Tra cinque giorni i motori delle vetture di Formula Uno torneranno a ruggire. Jeddah sarà il secondo appuntamento del Campionato del Mondo 2023 e soprattutto sarà un banco di prova per confermare, o eventualmente ribaltare, i valori emersi dal Gran Premio del Bahrain. Gli occhi saranno quindi puntati sulla Red Bull che vuole dare seguito a quanto mostrato a Sakhir la settimana scorsa.
Ma forse sarebbe più corretto orientare lo sguardo su tre realtà, anzi quattro a voler essere precisi, che dal Gran Premio di Arabia Saudita hanno grandi aspettative. Per motivi diversi.
Partiamo da loro, dalla rivelazione di questo avvio 2023. La Aston Martin AMR23 è stata la vera sorpresa di questo inizio stagione. Se la consistenza della RB19 era assolutamente prevedibile, lo stesso non si può dire della “verdona” di Silverstone. Sotto la sapiente guida tecnica di Dan Fallows e con l’abilità al volante di Fernando Alonso, la creatura della scuderia di Lawrence Stroll è stata in grado, almeno nella prima gara, di superare in prestazioni (e affidabilità) sia Mercedes che Ferrari.
Un’operazione non scontata dato che i team suddetti partivano insieme alla franchigia di Milton Keynes con i favori dei pronostici. Questo terzetto, difatti, si doveva giocare il titolo fino alla fine. O almeno è questo ciò che le cronache riferivano.
Aston Martin, invece, con un lavoro certosino che ha permesso di recuperare oltre due secondi da un anno all’altro, si è messa tra la Red Bull e le due inseguitrici accreditate emergendo come un gruppo consistente che può dire la sua per tutto l’arco del campionato. Sono diversi gli elementi che fanno ritenere che l’exploit della AMR23 non sia un fatto singolo, ma possa essere una condizione strutturale di questa campagna automobilistica.
Chiaramente, la permanenza nelle zone alte della graduatoria dipenderà sia dalla capacità di recupero di Ferrari e Mercedes, sia dalla sapienza degli uomini di Silverstone nello sviluppare una macchina che ha una base solidissima, ma che per competere sulla lunga distanza ha bisogno di un piano di update di un certo rilievo.
Il Jeddah Corniche Circuit, con le sue specificità, ci dirà di più sul vero potenziale della AMR23. Questo poiché la pista presenta delle caratteristiche diametralmente opposte a quelle che offriva Sakhir: un asfalto meno abrasivo e soprattutto una minore severità generale richiesta alle gomme. Quindi bisogna vedere come la macchina reagirà a queste condizioni e soprattutto come le altre squadre si adegueranno ad un mutato contesto. Perché quest’ultimo potrebbe determinare un effettivo recupero da parte di chi ora soffre.
E veniamo alla nobile decaduta. L’espressione, forse, è oltremodo forte, ma rende l’idea di quale sia il momento che stanno vivendo a Brackley. La Mercedes partiva con altre speranze e più ambiziosi obiettivi. La W14 doveva riuscire a colmare gran parte del gap dalla vetta sconfiggendo porpoising e bouncing e trovando anche prestazioni.
Le prime due cose sono state realizzate, ciò che è mancato è il terzo punto. Che forse è quello più importante. La forbice dalla Red Bull, in un anno, si è addirittura aperta. Almeno dopo il primo GP di sette giorni fa. E la speranza per gli uomini della Mercedes è proprio che la cosa sia dipesa dalla specificità del tracciato bahreinita.
Gli ex campioni del mondo dovranno probabilmente giocare in difesa e dovranno farlo almeno fino al momento in cui non presenteranno la nuova versione della monoposto concepita da Mike Elliot. Lo abbiamo scritto in diversi focus, ormai è confermato che il layout che vediamo ora sarà radicalmente modificato per andare incontro a principi aerodinamici che stanno meglio funzionando su altre vetture.
Nell’attesa che ciò avvenga – e potrebbe servire ancora del tempo – si parla di Imola come tracciato identificato per introdurre le novità più massicce. Mercedes potrebbe giocare in difesa nel frattempo. E farlo non vuol dire subire passivamente, ma cercare di chiudere leggermente il gap con la vetta o quantomeno tentare di restare in scia alla Ferrari. E magari di riuscire ad agguantare la Aston Martin che della W14 mutua diverse parti meccaniche, soprattutto del retrotreno.
Dopo il Gran Premio del Bahrain, George Russell, pur dimostrandosi estremamente realista, ha lanciato qualche flebilissimo segnale di speranza quando ha riferito che la pista di Sakhir è una delle più indigeste per la W14. Quindi si presuppone e si spera che il layout particolare del Jeddah Circuit possa dare una mano ad una vettura che almeno ha superato l’atavico problema della mancanza di velocità di punta.
La pista araba è un concentrato di “curve non curve” ad altissima velocità che praticamente si percorrono a tutto gas. Cosa che non dovrebbe limitare la monoposto che ha dimostrato di possedere poco carico, soprattutto nelle pieghe medio veloci. Ma in questo caso si tratta veramente di tratti da superare “a manetta”, cosa che potrebbe appunto dare una mano al concept della Stella a Tre Punte.
La nera monoposto, domenica scorsa, ha sofferto anche nella gestione delle gomme, un fatto inedito per la Mercedes che è sempre stata, in questi anni di era turbo-ibrida, una maestra nell’amministrare la durata degli pneumatici. Le coperture Pirelli di nuova specifica, probabilmente, hanno generato più di un problema agli ingegneri anglotedeschi che hanno incontrato, insieme ai piloti, delle difficoltà nel tenere nella giusta finestra termica l’asse posteriore. Questa dinamica, a ben vedere, è quella che ha fortemente limitato l’azione della Ferrari. Alla quale arriviamo.
Il circuito di Sakhir è indubbiamente uno dei più stressanti di tutto il calendario per gli pneumatici. Colpa di un asfalto molto abrasivo. Elemento, questo, che ha certamente accentuato i problemi della Ferrari SF-23.
Durante il Gran Premio del Bahrain si è ascoltata una conversazione radio emblematica tra la vettura di Carlos Sainz e il muretto box: “Posso spingere di più ma rovinerò le gomme e non finiamo la gara“.
Cosa ci dice questo stralcio di team radio? Sostanzialmente che la Ferrari aveva più passo di quello che ha potuto sciorinare. Chiaramente questo non vuol dire che aveva lo stesso “race pace” della Red Bull, né forse che sarebbe riuscita a sviluppare le stesse prestazioni della Aston Martin.
Ma è evidente che le condizioni particolari della pista abbiano in qualche modo rappresentato uno scoglio invalicabile per gli uomini di Maranello che hanno dovuto tirare i remi in barca evitando di stressare oltremodo i compound per non farli uscire dalla finestra termica. Cosa che avrebbe generato un degrado fatale delle coperture.
Per domenica prossima, quindi, gli ingegneri di Maranello si aspettano che la situazione non sia così limitante. Gestire meglio le gomme evitando un eccessivo degrado potrebbe rappresentare un ritrovato punto di forza per la SF-23 che potrà contare su un’altra virtù emersa durante il weekend bahreinita: la grande velocità di punta.
La creatura del dimissionario David Sanchez è stata costantemente la più veloce alle speed trap. Questo accadeva sia durante i test sia nei tre giorni di gara. Un segnale incoraggiante nel momento in cui si dovrà affrontare un GP nel quale la cavalleria e le velocità di punta contano più di ogni altra cosa. Da questo punto di vista, quindi, la Ferrari potrebbe trarre un effettivo vantaggio.
La questione è la seguente: tale caratteristica deve essere mostrata sia in qualifica, dove l’extra grip delle gomme fresche camuffa alcune pecche del progetto, sia soprattutto in gara. Ed è qua che arriva il difficile perché Red Bull sembra essere una monoposto costruita per le lunghe distanze e che può mettere in conto di perdere la tenzone sul giro singolo proprio per piazzare sul tappeto verde tutte le fiches per vincere la gara.
In Ferrari, nonostante il subbuglio organizzativo delle ultime ore, si dicono convinti che la SF-23, in Arabia Saudita, possa contenere la distanza dalla Red Bull. Forse non sarà in grado di lottare fattivamente per la vittoria, questo potrebbe accadere più avanti, quando saranno presentate modifiche alla vettura che Vasseur già ha annunciato, ma potrebbe servire per pressare maggiormente la macchina che in questo momento rappresenta il benchmark della serie. E quando si è ingaggiati da presso, complice una pista con muretti molto vicini e in cui spesso fanno capolino le safety car, tutto può accadere.
C’è un altro soggetto che ha tutto da guadagnare da un Gran Premio di Jeddah, che presenta valori diversi da quelli visti sette giorni fa: Liberty Media Corporate, ossia la proprietà della Formula Uno. Le nuove regole che il legislatore ha imposto alla massima categoria dell’automobilismo dovevano servire a livellare le prestazioni.
Nel 2022 abbiamo visto una Red Bull da record. Nel 2023 si corre il rischio che la forbice prestazionale si possa aprire oltremisura generando un campionato noioso e dall’esito scontato. Tutto ciò che gli americani non vogliono.
Quindi, al di là dei lustrini e delle paillettes che accompagnano tutte le dichiarazioni di Stefano Domenicali circa la crescita della serie e la salute generale della stessa, la realtà è che i padroni del Circus debbono confidare in gare nelle quali emergono valori più compatti perché solo così si può generare quello spettacolo che Liberty Media chiede per riuscire a vendere meglio un prodotto. E di conseguenza produrre maggiori profitti. Il Gran Premio di Arabia Saudita sarà quindi una sorta di banco di prova, l’ennesimo, per i nuovi regolamenti che finora non hanno funzionato come i vertici speravano.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG F1