Formula 1

Il paradosso della F1: le regole che incatenano Ferrari e Mercedes

Negli ultimi tempi la F1 è radicalmente cambiata. Da quando Liberty Media Corporate ha acquisito il pacchetto di maggioranza della categoria ha introdotto una serie di novità che avevano lo scopo di rendere i valori più compatti. L’obiettivo del legislatore era evitare lunghi anni di assolo come quello che si è palesato all’avvio dell’era turbo-ibrida con  Mercedes e che ora pare si stia ripresentando a causa di una Red Bull evidentemente più abile a cavalcare l’onda del cambiamento tecnico.

Se nel 2014 il team di Brackley potette contare su un quadro normativo che sostanzialmente non andava ad incidere su quelle che erano le possibilità di spesa, oggi il contesto è stato radicalmente sovvertito. Quindi ciò che sta facendo Milton Keynes assume un valore ancora più grande poiché la sua opera si svolge con la presenza di tre vincoli molto chiari che sono praticamente i pilastri che la proprietà ha eretto per creare una categoria più inclusiva e competitiva.

Ovviamente ci riferiamo alla rivoluzione tecnica da cui sono nate le wing car, al sistema del budget cap e al cosiddetto “balance of performance tecnico” che serve a distribuire le ore di sviluppo di una monoposto in base all’arrivo in classifica costruttori. Volessimo fare un check della situazione dopo alcuni anni di applicazione di queste colonne il bilancio non sarebbe affatto positivo. Nel 2022 è emerso prorompente il gruppo austriaco. Nel 2023, anche se una rondine non fa primavera, sembra che i campioni del mondo in carica possano imporsi nuovamente con sfacciata superiorità.

Dov’è finita la tanto sbandierata uniformità valoriale? Dov’è lo spettacolo che ne dovrebbe conseguire? Dove risiede, ancora, la possibilità dei team che sono nelle retrovie di salire i pioli di quella scala che conduce diritti alla gloria sportiva? Quesiti inevasi e che tali rimarranno perché quando qualcuno pone queste domande a Stefano Domenicali le risposte sono sempre fuorvianti e abbastanza fumose.

Max Verstappen (Oracle Red Bull Racing) taglia per primo il traguardo del Gran Premio del Bahrain 2023

F1: il paradosso del budget cap

La situazione che si è venuta a creare è paradossale e lo spieghiamo immediatamente. Se un tempo chi arrancava nel midfield o nelle retrovie, ma anche chi era in cima e aveva bisogno di dare una sterzata ad una stagione sotto le attese, poteva ricorrere all’uso di risorse finanziarie senza dover tener conto dei picchetti piantati dal regolamento, ora tutto ciò non è più possibile. E sta in questi lacci l’assurdo.

Quelle stesse regole che servivano a tenere sotto controllo la F1, evitando che un solo gruppo potesse emergere e dettare legge per troppo tempo, sembra che stiano incatenando le velleità di quelle squadre che in questo momento si trovano in difficoltà e che avrebbero bisogno di risorse tecniche e finanziarie per poter compiere quei passi necessari per colmare la distanza dai fuggitivi.

Facciamo un flashback al 2018. Ricorderete sicuramente le difficoltà in cui stava incorrendo la Mercedes nella gestione termica delle gomme dell’asse posteriore. Ebbene, il team, nella lotta serrata che si era creata con la Ferrari potette, già prima della pausa estiva, approntare un programma di sviluppo che investì tutta la zona del retrotreno della W09. Gli effetti si videro in maniera sensibile alla ripresa post agostana.

Gli ingegneri agirono soprattutto sulle sospensioni posteriori e sui famigerati mozzi forati che tante polemiche crearono e che furono poi puntualmente spente dalla Federazione Internazionale che aveva approvato il progetto dimostrando che non desse vantaggi aerodinamici.

Dettaglio dei famosi mozzi forati Mercedes

Fatto sta che la monoposto di Hamilton e Bottas rinacque e cominciò a gestire al meglio gli pneumatici, consentendo soprattutto all’inglese di salire in cattedra e di prodursi in una seconda parte di stagione davvero maiuscola. la Ferrari rimase spiazzata e si perse tra sviluppi mancati, problemi tecnici ed errori dei piloti (certe abitudini vengono da lontano). In questo scenario Lewis potette vincere il suo quarto titolo iridato sotto le insegne della Stella a Tre Punte (il quinto in totale) e la Mercedes arrivare alla quinta coppa costruttori consecutiva.

Proiettando quel panorama alla realtà attuale, tutto ciò sarebbe d’impossibile replica. I vincoli asfissianti del budget cap non permettono di introdurre danaro extra. Le cifre spese non furono mai confermate, ma pare che Mercedes iniettò nel circolo tecnico la bellezza di 30 milioni di dollari. Un extra boost al quale fu abbinata la possibilità di lavorare liberamente al progetto senza alcun gravame temporale.


F1. Ferrari e Mercedes: il livellamento che “dislivella”

La scuderia anglotedesca, in questo momento, ha gli arti letteralmente ammanettati considerando che non ha margini operativi se non quelli concessi dalla quota già messa in conto da utilizzare per gli sviluppi. Si dice che la W14 sia in procinto di cambiare radicalmente. E si ritiene anche che tale cambio sia stato calendarizzato nei mesi precedenti.

Quella che abbiamo visto in Bahrain e che osserveremo nelle prossime gare dovrebbe essere una versione di passaggio tra la W13 che si è mal comportata nel 2022 e il modello definitivo che dovrebbe presumibilmente farsi vedere a Imola e che potrebbe somigliare, nelle forme, alle vetture che meglio si stanno comportando, ossia Red Bull RB19 e Aston Martin AMR23.

Se questa voce che circola non è confermata e quindi Mercedes dovesse approntare un vero e proprio piano di rivoluzione della sua monoposto, allora la situazione sarebbe ancor più grave. Perché, come detto, i margini operativi sono molto più ristretti a causa del contingentamento e del budget cap.

Due di quei tre paletti che il legislatore ha fissato per rendere la Formula Uno più uniformata, quelle disposizioni che andavano incontro ad un livellamento valoriale, diventano esse stesse gli strumenti che tengono la forbice allargata. Siamo veramente al paradosso.

Fernando Alonso (Aston Martin). Lewis Hamilton (Mercedes AMG F1 team)

E’ chiaro che determinate regole andrebbero calibrate via via che gli effetti si producono. Perché tenerle così incatenate rappresenta soltanto un vantaggio per chi è in fuga e quindi non può essere raggiunto in alcun modo. Helmut Marko, nelle scorse ore, si è proprio espresso sulla difficoltà che Mercedes sta incontrando, sottolineando quanto sarà ancora più difficile per loro recuperare in regime di cost cap.

“Sono curioso di vedere cosa faranno, perché in regime di tetto di spesa non è facile costruire una macchina praticamente nuova”, ha osservato l’ex pilota di Graz.

Quindi, in conclusione, per chi scrive il quadro regolamentare sarebbe molto più consono valutare i reali effetti del contesto generale impostato anni fa piuttosto che cambiare in corso d’opera le regole tecniche, come avvenuto parzialmente con la direttiva 039 e con le modifiche che sono entrate in vigore quest’anno e che hanno investito l’area del fondo vettura. Un sistema funzionante in maniera puntuale è quello nel quale esistono dei pesi e dei contrappesi che riescano a bilanciare situazioni in evidente squilibrio.

Ovviamente ciò che è emerso dal Gran Premio del Bahrain non può fare norma generale, ma la sensazione e l’idea che aleggiano nel paddock è che la Red Bull possa imporre un altro anno di imperio, a tutto svantaggio di quell’equilibrio che Liberty Media e la FIA anelano con forza. 


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Oracle Red Bull Racing, Mercedes, Scuderia Ferrari

Condividi
Pubblicato da
Diego Catalano