Ferrari esce con le ossa rotte dalla trasferta nel Medio Oriente, all’indomani della tempesta perfetta Red Bull nel deserto del Bahrain. Il mondo della Formula 1 appare tramortito dalla superiorità esibita dalla RB19. Le tre giorni di test sul circuito di Sakhir aveva evidenziato la superiorità della monoposto austriaca. Restava da capire quale fosse l’entità cronometrica di tale preminenza.
Quanto apprezzato domenica è stato un duro colpo per gli uomini di Maranello. In tempi non sospetti, l’amministratore delegato Benedetto Vigna aveva definito la SF-23 come una “monoposto senza precedenti in termini di velocità.” A onor del vero la rossa è certamente la vettura più rapida nelle speed trap, peccato però che i circuiti abbiano anche le curve. Un proclamo alquanto azzardato e purtroppo smentito nei fatti dai verdetti del primo round stagionale.
Lo scrivente non è un appassionato della cabala, unico appiglio di speranza a cui in molti hanno fatto ricorso ricordando la doppietta Ferrari e il contestuale ritiro di Max Verstappen avvenuto 12 mesi orsono. Tuttavia la F1 è ricca di corsi e ricorsi storici che legano le dinamiche attuali a quelle del passato.
La F1-75, specie nella prima parte della scorsa stagione, è stata frequentemente paragonata alla SF-70H in termini di elevato carico, ottimo “tyre management” e carente efficienza aerodinamica. Le caratteristiche della SF-23 sono invece più simile alla SF-90, monoposto dotata di un’ottima efficienza aerodinamica ma poco gentile con le gomme.
Al debutto in Australia nel 2019 il Cavallino Rampante venne sonoramente bastonato dalle frecce d’argento, vetture all’apice del dominio tecnico. Come spesso accade nella cattiva sorte, iniziarono processi mediatici sulla competitività della SF-90 al pari di quanto sta accadendo in queste ore con la SF-23, sebbene nella tappa successiva in Bahrain le rosse monopolizzarono la prima fila in qualifica e Leclerc stava vincendo sino all’immancabile problema di affidabilità che lo relegò al terzo posto.
Sempre nel 2019, a valle del deludente weekend al Paul Ricard, l’allora team principal della rossa, Mattia Binotto, analizzò la prestazione attraverso una disamina di stupefacente attualità: “Stiamo cercando più carico aerodinamico a discapito della velocità. Anche se la monoposto non sarà molto efficiente, dovrebbe garantire un carico maggiore che risulterà cruciale per far funzionare le gomme. Questa sarà la direzione da seguire.”
Eppure la SF-90, oltre alla tripletta Belgio-Italia-Singapore, avrebbe potuto vincere a mani basse anche in Canada e proprio in Bahrain. La premessa storica, al netto del contesto tecnologico completamente differente, è un monito per chi sta ipotizzando/profetizzando il de profundis del team di Maranello.
Anche la Mercedes W06, una delle vetture più vincenti della storia, rimediò una figura barbina nel Gran Premio di Singapore 2015 mentre Vettel dominò la gara con la meno competitiva SF15-T. Questo per comprendere come il tasso tecnico di una F1 non può essere giudicato da un solo evento. La sensazione è che la gara delle rosse sia stata insufficiente aldilà del reale potenziale della monoposto.
Sin dal primo giorno di test, gli ingegneri italiani hanno compreso che il tallone d’Achille della SF-23 era la gestione degrado delle gomme, figlio di una carenza endemica di carico aerodinamico al posteriore. Un problema non risolvibile in tre giorni di prove in pista. Il passo gara di Leclerc nel primo stint è rivelatore in tal senso. Nonostante un set intonso di pneumatici Soft, infatti, i tempi del monegasco risultano in diverse circostanze superiori a quelli marcati 12 mesi fa.
La SF-23 non è una monoposto sbagliata ma comunque ancora troppo acerba perché, a differenza dell’affinità complessiva, resta pur sempre un’evoluzione invasiva della F1-75. Questo non assolve il team dalle responsabilità di un risultato insoddisfacente, sia chiaro.
Tuttavia, l’impreparazione comprensiva dell’auto modenese non implica che la Ferrari non possegga molto potenziale che i tecnici non sono riusciti ad estrarre. Una monoposto nata male mostra le sue carenze in qualsiasi condizione, mentre la SF-23, in qualifica, malgrado i diversi problemi e il mancato ultimo tentativo di Leclerc in Q3, ha dimostrato di poter sfidare Red Bull sul giro secco.
Mettendo da parte il pessimismo cosmico di Leopardiana memoria e analizzando a mente fredda le prospettive stagionali, sussistono oggettive ragioni per credere nel recupero prestazionale della SF-23. In primo luogo ci saranno circuiti più affini alle caratteristiche. Il prossimo round a Jeddah, per esempio, dovrebbe esaltare le doti velocistiche della rossa al pari di quanto seppe fare la “zoppicante” Red Bull di inizio 2022.
Rispetto al team campione del mondo in carica, Ferrari potrà disporre di un maggior numero di ore in galleria del vento sommato a un utilizzo del CFD più intenso rispetto ai colleghi di Milton Keynes.
In funzione della penalità ricevuta a valle del patteggiamento con la FIA è verosimile che Red Bull abbia investito una parte sostanziosa del proprio budget nella specifica di base della RB19, cosciente di avere minori risorse per sviluppare la monoposto nel corso dell’anno, fattore che potrebbe incidere positivamente a favore della Ferrari.
Autore: Andrea Bovone
Immagini: Scuderia Ferrari
Vedi commenti
Davvero pensate che la Ferrari possa recuperare performance sulla RB19?
Spero con tutto il cuore di sbagliarmi, ma penso che il concept della vettura sia errato.
Ad ogni modo per me la performance in gara RB è difficilmente spiegabile.