Stupisce lo stupore. Ogni volta sorprende la reazione che i tifosi e gli osservatori hanno quando un plenipotenziario della F1 esprime dei concetti che ormai dovrebbero essere noti considerando quale sia la parabola che la massima serie dell’automobilismo ha disegnato e sulla quale si è convintamente incamminata.
Contestualizziamo. Teatro: il Portogallo. Palcoscenico: il circuito di Portimao. Attore protagonista: Stefano Domenicali. Nella gara inaugurale del campionato di MotoGP vinta da Pecco Bagnaia il manager imolese ha sventolato la bandiera a scacchi per decretare la fine delle operazioni. Prima che il serpentone delle motociclette si dipanasse, il CEO della Formula Uno ha reso delle brevi dichiarazioni sul mondo delle due ruote. Ma ha fatto anche una piccola chiosa divagatoria sull’area operativa cui appartiene.
“Io sono per ridurre al minimo le prove libere. Interessano solo agli ingegneri”. Parole che sono state riferite non a caso. La MotoGP, superando in velocità la Formula Uno che le aveva introdotte ormai tre stagioni fa, ha istituzionalizzato la Sprint Race, eliminando il classico warm-up della domenica mattina. Il principio è chiaro: si limitano al massimo le sessioni inutili ai fini della classifica o che non determinano la griglia di partenza per avere dei turni interamente votati ai fatti che contano.
Nella massima categoria dell’automobilismo sportivo si è avviato un processo che porterà, nel tempo, in maniera sicuramente più graduale, ad istituzionalizzare il format della gara veloce assumendolo come lo standard dei weekend. Nel 2023 sei saranno gli appuntamenti caratterizzati da questo formato speciale. E alla cosa ci si è arrivati dopo una lunga interlocuzione che ha presentato diversi momenti di tensione tra Federazione Internazionale, Liberty Media e i team.
Le divergenze sono state superate grazie alla proprietà americana che alla fine ha deciso di cedere alle richieste della FIA e delle squadre sull’aprire i cordoni della borsa e offrire più soldi per le aumentate spese che derivano dall’incremento di sessioni potenzialmente più dispendiose data la natura competitiva delle stesse.
La prima gara veloce di quasto mondiale si terrà in Azerbaijan, sul tracciato cittadino di Baku, nella giornata del 30 aprile. La seconda andrà in scena al Red Bull Ring, il 2 luglio. Spa Francorchamps il terzo appuntamento, il 30 luglio. Si prosegue col Qatar, a Losail, l’8 ottobre. Poi Austin, nello stesso mese, per chiudere con Interlagos, il 5 novembre, che ormai è un classico delle sprint race con gare mozzafiato e ricche di adrenalina.
Il vero problema della sprint race è che si tratta di una gara nella quale non è prevista la possibilità di cambiare gli pneumatici. Perché questa evidenza rappresenta una difficoltà? Semplice, poiché, spesso e volentieri, sono proprio i balletti del pit stop a sparigliare un mazzo di carte che sembra fin troppo ordinato.
Togliendo il momento chiave della sosta ai box si elimina la quota strategica relativa al possibile undercut o all’overcut e tutta quella serie di stratagemmi che i team mettono in essere per cercare di avere la meglio dei rivali. Viene da sé che questo tipo di competizione risulti vincente, in termini di azione prodotta, solo su quei circuiti che riescono a favorire le manovre di sorpasso.
Per tale ragione tracciati come Imola sono stati estromessi da questo meccanismo. Il GP dell’Emilia Romagna 2022 è stata una lunga e noiosa teoria di vetture che si seguivano senza che nessuna riuscisse a superare l’altra. Le sei piste scelte per il calendario 2023 hanno la capacità intrinseca di favorire le manovre di sopravanzamento. Ma, chiaramente, se il format dovesse diventare quello basilare, si potrebbe facilmente incorrere nuovamente in problematiche come quelle emerse sul nastro d’asfalto che sorge nelle adiacenze del Santerno.
Da qua la possibilità che la Formula Uno possa, in un futuro non troppo lontano, puntare su teatri più idonei per la sua stessa esistenza, con alcuni circuiti refrattari ai sorpassi che andrebbero a rischiare di essere estromessi dal calendario. Ormai è chiaro che Liberty Media Corporate metta in cima alla lista delle proprie priorità lo spettacolo. Tutto deve essere fatto per ottemperare a questa dinamica perché il prodotto si deve vendere. Altrimenti il tendone del circo implode.
In questo ambito vanno contestualizzate le parole di Stefano Domenicali. Il processo che sta togliendo lo sviluppo delle vetture dalla pista per portarlo in aree simulative è iniziato molto tempo fa e sembra inarrestabile. I team hanno accettato questa situazione quando hanno rinunciato alle prove private e anche alle lunghe sessioni di test invernali. A monte di questo campionato 2023 ricordiamo che sono state solo tre le giornate di test.
Quindi chi sbaglia in sede progettuale viene punito in maniera durissima dalla pista, perché recuperare è difficile, anche a causa e per colpa del budget cap e del balance of performance tecnico. Il processo di virtualizzazione è così spinto che dal 2030 si pensa addirittura di abolire le gallerie del vento per spostare il concepimento e lo sviluppo delle monoposto alle sole analisi computazionali. Questo processo è ancora in una fase di vaglio, ma il rischio è concreto. Nonostante molti team, tra cui Aston Martin, Red Bull e McLaren, stiano investendo soldi pesanti nella costruzione di nuovi impianti.
L’obiettivo della proprietà della Formula Uno, quindi, è quello di portare macchine belle e pronte in pista, con ogni sessione che deve generare qualcosa: una griglia di partenza, dei punti e così via. Questa visione non può essere criticata a priori, gli interessi di Liberty Media sono ormai chiari.
Ciò che vorremmo, invece, è che sia la Federazione Internazionale dell’Automobile che le scuderie esigano almeno più sessioni di test privati se proprio i weekend di gara devono essere caratterizzati da azione e ancora azione.
Anche perché testare poco le monoposto che, restano comunque dei prototipi, può generare anche situazioni pericolose inerenti la sfera della sicurezza. E sappiamo quanto la F1, negli ultimi anni, abbia lavorato su questo fronte, sia in maniera attiva che passiva. Quindi non è pensabile che il nome dello show business si possa mettere in secondo piano un aspetto primario che ha contribuito a salvare vite umane.
Ecco perché, ad oggi, quella operata da Liberty Media sembra una rivoluzione monca, incompleta, che abbisogna di ulteriori passaggi per diventare veramente efficace. Chi ha il pallino del gioco in mano riuscirà a capirlo? E questo è il quesito inevaso che agita i tifosi.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Liberty Media