e molla tra la F1 e la Federazione Internazionale dell’Automobile potrebbe conoscere un nuovo capitolo di un romanzo che sta diventando oltremodo voluminoso. E di sgradevole lettura. I fronti caldi sono diversi. Alcuni si sono chiusi dopo estenuanti trattative, altri risultano ancora apertissimi. Ci riferiamo, nello specifico, all’ingresso di nuovi soggetti in F1. Proprio qualche giorno fa, il gruppo guidato da Mohammed Ben Sulayem, ha divulgato il decalogo che bisogna osservare per iscriversi alla massiva categoria (leggi qui).
Nulla di strano, direte. Se non fosse che s’è trattato di una mossa unilaterale che mira all’allargamento della griglia fino a 24 vetture. Un’espansione sulla quale Liberty Media Corporate non si è pubblicamente espressa. La vicenda è l’ultimo atto di una battaglia che vede Place de la Concorde sponsorizzare Andretti/Cadillac con la proprietà americana del Circus a rimanere cautamente defilata. Ma a quanto pare non troppo soddisfatta dell’interventismo federale. Che sta diventando smodato.
Altro motivo di frizione, stavolta aperto e frontale, è quello che investe la questione relativa al diritto d’espressione dei piloti. La FIA, sposando il codice etico del comitato olimpico internazionale, ha di fatto apposto un filtro censorio ai conducenti che non saranno più liberi, se non concordandolo, di manifestare idee su questioni politiche e sociali.
Un provvedimento che ha spaccato letteralmente il Circus e che ha generato le irate reazioni di Liberty Media che ha letto l’azione di un sempre più intraprendete Ben Sulayem come un atto liberticida. Non a caso si sono mossi gli avvocati del gruppo americano e sviluppi potrebbero esservi nelle prossime settimane.
Ma anche i piloti hanno espresso remore convinte. Hamilton, Verstappen e, in ultimo, Alex Albon, a margine della presentazione della livrea della Williams FW45, si sono scagliati contro un bavaglio oggettivamente troppo stretto e che “puzzava” di protezione nei riguardi di alcuni soggetti vicini al manager emiratino.
Insomma, si era creato un contesto troppo frammentato e belligerante che la Formula Uno, in piena fase espansiva, non poteva permettersi. Gli ultimi sviluppi in ordine cronologico narrano di una lettera inviata da Mohammed Ben Sulayem, il n°1 di Place de la Concorde che con la sua politica ha spaccato il fronte FIA/Liberty Media, ai team. Nella missiva il successore di Jean Todt, che con la proprietà aveva un rapporto molto più stabile, ha comunicato l’intenzione di rinunciare al controllo diretto sulla Formula 1.
L’ex rallista non mollerà il suo scranno parigino, si sfilerà “semplicemente” dalla gestione quotidiana dello sport dedicandosi esclusivamente a questioni strategiche. Sarà Nicholas Tombazis, attuale direttore delle monoposto, a prendere possesso delle attività svolte finora da Ben Sulayem. Dietro tutto ciò ci sono Stefano Domenicali e Liberty Media Corporate che, nel silenzio generale, hanno fatto passi concreti per mettere un coperchio su una pentola ribollente.
“La F1 non metterà mai il bavaglio a nessuno. Tutti vogliono parlare e sfruttare una piattaforma come la Formula 1 per dire quello che vogliono nel modo giusto. Non cambieremo questo approccio come sport. Stiamo parlando di un regolamento e il regolatore è la FIA. Credo che la Federazione chiarirà tutto relativamente al fatto che ci saranno da rispettare alcuni luoghi in cui non è possibile farlo“.
Queste le parole di Domenicali che hanno preceduto lo sviluppo di cui vi stiamo raccontando. Il preludio a qualcosa di più grosso che accadrà più innanzi. L’obiettivo di breve periodo è quello di calmare le acque per poi preparare il dopo Ben Sulayem che, a questo punto, difficilmente vedrà rinnovato il suo legame con la Federazione. Troppi gli scontenti. Proprietà, piloti e team vorrebbero una governance diversa e meno unilaterale.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, FIA