Il problema della F1: lo strapotere Red Bull. L’espressione massima della competitività sciorinata dai bolidi austriaci sono la punta dell’iceberg di uno show soporifero. La rivoluzione aerodinamica delle monoposto ad effetto suolo, prometteva di fornire uno spettacolo avvincente attraverso la convergenza prestazionale delle vetture. La scorsa stagione, è stata animata dalla ritrovata competitività della Ferrari e dal prodigioso recupero della Mercedes.
Ciononostante è apparso subito chiaro che il nuovo impianto regolamentare, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, difficilmente avrebbe potuto sovvertire le precedenti gerarchie. La direzione tecnica della FIA era fermamente convinta che, nel 2023, grazie alla sostanziale continuità regolamentare, i valori in campo fossero più equilibrati. Tuttavia così non è stato analizzando uno dei più grandi cambiamenti regolamentari degli ultimi quaranta anni.
La deriva prestazionale è ancora più deprimente rispetto a quella del mondiale passato. Le prestazioni espresse in gara dai 10 team sono talmente dissimili al punto che, dopo le schermaglie dei primi giri, il gruppo risulta talmente sgranato che le lotte in pista diventano merce rara. In Arabia Saudita le uniche emozioni sono state fornite dalle rimonte di Verstappen e Leclerc, attardati in qualifica da noie tecniche e penalizzazioni.
Non appena hanno raggiunto posizioni coerenti con le potenzialità del mezzo sono rimasti nella scia dei compagni a debita distanza da chi li inseguiva. La stessa Aston Martin, autentica rivelazione della stagione, ha consentito a Fernando Alonso di correre nella terra di nessuno: inferiore rispetto alla RB19 e altrettanto superiore nei confronti del pacchetto di mischia.
Senza alcuna connotazione strumentale o spirito di partigianeria verso le sorti dei team in difficoltà tecnica, è evidente che lo spettacolo offerto sinora in pista sia controproducente per la F1.
Chi ha operato meglio in sede di design e progettazione ha il diritto di raccogliere i frutti del proprio lavoro. Ciononostante chi ha creato i presupposti affinché la categoria tornasse nell’era della “Formula noia” non resta certamente indifferente in merito ad un prevedibile calo di interesse.
Sembrano trascorse ere geologiche dalla press conference di Austin nell’ottobre del 2019, allorquando venne presentato il nuovo corso delle monoposto ad effetto suolo la cui aerodinamica avrebbe facilitato i duelli in pista. All’alba del secondo anno della nuova F1, i piloti lamentano difficoltà nel rimanere in scia alle vetture che le precedono rispetto ai miglioramenti apprezzati lo scorso anno. La motivazione è abbastanza semplice. La geometria del fondo è stata oggetto di intenso lavoro da parte degli aerodinamici.
L’innalzamento del “floor edge” di 15 mm in prossimità dell’asse posteriore ha obbligato le squadre a cercare soluzioni che mitigassero la perdita del carico aerodinamico generato dal fondo attraverso i canali Venturi. I pavimenti delle monoposto presentano i così detti “Z-shaped cut-outs“, intagli in prossimità del bordo in grado di generare dei vortici che concorrono alla realizzazione di una minigonna pneumatica che isola la zona di bassa pressione sotto al corpo vettura.
Il proliferare di tali soluzioni unitamente alle geometrie del fondo che, nonostante rispettino a livello “legale” i constraint del regolamento tecnico, si discostano sensibilmente dal concept ideato dalla FIA e, di conseguenza, favoriscono l’aumento di turbolenze indesiderate verso le vetture che inseguono.
F1 2023: la FIA pronta a intervenire
L’intervento tempestivo della FIA potrebbe scendere in campo attraverso un drastico giro di vite, mirato alla mitigazione dei flussi di aria nociva generati dalle esasperate geometrie inerenti al fondo. Probabilmente si tratta di un estremo tentativo di migliorare lo spettacolo, dato che non ci si trova di fronte a problematiche di sicurezza come nel caso della tanto discussa direttiva tecnica.
A differenza delle TD039, sulla quale l’organo di governo della F1 ha potuto agire senza il consenso dei team trattandosi di tematiche legate alla sicurezza, un eventuale cambiamento in corsa del regolamento tecnico potrebbe essere particolarmente inviso a chi sta interpretando con successo l’attuale impianto normativo, Red Bull e Aston Martin su tutti.
Tale scenario ipotetico si potrebbe descrivere come chiara occasione per valutare il peso politico relativo al nuovo corso della storica scuderia Ferrari che, da un rimescolamento seppur minimale del corpo normativo, potrebbe trarre un significativo beneficio in merito alle prestazioni della propria vettura.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari – Aston Martin
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Il fondo, per una odierna vettura di F1, non ha granchè di misterioso; la sua forma deve seguire il più possile
la conformazione di una (ipotetica) semi-goccia (mezza-goccia).
Ciò, in quanto, l'aria che vi passa, deve avere una velocità superiore all'aria che passa sopra la monoposto, con lo scopo
di avere (di conseguenza) una minore pressione della stessa e permettere lo "schiacciamento" della vettura...
Osservando una RedBull dall'esterno, sembra che abbiano ottenuto ciò, allungando il più possibile le "bocche" d'ingresso
dei canali venturi (nello specifico la zona "libera" dai convogliatori verso l'esterno, cioè adiacente al cockpit) ed anticipare
"l'inizio" dell'estrattore, verso il posteriore dello stesso fondo (che poi si congiungerà al termine...).
In tal modo, non dovrebbero incontrarsi fenomeni di compressione dell'aria sottostante, perciò sgraditi rimbalzi da 'Bouncing',
ma ancor-più ottenere il tanto agognato 'Effetto Suolo', nei curvoni veloci.
Sempre osservando dall'esterno, pare che però, Ferrari (e Mercedes) in particolare, al contrario di RedBull, abbia d'impedimento
a tale 'forma ideale', quantomeno il posizionamento dei radiatori delle pance laterali...
Naturalmente tutto IMHO