Formula 1

Analisi Ferrari SF-23: cause ed effetti dei 5 millimetri che fanno la differenza

La Ferrari SF-23 ha dei problemi. Dato di fatto. La campagna 2023 ha preso il via con il Cavallino Rampante in fila tra i disillusi. Al suo fianco Mercedes. Due scuderie superate a livello prestazionale dalla sorprendente Aston Martin. Per ambe due i team in difficoltà la necessità di risalire la china impera. Brackley è pronta a sfornare la versione “B” della W14 mentre a Maranello, in questo momento, vige ancora la fase di studio per poter intraprendere la strada corretta in merito agli update.

Nelle scorse settimane abbiamo spiegato i problemi della rossa post Bahrain, dove a mancare è stato principalmente il bilanciamento. Tale scenario era creato ad una chiara mancanza di carico posteriore della Ferrari SF-23. La nuova ala posteriore monopilone presentata a a Jeddah ha in parte risolto questo grattacapo. Ferrari è stata costretta ad adottare un atteggiamento più carico rispetto a Red Bull.

Il motivo? Recuperare il gap prestazionale in gara. A Sakhir le gomme andavano in overheating. A Jeddah, addirittura, oltre al surriscaldamento si è notata un difficoltà nell’attivare le mescole sommata all’impossibilità di gestire al meglio la finestra di funzionamento dei compound.

Dall’analisi on board, attraverso la dashboard del volante Ferrari, abbiamo più volte osservato come le gomme non raggiungessero la temperatura ideale con una netta asincronia tra gli assali. Fattore che ci porta dritto a una chiara conclusione: in linea generale, come detto, emerge la grande fatica che l’auto modenese compie per utilizzare la corretta working range Pirelli. Scenario che, oltre a limitare le prestazioni, produce un consumo anomalo delle coperture.


Ferrari: perché la SF-23 non sa gestire le gomme?

Rispondere al quesito non è affatto facile in quanto le cause sembrano essere molteplici. Resta da capire se Ferrari abbia un’idea chiara dell’intera situazione. Una delle ragioni consiste nell’incapacità di sfruttare contemporaneamente le 4 mescole al meglio. Sappiamo che spesso l’auto modenese non è stata in grado di adottare le altezze da terra prestabilite dal progetto. Parliamo di una variazione minima, millimetri per intenderci, che su queste vetture porta ad una differenza sensibile.

C’è da chiedersi perché le due Ferrari SF-23 non riescano a girare con le altezze da terra volute. Pare infatti che il porpoising arrivi prima del previsto con l’alzarsi delle velocità, fattore che impedisce la corretta distanza della monoposto rispetto al piano di riferimento (asfalto). Alzando la vettura, ovviamente, si compromette parte del l’aerodinamica in quanto si consente a una porzione maggiore del flusso di infilarsi lateralmente. Questo spiega l’introduzione del nuovo fondo in Arabia nel tentativo di corregge la situazione, specifica poi scartata in quanto non ritenuta utile alla causa.

nuova versione del fondo sulla Ferrari SF-23 scartata a Jeddah

Il nuovo fondo prevedeva proprio un rigonfiamento nella zona ubicata davanti alle ruote posteriori della vettura. L’obiettivo era quello di creare una zona di maggior pressione locale nel tentativo di allontanare le turbolenze nocive generate. Nel complesso questo grattacapo relativo alle altezze sembra essere stato più presente in Arabia Saudita piuttosto che in Bahrain, dove le rosse hanno utilizzato un assetto più vicino a quello voluto.

Il gruppo diffusore-beam wing-ala posteriore, in effetto suolo, crea il massimo carico in una configurazione specifica, che può subire solo minime variazioni. Siccome i problemi riscontrati riguardano soprattutto la gara, il punto focale della vicenda potrebbe essere un altro. Ovvero che la radice del problema durante la corsa sia generato dalle gomme che di conseguenza avvelena l’aerodinamica. Per spiegarsi meglio, se la domenica le mescole sono più fredde la loro struttura risulterà più rigida in quanto la deformazione termica è minore.

Questa differenza di rigidità porta in automatico a una discrepanza relativa alle altezze da terra. Gap che potrebbe anche aggirarsi attorno a 3/5mm. Tale scenario spiegherebbe la pessima prestazione sciorinata con le Pirelli a banda bianca, compound che la rossa non riusciva a portare in temperatura in terra araba. Inoltre, una temperatura più bassa, significa anche maggior pressione e, conseguentemente, un’impronta a terra non ottimale. Problema “reale” già sofferto dalla Ferrari in altre stagioni.


Ferrari SF-23: la sospensione posteriore della rossa

Per di più, ultimamente, girano voci di corridoio secondo le quali dovrebbe arrivare una nuova sospensione posteriore che, i tecnici di Maranello, starebbero ottimizzando per avere un maggior recupero di camber e trattare meglio la gomme. Su questo fatto non possiamo avere certezze assolute. Tuttavia, secondo le info raccolte della nostra redazione, pare che lo schema sospensivo al retrotreno non subirà modifiche a breve termine.

Si parla molto di anti-squat, ma spesso le cose non tornano. Seppur sia vero che i triangoli superiori (anteriore e posteriore) sono molto inclinati, quello che davvero conta è distanza in altezza tra il centro di beccheggio e quello di massa. Da questo contesto deriva il maggior “spacing” tra questi due punti visto sulla Red Bull che produce un “anti dive” minore.

schema sospensivo posteriore Red Bull RB19

Senza alcun dubbio una migliore stabilità del carico a diverse altezze è una delle forze della vettura austriaca che però non dipende dallo schema sospensivo “anti-dive” e “anti-squat”. Il bolide blue racing è meno sensibile agli avvallamenti riuscendo a ridurre il “plank-wear“, ossia il degrado della piattaforma in legno sotto la vettura. Fattore che consente un abbassamento ulteriormente della vettura.

Nel complesso, tornando alla Ferrari SF-23, possiamo dire che da ogni direzione si osservi il problema, il motivo che emerge è comunque sempre legato al setup della monoposto non ancora ottimizzato. Quando la vettura emiliana sarà in grado di centrare e mantenere la finestra operativa corretta delle gomme, il carico aerodinamico presente sarà sfruttato appieno e, contestualmente, l’amministrazione delle mescole migliorerà.

Questo, però, non significa che la massimizzazione della messa a punto garantirà il recupero prestazionale sulla Red Bull. Per raggiungere la RB19, infatti, servono importanti up date in grado di correggere l’incidenza dei flussi sulla monoposto unitamente a un’affabilità meccanica perfetta.


Autori: Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich  – Alessandro Arcari – @berrageiz

Immagini: Scuderia Ferrari Albert Fabrega – @AlbertFabrega


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Pubblicato da
Niccolò Arnerich