Il Gran Premio del Bahrain 2023 ha offerto diversi spunti di riflessione. Per ora non possiamo considerarli ancora verdetti, siamo in una fase troppo “fresca” della stagione. Di certo, però, abbiamo potuto desumere delle indicazioni. Volgendo il nostro sguardo al mondo Mercedes abbiamo ormai compreso che la W14 è una monoposto nata non benissimo. La vettura, pur essendo scevra da porpoising e bouncing, non è riuscita a raggiungere l’obiettivo prefissato: colmare il gap dalla vetta. O almeno eliminare gran parte di esso.
Osservando il comportamento dell’auto quando è nelle mani di Lewis Hamilton e George Russell emerge una tendenza paradossale: non si notano problemi di sorta, il mezzo è semplicemente lento. Un bell’inghippo, questo, perché l’anno scorso era chiaro che la vettura era limitata nelle prestazioni dal pompaggio aerodinamico che ne ostacolava la messa a punto. In questo momento i tecnici di Brackley si trovano tra le mani una monoposto che apparentemente non ha difetti gravi, ma che non riesce a produrre performance.
Altro elemento scaturito dai tre giorni di test e dal successivo weekend di gara è la prorompente ascesa della Aston Martin. Il team di Lawrence Stroll è stato in grado, sul giro secco, di recuperare oltre due secondi rispetto all’anno passato. L’elemento che va sottolineato è che la AMR23 mutua diverse parti dalla W14. Non solo il motore è lo stesso, ma anche la trasmissione e le sospensioni posteriori sono gemelle al mezzo anglo-tedesco. Questa realtà spiega, più o meno direttamente, che i problemi che stanno incontrando gli “uomini nero” sono relativi al telaio e alla veste aerodinamica.
La vettura di Silverstone non solo è più rapida ed efficace della nera monoposto, ma riesce a gestire meglio le gomme. Un aspetto fondamentale nella Formula Uno contemporanea nella quale vince chi amministra meglio il mezzo nelle fasi di gara. “Sappiamo di non avere un problema meccanico, altrimenti ne soffrirebbe anche Aston Martin, il punto è che in rettilineo andiamo bene ma perdiamo molto tempo nelle curve veloci”. Questo è quanto osservato da Toto Wolff alla fine dei 57 giri di Sakhir.
La puntualizzazione del manager austriaco è importante perché spiega come in Mercedes siano consapevoli che la base meccanica della monoposto sia funzionante e abile per lottare addirittura con la Red Bull (i numeri hanno detto che a Sakhir la AMR23 generava più spinta verticale della RB19).
Quello che sta mancando in questo momento è tutto il contorno. Ossia “l’abito” che si adagia sul telaio e sulla parte meccanica. Tutto, quindi, riconduce all’aerodinamica. Evidentemente il progetto “zero sidepod“, che quest’anno è stato leggermente modificato nella filosofia, non riesce a dare quelle risposte che gli ingegneri aerodinamici si aspettavano.
L’estrema compattazione delle masse è un principio sul quale ha creduto fermamente Mike Elliott, il papà della W13 e della sorella minore W14. Evidentemente, l’ingegnere britannico ha riscontrato degli elementi positivi in una siffatta filosofia concettuale, altrimenti non si spiegherebbe l’aver insistito sia durante il 2022 che, soprattutto, in fase di definizione del modello 2023.
Chiaramente, il principio vale per la Ferrari, che è alle prese con i suoi problemi, ed è efficace per Mercedes: la prima gara non può determinare legge generale. Ma le indicazioni sono manifeste. E nel team degli ex campioni del mondo non lo nascondono: il progetto W 14 è in piena fase di rimodulazione.
La macchina palesa una non eccelsa gestione delle gomme – fatto inedito per Mercedes – e soprattutto una mancanza di downforce da cui scaturisce la succitata questione pneumatici. Se rispetto al 2022 il problema della velocità di punta è stato risolto (Hamilton in qualifica è arrivato a 324,4 km/h alla speed trap facendo poco meglio di Verstappen e pagando 2,2 km/h alla Ferrari di Sainz,ndr), ciò che manca è la solidità nelle pieghe medio-veloci, laddove si apre la forbice rispetto alla RB19 e soprattutto, onta delle onte, nei confronti della “cugina” AMR23.
Nel 2021 James Allison, all’epoca Chief Technical Officer di Mercedes, è diventato parte attiva del programma del team Ineos Britannia che partecipa alla Coppa America. Un legame reso possibile da due elementi. Il primo riconduce all’acquisizione del 33% del pacchetto azionario di Mercedes AMG F1 da parte di Jim Ratcliffe, proprietario di Ineos. Da qui, chiaramente, un legame tecnico più solido tra le varie realtà gestite dal magnate inglese.
Il secondo proviene dalla necessità della squadra di Formula Uno di riallocare alcune forze. A causa del budget cap, difatti, Mercedes ha dovuto rimodulare il personale, operando anche dei tagli per rientrare all’interno del tetto di spese. Quindi la mobilità di Allison è dipesa anche da questo fattore.
L’ingegnere era stato direttore tecnico della Ferrari da luglio 2013 allo stesso mese del 2016 per poi essere sostituito da Mattia Binotto. Nel marzo successivo, Allison era diventato CTO dell’equipe anglo-tedesca. Nella prima fase del suo lavoro nella sede di Brackley aveva affiancato Aldo Costa che è stato via via demansionato per preparare il passaggio alla Dallara. Dove tuttora opera.
L’ingegnere italiano è stato il vero artefice del dominio tecnico Mercedes, ma Allison è stato capace di dare continuità a quella forza dirompente. Tant’è che fino a tutto il 2021 la Stella a Tre Punte è stata in grado di vincere titoli e di imporre il sono imperio.
Nel momento in cui si è deciso di ridurre carico di lavoro che pendeva sulle spalle di Allison, Mercedes ha incontrato delle evidenti difficoltà. Un caso? Potrebbe essere. Così come potrebbe anche valere il contrario, visto che dall’istante in cui Elliot ha preso possesso degli uffici tecnici della Mercedes, ogni vettura prodotta non è stata più in grado di vincere un mondiale.
Nel 2022, sappiamo bene com’è andata, la macchina ha presentato diversi problemi e non è stata capace di tenere testa ad una RB18 che ha letteralmente dominato la categoria. Per almeno metà campionato la W13 ha arrancato anche nei confronti della Ferrari e il recupero prestazionale è avvenuto soprattutto perché a Maranello hanno stoppato del tutto il piano di sviluppo.
Visto che la Formula Uno è sostanzialmente scienza, in Mercedes hanno capito che esiste una correlazione tra il disimpegno di Allison e le prestazioni delle monoposto. Ed è proprio per tale ragione che si è deciso che l’ex Ferrari, da questo momento, ritorni ad essere molto coinvolto nello sviluppo delle monoposto. Ormai non è un mistero, lo ha messo Wolff e lo ha confessato Elliot, la W14 subirà delle pesanti modifiche che la cambieranno nell’aspetto estetico. E nel quartier generale della “Stella” sperano anche nelle sorti sportive.
Pare che il layout attuale sia sostanzialmente figlio di una fase di sviluppo già messa in conto dagli uomini di Brackley. La W14 che siamo osservando sarebbe semplicemente uno step che deve portare la macchina in una direzione filosofica diversa e che sarebbe più prossima a quella vincente definita dalla Red Bull e mutuata, con gli adattamenti del caso, dalla Aston Martin.
In questo delicato cammino che servirà alla Stella a Tre Punte per provare a risalire la china è diventato quindi fondamentale il ruolo di Allison che andrà ad affiancare fattivamente Mike Elliot che non ha dimostrato, in due anni di lavoro “in solitaria”, di poter estrarre il potenziale da un progetto che, nei fatti, si sta rivelando fallimentare.
Mercedes è in Formula Uno per vincere e certamente non può accontentarsi di bivaccare tra terza e quarta posizione in griglia. Per questo si è deciso di dare un’accelerata massiccia già da quest’anno per provare ad uscire dalle pastoie in cui il team è impantanato. L’idea di rinviare al 2024 la pratica e iridata non sfiora ancora i dirigenti di Daimler AG, di Ineos e lo stesso Toto Wolff co-proprietario della franchigia. Si vuole provare a dare una netta sterzata alla stagione e si pensa che dopo la lunga pausa determinata dalla cancellazione del Gran Premio di Cina, Mercedes possa rimettersi in assetto e sfidare addirittura la Red Bull.
Ad ora sembra una prospettiva lontana, irrealizzabile e quasi utopica, ma a Brackley hanno il dovere di perseguire questa idea per dare un senso al mondiale. Se poi anche la “versione B”, che tale non dovrebbe essere perché, ribadiamo, sarebbe un progetto già messo in cantiere, dovesse fallire, allora sì che davvero si comincerà a puntare al 2024. Ma sarebbe un flop ciclopico per un team che quest’anno aveva l’obiettivo dichiarato di lottare per entrambi i mondiali. E’ tutto nelle mani, sulle spalle e nella sapienza di James Allison. Bella responsabilità.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG