Lo scacchiere della F1 del 2026, quella del nuovo contesto regolamentare motoristico e aerodinamico, è in via di definizione. Oltre agli attori storici – Ferrari, Mercedes, e Alpine (ossia Renault) – avremo un rimescolamento generale che poterà nuovi soggetti che renderanno la serie più “liquida” e si spera più avvincente grazie ad un assottigliamento dei valori in campo.
Ford è uno di questi. Il gruppo motoristico del Michigan sarà il nuovo partner della Red Bull che potrà così dare un senso al suo reparto powertrains in continuo puntellamento in quel di Milton Keynes. Un legame che ha concreti risvolti tecnici e che nasce innanzitutto da una partnership commerciale ma che si svilupperà in qualcosa di più profondo di un semplice matrimonio per fini di marketing.
Ma, se vogliamo, la novità più succulenta è quella che ci conduce in Germania dove troviamo la sede della Audi Sport. La casa dei Quattro Cerchi, una controllata di Volkswagen, è diventata una colonna portante della Sauber che vuole uscire una volta e per tutte da quel limbo sportivo fatto dalla permanenza a metà classifica senza realistici sogni di vittoria. I tedeschi sono entrati prepotentemente ad Hinwil e, dal 2024, saranno anche nel nome della squadra che mollerà la sponsorship con Alfa Romeo.
Progressivamente la scuderia elvetica si affrancherà da Maranello che fornirà i propri propulsori fino al 2025. Poi sarà il tempo di vedere all’opera i nuovi V6 prodotti nello stabilimento di Neuburg dove sta nascendo un comparto motori ambizioso e che si è posto l’obiettivo di vincere un titolo entro la fine degli Anni Venti.
Queste le certezze alle quali si potrebbero aggiungere altre due realtà. La prima è Honda che non vuole mollare e che potrebbe essere un’opzione concreta per un team motorizzato Mercedes che verosimilmente perderà uno dei suoi clienti da qui all’anno zero delle nuove propulsioni senza MGU-H. L’altra – e ne abbiamo ampiamente dibattuto – è quella che dovrebbe vedere l’ingresso in campo del pacchetto Andretti-Cadillac. Il team americano intende affacciarsi alla F1 già nel 2024 o nel 2025 con un propulsore Renault ribrandizzato. Uno o due anni di apprendistato per poi scendere in pista con unità motrici di propria foggia.
Una Formula 1 che vedrebbe così una lotta titanica tra ben sette costruttori. Grasso che cola dopo anni in cui si era manifestato un immobilismo preoccupante con voci di ritiro insistenti che coinvolgevano soprattutto la Losanga francese. Ma questo scenario “epta-cefalo” si potrà concretizzare solo a determinate condizioni. E tutto gira, manco a dirlo, intorno alla capacità di spendere e di produrre utili di Andretti Global e della controllata General Motors.
In Red Bull non si sono dimostrati proprio dei fautori dell’ingresso di un undicesimo team. La paura è che l’allargamento possa abbassare i profitti da spartirsi. Chris Horner, recentemente, ha dichiarato di non avere nulla contro la candidatura di Andretti-Cadillac ma che nutre piuttosto dei dubbi su come intenderebbero pagare i costi d’ingresso in F1 che ammontano ad una gabella di 200 milioni di dollari da elargire una tantum e, data questa natura, che non crea valore aggiunto di carattere strutturale.
Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza Helmut Marko, il superconsulente Red Bull che ha altrettanto sottolineato che una base finanziaria solida deve sempre essere garantita da chi fa capolino in F1. Che è quello che Andretti pensa di poter fare con il supporto di General Motors. Fatto che ha cambiato le carte in tavola suscitando l’entusiasmo di Mohammed Ben Sulayem, determinando il cambio di visione di Toto Wolff (che oggi e più concessivo) e spingendo Liberty Media ad una riflessione più profonda sui benefici che porterebbe un undicesimo soggetto che fa capo ad un gruppo industriale tra i più grandi al mondo.
La proprietà della Formula Uno valuta più positivamente la candidatura dei connazionali dopo che l’accordo Porsche – Red Bull è naufragato in una lotta di potere che ne ha minato le basi fondanti. “Mi verrebbe da dire che bisogna chiedere a Porsche circa le notizie sul loro ingresso in Formula 1. Credo che ci stia davvero pensando se ci sono opportunità disponibili. Naturalmente, più passa il tempo e più è difficile essere efficaci con una proposta tecnica e commerciale. Ma spero davvero che si possano avere altre notizie a breve termine. Si tratta di nuove power unit, parliamo di nuove squadre“.
Resta dunque sul tavolo la sola opzione Andretti della quale il dirigente imolese parla. “Ne ho parlato con loro molto apertamente e ho detto che mi sarei comportato in modo diverso. Con cinque gare nel Nord America, comprendendo Messico e Canada, avere due squadre statunitensi sarebbe piuttosto attraente. Dobbiamo però essere prudenti. E’ necessario essere davvero forti in termini di sostenibilità per il futuro. Questo è stato uno dei problemi degli ultimi anni. Abbiamo avuto così tante squadre che sono entrate e uscite e dobbiamo assicurarci di proteggerle per il futuro, per il meglio dello sport“.
Andretti, che aveva replicato alle osservazioni di Domenicali circa l’etichetta da tenere nel modo di esprimersi con un laconico “siamo fatti così”, deve superare ancora le ritrosie di alcune squadre e della proprietà che non chiude all’allargamento ma che lo immagina con un competitor stabile e la cui presenza sia garantita per molti anni.
Alla F1 non serve una meteora, ma un’equipe che sappia generare valori tecnici aumentando il livello della competizione e che sappia produrre utili. Che è forse l’imperativo che John C. Malone e soci inseguono davvero. Con l’avallo della Red Bull evidentemente.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, FIA