Affermare in maniera insistita che la Aston Martin sia la sorpresa della stagione 2023 non rende merito e onore al grande lavoro fatto dagli uomini dell’equipe di Silverstone. In F1 nulla si crea per caso. Il fato, come in ogni ambito dell’agire umano, ci mette lo zampino, ma di certo non può essere considerato l’elemento preponderante nel recupero tecnico che abbiamo osservato nel giro di pochi mesi.
La cabala afferisce più alla sfera “pistaiola”, a quegli eventi che possono verificarsi con venti auto che girano e che, a loro volta, ne producono ulteriori. Ma la rimonta alla quale abbiamo assistito è frutto di una visione strategica ben chiara, di un lavoro definito in maniera certosina che ha prodotto effetti evidenti visto che, da un anno all’altro, la verde monoposto inglese è riuscita addirittura a tagliare oltre due secondi dal cronometro.
Ma chi sono i protagonisti di questa svolta? Il primo nome che viene in mente è chiaramente quello di Lawrence Stroll che, dopo aver acquisito il pacchetto di maggioranza, non si è perso d’animo nonostante un costante arretramento prestazionale che si è manifestati dal 2020, quando la squadra correva ancora sotto il nome ancora Racing Point e sembrava davvero in rampa di lancio.
Il merito del magnate canadese è quello di aver coltivato un sogno, di averci creduto modellandolo con una costante emissione di denaro. Cosa che continua tutt’oggi visto che gli investimenti in strutture sono in pieno svolgimento. La nuova sede è stata battezzata da poco tempo, una galleria del vento “fresca di pacca” è in procinto di andare a regime. Attrezzature all’avanguardia e competenze di primo livello sono state portate all’interno del team e di questo chiaramente è meritevole il proprietario della franchigia.
Ma è ovvio che quest’ultimo non possegga le competenze per un tale balzo in avanti pur avendo dimostrato di sapere scegliere gli uomini giusti. Altra figura chiave introdotta nell’equipe è stata quella di Mike Krack, il team principal tedesco che è stato chiamato per creare nuove procedure operative che potessero essere il substrato sul quale creare una scuderia più solida. Il manager sta lavorando da oltre un anno e i frutti dei suoi sforzi si stanno vedendo in maniera molto netta.
Accanto a Krack troviamo altri uomini cardine che hanno contribuito alla risalita della squadra. Il primo è Andrew Green, il padre della AMR22 che non aveva effettivamente ben funzionato visto che non si era adattata alle nuove regole tecniche imposte dal legislatore. L’ingegnere britannico è stato affiancato da due colleghi che hanno letteralmente messo le ali al progetto Aston Martin: Dan Fallows ed Eric Blandin.
Il primo proviene dalla scuola Red Bull essendo stato un allievo di Adrian Newey; il secondo è di estrazione Mercedes considerando che nel team di Brackley ha svolto il ruolo di capo aerodinamico. Dopo i periodi di gardening che usualmente seguono l’attività in un determinato team, i due si sono messi all’opera portando le rispettive competenze e il know-how acquisito.
La presenza di due professionisti di grosso calibro avrebbe potuto determinare una pedissequa attuazione di uno dei due modelli operanti nelle scuderie di provenienza. In parole povere, la Aston Martin rischiava di scimmiottare la Red Bull o la Mercedes sia in termini di organizzazioni che in termini di filosofia e tecniche adottabili per la monoposto.
Nulla di tutto ciò accaduto, la scuderia ha creato il suo modello specifico che, negli anni, potrebbe diventare riferimento per gli altri. Tom McCullough, performance director della realtà britannica, ha spiegato come Fallows sia stato molto bravo nell’osservare ciò che fanno gli avversari per acquisirlo, modellarlo e sublimarlo in un nuovo protocollo con cui si punta a batterli. Così hanno operato l’ex Red Bull e Blandin per implementare quello che McCullough ha definito “Lo stile Aston Martin”.
I due tecnici hanno permesso alla AMR23 di svoltare. McCullough ha affermato che già prima della loro “discesa in campo” la vettura era incamminata sulla strada giusta. Ma serviva quel cambio di passo che è giunto puntuale e che ha portato un alto e più elevato livello di conoscenza seguito da un’esperienza più elevata che avevano sviluppato nelle due migliori squadre della Formula Uno degli ultimi tre lustri. Il know-how costruito in precedenza ha contribuito a far evolvere il modo in cui la scuderia lavora, generando una spinta propulsiva pesantissima, che oggi sembra irrefrenabile.
Oltre alle capacità progettuali, Dan Fallows ed Eric Blandin hanno portato un elemento immateriale, ma non per questo meno importante: la mentalità vincente che si abbina alle spiccate doti di leadership. Un team ambizioso non può prescindere da questo prezioso fattore. E per tale ragione si è deciso di puntare anche su Fernando Alonso che doveva sostituire un altro leader carismatico che risponde al nome di Sebastian Vettel.
Alla luce di quanto sottolineato in questo scritto, il 2022 assume un’altra connotazione che si affranca da quella narrazione negativa a cui molti sono ricorsi. Un anno di sofferenza che in realtà è stata una stagione di passaggio, uno step necessario da compiersi per arrivare a ciò che in questo momento è la scuderia. Ossia il competitor più accreditato nel provare a tenere testa alla Red Bull. Mentre Mercedes e Ferrari arrancano nelle rispettive difficoltà, Aston Martin si proietta sempre più verso l’alto.
Alonso è reduce da due podi consecutivi; le prestazioni di Lance Stroll, che è stato limitato dall’assenza durante i test causata del problema ai polsi, stanno migliorando sensibilmente e c’è la sensazione che possa presto raggiungere, o quanto meno avvicinarsi, al livello del più esperto compagno di squadra.
La franchigia di Silverstone, quindi, è riuscita a creare quell’alchimia giusta che può rappresentare quel fertile terreno nel quale piantare i semi delle vittorie future. Questo è l’augurio che si fa il pilota asturiano che ha siglato un biennale proprio per provare a vincere quel terzo titolo che sfugge da troppo tempo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Aston Martin