Lo avevamo riferito qualche giorno fa: in Mercedes non si sta vivendo un momento esaltante. Quando c’è familiarità con la vittoria – che sfocia nell’assuefazione – possono scattare normali crisi d’astinenza se l’aria dolce del gradino più alto del podio viene a mancare con sistematicità. Il clima si avvelena, le tensioni si acuiscono, le incomprensioni diventano la norma. La serenità che viene meno, fattore che porta con via la lucidità.
“L’anno scorso ho detto delle cose, ho parlato dei problemi che ci sono con la macchina. Ho guidato tante auto nella mia vita. Quindi so di cosa ha bisogno una vettura. E credo che sia una questione di responsabilità. Si tratta di ammettere la propria responsabilità e di dire: ‘Sì, sapete una cosa? Non ti abbiamo ascoltato’. Non è più come prima. E dobbiamo lavorare“. Queste le parole di Hamilton subito dopo le qualifiche del Gran Premio dell’Arabia Saudita. Uno sfogo a caldo, forse figlio della frustrazione che nasceva dall’essere stato battuto ancora una volta dal collega di casacca.
Hamilton aveva quindi parlato di filosofia concettuale messa in discussione in sede progettuale, ma George Russell, l’arrembante compagno di squadra, non era dello stesso avviso. “Eravamo consapevoli del concetto, Lewis ed io. Credevamo che questa fosse la direzione giusta. Ma noi, come squadra, abbiamo chiaramente perso qualcosa che è successo durante l’inverno e stiamo lavorando duramente per correggerla ora“. Se Lewis Hamilton è sul Sole, George Russell e su Plutone: i due alfieri della Stella a Tre Punte sono distanti migliaia e migliaia di chilometri. Sembra che la tempesta possa scatenarsi da un momento all’altro.
Questa differenza di vedute non si è limitata al solo concepimento della Mercedes W14, è stata bensì espressa anche nella definizione degli assetti ultimamente scelti per le due nere vetture. Lewis, difatti, aveva alluso ad un assetto migliore individuato per l’auto di George Russell, nell’ultimo GP dell’Arabia Saudita, che sarebbe stato frutto di un processo fortunoso che invece non ha investito il setup della W14 numero 44.
Considerazioni che evidentemente hanno messo la mosca al naso al talento di King’s Lynn che, con diplomazia, ma senza tirarsi indietro, ha voluto puntualizzare nella conferenza stampa di stamattina. “Non credo che ci sia stata fortuna. Penso che dipenda dalla preparazione che si fa prima dell’evento“, ha argomentato l’ex Williams.
“Sapevo che i cambiamenti che avevamo apportato durante la notte sarebbero andati nella corretta direzione grazie al lavoro svolto con la squadra. Pensavo che l’assetto sarebbe stato migliore rispetto a quello scelto da Lewis. Credo che ognuno abbia preferenze diverse: io ero contento della direzione che ho preso e del lavoro che sto facendo con gli ingegneri”.
Bella bordata alla quale il sette volte iridato ha replicato con calma serafica dovendo essere incudine per assorbire la mazzata del giovane collega. “Voglio ribadire quanto sia stato grande il lavoro di George nel weekend di Jeddah. il mio commento era riferito al fatto che c’è una cosa specifica che puoi cambiare nella sospensione e che puoi farlo il venerdì sera. Una volta iniziate Fp3 – ha spiegato Hamilton – non si può più cambiare per il resto del weekend. E’ come tirare i dadi: a volte funziona, a volte no“.
“L’ho fatto in passato e a volte non ha funzionato, altre volte sì. Ma George ha fatto un ottimo lavoro. Quello che mi mancava in gara era un bel po’ di avantreno che quel setup ti dà, quindi, col senno di poi, sarebbe stato perfetto. Abbiamo tratto molti insegnamenti: credo che il ritmo di gara sia stato discreto, soprattutto nel secondo stint. Per noi ottenere il quarto e il quinto posto è stato ottimo per la squadra e un grande risultato considerando dove siamo in termini di deficit di prestazioni”.
Per quanto riguarda l’immediata attualità, Hamilton ha riferito di sperare in Giove Pluvio. La pista bagnata è quell’elemento che potrebbe consentire alla Mercedes di ottenere dei risultati più consistenti di quelli raggiungibili con questa monoposto. Si ritorna a quel concetto che abbiamo espresso in un altro scritto circa la Ferrari, ossia provare a massimizzare ogni episodio che un weekend di gara può offrire. Non una prospettiva incoraggiante, ma un atto di realismo per chi deve attendere ancora qualche GP prima di presentare un modello più evoluto ed efficace della monoposto.
Ed è proprio da questa evoluzione che Lewis Hamilton spera di trovare più feeling con una macchina che in questo momento si sta dimostrando problematica soprattutto al retrotreno, aspetto che il sette volte iridato ha più volte sottolineato come causa dei suoi mali.
Il retrotreno leggero potrebbe dipendere da una caratteristica strutturale, ossia quella di avere il Cockpit molto avanzato. La W14, infatti, è la monoposto che ha l’abitacolo più orientato verso l’asse anteriore di tutte le dieci partecipanti. Probabilmente, quando Lewis alludeva alla sua squadra che non lo aveva seguito in sede progettuale, si riferiva proprio a questo aspetto. La richiesta di spostare l’abitacolo più indietro è rimasta inevasa poiché una modifica del genere avrebbe richiesto grandi investimenti sia di carattere tecnico che di natura economica.
Sappiamo che in tempi di budget cap non è possibile andare troppo oltre una determinata soglia di spesa. Fatto sta che l’inglese non si senta nella sua comfort zone di pilotaggio che spera invece di ritrovare con la W14 evoluta che dovremmo verosimilmente vedere nel Gran Premio dell’Emilia Romagna che si terrà nella seconda metà di maggio.
Australia e Miami, quindi, dovrebbero essere tappe iridate nelle quali si continueranno ad accumulare dati ed esperienza per elaborarli in sede per creare dar vita ad una monoposto che dia a Lewis quella necessaria fiducia per affrontare le curve, senza aver paura di sbagliare.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG