Devo ammettere che trovo sottilmente perfida la sfilza di dichiarazioni, una più roboante dell’altra, e per me tanto terribili quanto inquietanti che l’attuale CEO della F1 sta dispensando a piene mani. Se lo può permettere anche perché, almeno in Italia, trova sovente media compiacenti che sembrano attendere trepidanti da Stefano, quasi fosse un novello messia, il verbo.
E può dire quello che vuole perché troverà una gran cassa di risonanza e ben poche, isolate e lontane critiche. Che ci volete fare, d’altronde dalle nostre parti quasi mai ha attecchito (fatte salve lodevoli eccezioni) il giornalismo d’inchiesta. Il tricolore è, assai più spesso, patria del giornalismo da “riporto”.
E dire che ci sarebbero tante cose da chiedergli, anziché genuflettersi davanti al nuovo potente. Ad esempio: “Caro Stefano, visto che vuoi ridurre al minimo le prove libere, quelle cose inutili che servono solo agli ingegneri, tu che sei stato al timone della più grande scuderia del motorsport, non hai alcun dubbio che provare di meno non sia potenzialmente un problema di sicurezza per i piloti?”
Ma vabbè, sarò io l’invasato e il “tradizionalista” come qualcuno mi ha etichettato (non considerando che per me tale epiteto è una medaglia, non un demerito). Scusate l’inciso… diceva della sottile perfidia di Domenicali. Che probabilmente deve aver letto “Della Guerra” di Von Clausewitz, o “L’arte della guerra” di Sun Tzu o il nostro Macchiavelli.
Quando il tuo nemico è a terra, puoi avere due scelte: un compromesso onorevole che renda sicura la tua posizione e non umili troppo l’avversario (storicamente ad esempio quanto accaduto al Congresso di Vienna, dopo l’epopea napoleonica), oppure l’annientamento totale. Il primo caso è utile perché se non lo umili troppo non te lo ritroverai nemico successivamente. Il secondo è utile quando del tuo nemico non deve esistere più nulla.
I Romani dell’età Repubblicana e di quella Imperiale usavano l’annientamento totale come ultima ratio, quando pensavano che non ci fosse possibilità di accordo e che prima o poi quell’avversario si sarebbe ripresentato agguerrito. La tradizione storica tramanda che su Cartagine, nello scontro finale seguito all’assedio, una volta rasa al suolo, sul terreno fu sparso sale. Affinché nulla vi crescesse più. I cittadini prigionieri furono deportati in massa a Roma. E fine dei giochi.
Ora, Domenicali sta lentamente e continuamente infilando metaforici pugnali nel corpo malandato e ormai esangue di una FIA che è ormai l’ombra di se stessa. Non che la Federazione Internazionale dell’automobilismo, con la sua storia di oltre un secolo, sia un ente con compiti chiari, definiti, tale da mostrarsi sempre autorevole. Molte ambiguità non sono mai state risolte lasciandola come un ibrido chimerico.
Ma il problema è che adesso lo scontro cominciato alla fine degli anni settanta del secolo scorso contro i detentori dei diritti televisivi sta segnando un nuovo e inedito capitolo. E la FIA, semplicemente, sembra un Re travicello che attende il colpo del “KO” per finire di prendere pugni dal pugile avversario.
Lo scontro esiste ancora e ogni tanto in Federazione battono qualche colpo, quasi a fare lo sgambetto al grande manovratore. Ad esempio la norma resa più stringente con la quale si impedisce che i membri dei team possano sporgersi dalle recinzioni, come normalmente accade, momento particolarmente iconico, quando si arriva all’ultimo giro e si vanno a festeggiare i propri piloti.
Magari mi sbaglio, ma seppur dettata da nobili intenzioni, ci mancherebbe, vale a dire l’incolumità delle persone che si affacciano dalle reti dei muretti presso i box, in realtà questa norma a me sembra uno sgarbo e neanche troppo velato. “Caro Stefano, ogni due per tre parli di spettacolo e noi ti sterilizziamo uno dei momenti più fotografati e celebrati del fine settimana di corsa, tiè”.
Forse questa è una mia suggestione, lo ammetto. Ma resta un dato di fatto: quando due poteri si confrontano, all’arretrare di uno corrisponde l’avanzare dell’altro. E si torna al problema principale. Stravincere o cercare una pace onorevole?
Credo che Domenicali o il suo “dante causa” (l’attuale Ceo F1 ha una dote, sia un esecutore di ordini che Terminator al confronto è un novellino) vogliano stravincere, magari valutando appunto che possono papparsi tutto il giocattolo. Il problema è che c’è bisogno di un ente terzo. Un regolatore, un arbitro che ponga un limite dal trasformare uno sport in uno spettacolo.
La FIA serve per dire che oltre quel limite non si può andare. Ogni realtà sportiva ha un ente regolatore e sanzionatore che deve tenere la barra dritta. Il rischio è che la deriva “domenicaliana” (o di LM) non solo cambi questo sport in modo copernicano (e in parte lo ha già fatto) ma lo trasformi irrimediabilmente in un “non sport”, in una specie di circo truccato, dove conta solo lo spettacolo con il compiacente assenso dei piloti più giovani, magari ammaliati dall’idea che lo spettacolo sia più importante delle loro qualità e dei loro talenti al volante (vedi Russell di recente).
Il problema è che quello che le dichiarazioni a mitraglia di Domenicali ci fanno immaginare è il Wrestling. E forse proprio questo voler stravincere potrebbe essere la scossa che potrebbe risvegliare quel corpaccione che ora sembra pavido e addormentato. Credo che in FIA un presidente ridimensionato e dimezzato non serva a nessuno.
Ho la certezza che uno come Todt non avrebbe permesso tale logorrea e tale “espansione” da parte del Ceo della F1. E ho la speranza che, alla fine, almeno un minimo di resipiscenza alberghi a Place de la Concorde…proprio a causa dell’iper attivismo di Domenicali. Occhio a voler stravincere…
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Formula Uno