Formula 1

F1: armonizzazione dei testi normativi per ampliare la categoria

In F1 ci sono due elementi che cozzano e che dovrebbero trovare un punto d’incontro per liberare il potenziale economico e spettacolare della categoria. Da un lato abbiamo il Patto della Concordia, il documento legale che delinea gli obblighi commerciali del detentore del pacchetto Formula Uno, Liberty Media, nei riguardi dei team intesi come soggetto collettivo. Si tratta di un atto giuridico che attualmente si rivolge a 10 squadre e che presenta, al suo interno, norme che aprono alla presenza di 12 squadre.

Il nuovo soggetto può accedere alla serie motoristica a mezzo del pagamento di una somma una tantum di 200 milioni dollari. Anche se non è così semplice perché le squadre, con la modifica dello stesso patto, possono rivedere i criteri di ingresso. E questo scenario è quello che si sta perpetuando nell’affaire Andretti. Il gruppo americano sta incontrando molte difficoltà nel suo cammino che lo deve portare alla massima categoria dell’automobilismo sportivo.

Questa la prima istanza che va a cozzare con quanto stabilisce l’ordinamento della Federazione Internazionale dell’Automobile che, fino a prova contraria, è il testo di riferimento della Formula Uno. L’articolo 8.6 del regolamento sportivo è chiaro nella sua semplicità: “Non più di ventisei vetture saranno ammesse al campionato, due iscritte da ciascun concorrente“.

Ecco il punto di conflitto: per Liberty media e i team i soggetti potenzialmente arruolabili sono 12, per la FIA due in più. Una discrasia normativa che potrebbe aprire a diversi scenari e che potrebbe essere motivo di tensioni ulteriori tra i due organi di indirizzo, controllo e governo della F1.

Prove di partenza con Alfa Romeo, Mercedes e Alpine, test Bahrain 2023

E’ chiaro che presto servirà, in un testo o nell’altro, una modifica che vada ad armonizzare i regolamenti per superare un’evidente stortura giuridica che potrebbe aprire ad una guerra tra fonti normative. E visto che il motorsport non dovrebbe essere materia per legali o esperti di diritto, sarebbe auspicabile la correzione immediata. Ammettiamo che questa si verificasse e che le scuderie vincessero le proprie ritrosie su un allargamento così massiccio, quali sono i team che spingono ai cancelli della F1?


F1: quattro candidati per tre posti

Il primo attore è noto ed è spesso stato oggetto dei nostri approfondimenti. Ne abbiamo parlato col diretto interessato in un’intervista esclusiva. Ci riferiamo, ovviamente, al gruppo Andretti che ha già bello e pronto un progetto che prevede un team di F1, uno di F2 e uno di F3. Michael e Mario vogliono fare le cose in grande e per questo hanno strappato l’accordo con General Motors che sosterrà la cordata col marchio Cadillac. E le cosa si stanno muovendo su due binari. Da un lato quello politico con gli Andretti a perorare la propria causa tra i team con l’appoggio pieno e convinto di Mohammed Ben Sulayem, dall’altro quello organizzativo con l’intento di metter su un reparto tecnico necessario per presentarsi al meglio nel 2026.

Figura chiave è l’ex direttore tecnico Renault, Nick Chester, che sta reclutando competenze che stanno confluendo in un reparto tecnico chiamato Top Tier a cui è affidata la creazione di una monoposto per l’anno del decongelamento regolamentare. Non è ancora chiaro se il gruppo opererà appoggiandosi alla sede Alpine di Enstone per scopi di modellazione, ma di certo è imminente l’inizio del lavoro progettuale. Ad oggi, quindi, Andretti è il soggetto più vicino alla discesa in campo. Ed è in buona compagnia, anche se “più da lontano”.

Michael Andretti, n°1 di Andretti Autosport, il gruppo che, insieme a Cadillac, sta provando disperatamente ad entrare in F1

Gli altri tre progetti sono meno imminenti ma questo non vuol dire che siano meno credibili o abbiano un potenziale inferiore. Il primo è Panthera Team Asia guidato da Benjamin Durand che può contare su fondi arabi. Un programma che ha conosciuto diversi stop e successive rimodulazioni.

A causa del COVID le cose si sono fermate per noi. Abbiamo iniziato a sviluppare l’auto dal punto di vista aerodinamico, abbiamo lavorato sul nuovo regolamento dell’epoca, abbiamo fatto alcuni sviluppi CFD“, aveva riferito Durand qualche tempo fa. Un’equipe era già all’opera sulla vettura e intende ora riprendere il discorso laddove era stato lasciato durante la pandemia. Vedremo.

Gli ultimi due gruppi sono HiTech, guidata da Oliver Oakes, e quello capitanato da una vecchia conoscenza del motorsport a ruote scoperte: Craig Pollock. L’avventura dell’ex kartista sembra in salita poiché sono noti i legami con i Mazepin che, a causa della crisi russo-ucraina, sono banditi dalla F1.

Sebbene Oakes abbia negato i “lacci” stringono HiTech e l’azienda russa sanzionata (Uralkali) restano dei dubbi in merito che la Federazione e Liberty Media potrebbero tenere in considerazione nell’eventuale domanda di ammissione regolamentata recentemente da una specifica procedurale pubblicata da Place de la Concorde.

E veniamo così all’ultimo gruppo di pressione. Craig Pollock fu il fondatore British American Racing acquisendo Tyrrell col contributo della BAT, munifica multinazionale del tabacco. Un uomo legato a Jacques Villeneuve visto che ne fu manager in CART e contribuì al suo approdo in Williams con la quale, nel 1997, si laureò campione del mondo di F1. Dietro il vulcanico manager inglese, che pare fare molto sul serio, ci sono capitali sauditi riconducibili al principe Khalid che ha confermato l’avvio degli i studi di fattibilità ammettendo che oggi entrare in F1 è più semplice.

Craig Pollock e Jacques Villeneuve

I capitali sauditi stanno diventando una parte molto importante dell’attività della classe regina del motorsport, vedi Saudi Aramco che è in Aston Martin e che finanzia l’attività della F1 come sponsor strategico. L’asse del Circus, lo abbiamo raccontato più di una volta, si sta spostando in quelle zone. E il fatto che Pollock abbia i Sauditi alle spalle non può che essere un punto a suo favore. Ma questo lo capiremo nei prossimi mesi.


F1. Il Patto della Concordia verso la modifica?

Al di là delle volontà degli investitori e di quella situazione giuridica da sanare tra norme del Patto della Concordia e regole della FIA, è chiaro che siano i team ad avere una grande importanza nell’aprirsi alla presenza di nuovi soggetti. Ad oggi ci sembra inverosimile che da 20 macchine in griglia si possa improvvisamente passare a 26. Probabilmente il processo sarà graduale e partirà con l’accettazione dell’istanza degli Andretti su cui, ormai, insistono ben pochi dubbi sulla buona riuscita.

Le squadre vogliono preservare il modello di business che si è venuto a creare e che li premia con dividendi molto succulenti. I nuovi soggetti, in soldoni, devono avere la capacità di produrre profitto. Ed ecco perché la Formula Uno, adesso, è più morbida nei riguardi di Andretti. Si è compreso, in termini semplici, che alle sue spalle c’è un colosso come Cadillac che afferisce a General Motors la cui presenza può aumentare il valore del brand, la successiva vendibilità e quindi condurre ad un auspicato aumento dei ricavi.

I team avevano pensato anche di proteggere se stessi aumentando la tassa di ingresso da 200 milioni di dollari a ben 600. Ma si tratterebbe comunque di una elargizione una tantum che non crea benefici strutturali. La strada che i team principal vogliono perseguire è quella che porta all’individuazione di gruppi che abbiano un forte appeal sugli appassionati e che abbiano concreta capacità tecnica di competere ad alto livello. Perché solo questo aumenta il volume del business. 

Toto Wolff (Mercedes AMG) e Chris Horner (Oracle Red Bull Racing) si scambiano complimenti dinanzi alla coppa che va al Campione del Mondo Costruttori

Insomma, al di là di tutti i discorsi e dei ragionamenti che possiamo fare, il pallino del gioco sembra essere ancora nelle salde mani delle scuderie che hanno l’appoggio di Liberty Media Corporate. La FIA, ossia l’ente più propenso all’allargamento, pur avendo la forza regolamentare dalla sua parte, non può non tenere conto delle volontà di chi muove il giocattolo con le macchine, quindi le squadre, e con i soldi, dunque il gruppo di John C. Malone.

La partita si deve giocare a questo livello, quindi. Il poker di soggetti che abbiamo presentato è in attesa che questa sorta di guerra politico-commerciale si concluda con il classico trattato di pace dal quale si capiranno quali sono le vere caratteristiche che una squadra deve soddisfare per vedersi spalancarti i cancelli della gloria.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Andretti Global

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Diego Catalano