Il legame tra la Mercedes e la F1 è meno solido di quanto possa apparire. La storia della Stella a Tre Punte nel Circus racconta di una continuità intermittente o di una discontinuità constante, mettetela come più vi aggrada. Dopo il debutto nel 1954 e i trionfi ottenuti in quella stagione e nell’anno successivo, il costruttore sparisce di colpo dai radar della massima serie del motorsport.
Bisognerà attendere quasi quarant’anni per rivedere Mercedes in Formula Uno, ma stavolta non come team ma solo come fornitore di motori. Nel 1993 troviamo la casa tedesca accanto alla Sauber. L’azienda di Stoccarda aveva rilevato la Ilmor Engineering creando un reparto powetrains e acquisendo anche la sede di Brixworth che è tuttora il luogo ove nascono i propulsori marchiati dalla Stella.
Serviranno pochi anni ai tedeschi per iniziare a vincere e lo faranno con la McLaren e con Mika Hakkinen. Ciò accade in maniera totale alla fine degli Anni ’90 quando si accende la sfida con la Ferrari. Mercedes conoscerà le prime grandi soddisfazioni che saranno poi replicate nel decennio successivo, ancora con McLaren, con Lewis Hamilton al volante, e con la “meteora” Brawn GP portata al titolo da Jenson Button. Proprio il team dell’ex ingegnere ferrarista è la chiave per la discesa in campo piena della Mercedes.
Nel 2010 Daimler AG acquista il team di Brawn ereditando anche la sede operativa di Brackley. Serviranno quattro stagioni di apprendistato, di riorganizzazione e di crescita per presentarsi, nel 2014, all’avvio dell’era turbo-ibrida, come quel soggetto capace di ottenere ben 15 titoli in 8 stagioni. Un dominio senza precedenti nella storia della Formula 1, un imperio che è stato spezzato parzialmente, nel 2021, e totalmente, nel 2022, dalla Red Bull. Siamo così giunti ai giorni nostri.
Il breve excursus storico fatto in apertura di questo scritto ci racconta come la scuderia abbia mostrato continuità solo negli ultimi tre lustri. Perché è questo il periodo in cui si è strutturata e si è presentata come costruttore a tutto tondo. Se osserviamo, in questo arco temporale, il rapporto tra gran premi disputati e vittorie ottenute ne esce una percentuale molto alta.
Questa evidenza ha fatto sì che molti analisti dell’automobilismo sportivo ritenessero che l’azienda di Stoccarda leghi la sua permanenza alla capacità di vincere. Dopo l’abbandono di Dieter Zetsche, si è pensato che il nuovo amministratore, Ola Kallenius, fosse meno legato all’aspetto sportivo. E forse è parzialmente vero, perché in Mercedes AMG, negli ultimi anni, hanno preso quota due figure: Toto Wolff, diventato azionista arrivando a possedere il 33% delle quote, e Ineos, il gruppo industriale capitanato dal magnate Jim Ratcliffe, a cui è stato ceduto un altro 33%.
Alla controllante tedesca, quindi, restano un terzo delle parti azionarie. Cosa che non racconta di un disimpegno, bensì della volontà di non essere pienamente coinvolti nella vita della scuderia. Stoccarda, di contro, mantiene la maggioranza del reparto Mercedes AMG F1 High Performance Powertrains, il reparto motori che qualcuno dice essere il core business della Stella, l’elemento di continuità nei riguardi della Formula Uno, qualora i vertici tedeschi decidessero di commiatarsi dalla serie in qualità di scuderia.
Su Brackley aleggia sempre l’idea che Ineos, con il supporto di Toto Wolff, possa acquisire il pacchetto di maggioranza creando una franchigia a proprio nome replicando quanto accade, ad esempio, nel ciclismo e nella vela, sport nei quali la multinazionale inglese investe pesantemente ed in prima persona.
All’apice della stagione dei successi Mercedes, i vertici del team avevano spiegato che il ritorno pubblicitario era immenso. Si parlava di circa un miliardo di dollari di ricavi commerciali scaturenti dal marketing proprio perché la scuderia riusciva ad imporsi alla concorrenza. Fatto che generava una sorta di moltiplicatore psicologico tra i clienti che vedevano l’azienda come una solida realtà da premiare anche nel mercato dell’automotive.
Dopo il 2021 chiusosi in maniera beffarda, anno nel quale era sfuggito il titolo piloti certamente non a causa del team ma forse per alcune decisioni bizantine da parte dell’ex direttore di gara, Michael Masi, Mercedes ha conosciuto solo delusioni. Nel 2022 sappiamo com’è andata: è giunta solo una vittoria dopo un anno di fatica immane, trascorso a lottare con bouncing, porpoising e altri problemi che limitavano lo slancio tecnico della W13.
Il 2023, la stagione che doveva essere del riscatto, si è aperta più o meno come quella 2022. La W14, pur non soffrendo di problemi evidenti, è semplicemente una vettura non in grado di generare performance mostrando un’incapacità generale a produrre carico aerodinamico, soprattutto al posteriore. Cosa che sta mettendo in difficoltà in particolare Lewis Hamilton.
Viene da se che qualcuno inizia ad interrogarsi: se continuasse questa scia, Mercedes sarebbe ancora interessata a rimanere in Formula Uno? Che senso avrebbe presentarsi con un team senza poter lottare costantemente per la vittoria?
Domande insinuanti alle quali Wolff e i suoi hanno dovuto rispondere anche negli anni del dominio. Figuriamoci ora che i risultati non si vedono nemmeno col binocolo. All’alba di una rivoluzione tecnica annunciata e che dovrebbe dare i suoi frutti in quel di Imola, quindi tra qualche gara, il dirigente viennese ex Williams ha voluto stoppare il nascente chiacchiericcio affermando di essere stato rassicurato sul pieno appoggio dei suoi partner strategici
“I responsabili in Mercedes e in Ineos sono individui ad alte prestazioni, sia nel core business che nello sport. Abbiamo tutti attraversato alti e bassi e c’è così tanto supporto da parte loro per rimetterci in carreggiata, sia da Jim [Ratcliffe] che da Ola [Kallenius] o tutti gli altri che sono associati a questo. Non si potrebbe desiderare un supporto migliore”.
L’idea del disimpegno parziale, ossia quella di rimanere in Formula Uno soltanto come motorista, è quindi stata nuovamente allontanata. Una sorta di refrain che di tanto in tanto siamo costretti ad ascoltare proprio a causa della natura storica della Mercedes. Un team che, come dimostrato in apertura, lega la sua presenza alla facoltà di accedere alla vittoria.
E proprio quest’ultimo passaggio dovrebbe farci riflettere. Più che pensare a un disimpegno è più probabile ritenere che la scuderia e tutte le forze tecniche, economiche e politiche che vi sono alle spalle stiano spingendo in un’unica direzione per cercare di ritornare laddove Mercedes vuole stare.
Che ci riusciranno o meno non è dato saperlo, ma di certo la concorrenza è avvisata: le Frecce d’Argento (ora nere), saranno anche momentaneamente opache, ma c’è tutto l’intento di farle tornare a brillare.
Il campionato del mondo 2023, quindi, non viene ancora ritenuto un momento di passaggio. A Brackley si dicono convinti che il modello profondamente evoluto della W14 in cantiere sarà in grado di avvicinarsi notevolmente a chi in questo momento sta dettando il passo. Nessuna resa negli uomini della franchigia anglotedesca, quindi.
Se poi l’operazione aggancio non riuscirà, pazienza. Ma è certo che nel 2024 si proverà a farlo ancora una volta poiché Mercedes non intende mollare né oggi né nel lungo periodo. Anche perché la sua presenza, dal 2026, anno della nuova rivoluzione motoristica, telaistica e aerodinamica, è stata ampiamente confermata.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG