C’è un campionato del mondo che la Red Bull ha già vinto: quelol del superamento delle difficoltà relative alla penalizzazione ottenuta per l’infrazione del budget cap. Il problema dei detentori delle coppe iridate sta tutto nelle ore di sviluppo a disposizione che sono decisamente più limitate rispetto ai competitor più accreditati: Ferrari e Mercedes.
Red Bull, infatti, aveva già la quota più bassa di tempo da spendere in galleria del vento e in CFD in quanto vincitrice del campionato. A queste limitazioni, da ottobre 2022 allo stesso mese del 2023, se n’è aggiunta un’altra: la sottrazione di un altro 10% a causa della penalità post budget cap gate. Brevi e semplici calcoli dicono che Adrian Newey e il suo staff possono contare solo sul 63% del monte ore totale a disposizione.
Tirando le somme, Red Bull ha 202 corse in galleria del vento e 1260 elementi CFD, con una riduzione stimata di 22 corse nel wind tunnel e 140 elementi CFD che arrivavano al netto della summenzionata sanzione. Una bella mazzata anche in considerazione del fatto che l’impianto in cui lavora il team è molto obsoleto e assorbe parte del tempo concesso per arrivare al pieno regime operativo. Da qua la necessità di creare una nuova struttura che andrà in funzione in un futuro prossimo.
Uno scenario come quello su descritto, è proprio il caso di dirlo, avrebbe ammazzato anche un toro. Ma evidentemente, in Red Bull, che delle virtù dell’animale in questione ne hanno buona conoscenza, sono stati più forti delle avversità generando una vettura, la RB19, che ha letteralmente fatto paura per capacità di produrre performance.
In Bahrain il distacco è stato ampio e molti ritenevano che la cosa fosse dovuta ad un asfalto particolarmente abrasivo che ha esaltato le doti di management delle gomme della monoposto austriaca. Ma è in Arabia Saudita che la macchina, in condizioni che dovevano essere tecnicamente meno favorevoli, ha mostrato di possedere un potenziale straordinario quando Perez e Verstappen si sono messi a tirare per accaparrarsi il punticino suppletivo del giro veloce.
L’obiettivo dei campioni del mondo, quindi, era quello di partire a palla per aprire un margine importante sulla concorrenza, temendo di non poterlo alimentare durante la stagione proprio per via delle limitazioni che sono scattate ad ottobre. Afflizioni delle quali il mondo della Formula Uno ha molto parlato. Nei mesi scorsi, infatti, Zak Brown, numero uno di McLaren, aveva alluso a sanzioni troppo morbide a fronte del vantaggio che il team di Milton Keynes si era assicurato sforando il budget nel 2021.
L’accusa del manager americano è quella secondo cui Red Bull si era garantita una posizione tecnica dominante proprio infrangendo la cifra consentita che per le squadre di medio-basso livello, in termini economici, rappresenta quella necessaria per provvedere agli sviluppi che si possono implementare nel corso di una stagione. La penalità poteva essere molto più alta, ma Chris Horner è stato molto abile a giocare di diplomazia, arrivando ad un accordo con la Federazione ed evitando che si attivassero procedure che potevano portare pene ben più serie.
Ma questa è una storia ormai archiviata e nulla si può fare per tornare indietro. La verità è sotto gli occhi di tutti: la RB19 è la macchina più performante del lotto e, probabilmente, se non interverranno elementi a stravolgere la situazione, questo vantaggio rimarrà fino alla fine anche se, logicamente, potrebbe ridursi in ampiezza.
Questo perché la monoposto in questione è figlia della miglior vettura 2022 quindi ne è la naturale evoluzione che mantiene le stesse virtù e apparentemente apre un gap ancora più alto. Anche perché le principali rivali sono incagliate in difficoltà inattese. E’ nel campionato scorso che affondano le radici del dominio, anche perché il team, una volta che ha messo in archivio l’annata 2022 – e la cosa è avvenuta abbastanza presto – si è potuta concentrare sul lavoro di sviluppo in chiave 2023.
Il ritardo col quale la Federazione è giunta al verdetto di colpevolezza ha dato una mano agli uomini di Milton Keynes che hanno potuto concentrare tutte le proprie forze nello sviluppo della macchina che stiamo vedendo ora anticipando l’effetto delle sanzioni. Quel famoso telaio alleggerito di cui si è a lungo dibattuto nella parte finale del 2022 è stato tenuto in serbo e riproposto in questa stagione coi risultati che tutti stiamo osservando in maniera molto netta.
D’altro canto, Adrian Newey – e anche altri esponenti del team – erano stati molto chiari nell’affermare che, data la penalizzazione e le limitazioni sul lavoro in galleria del vento e al CFD, sarebbero state altre le aree di intervento. All’ottimizzazione aerodinamica che si è dovuta adattare anche alle nuove regole, gli ingegneri hanno abbinato un massiccio programma di update nelle zone meno visibili. Si è agito quindi sul peso e non solo.
Oggetto di “restyling” sono stati il telaio, le parti modificabili del cambio, gli elementi di contorno della power unit non condizionati dal freeze regolamentare e le sospensioni ulteriormente ottimizzate rispetto a quelle già straordinarie montate sulla RB18.
In questo momento, andando ad incastrare vari fattori, a partire dalla forza della vettura e dalle difficoltà nelle quali stanno incorrendo i rivali principali, è difficile ritenere che il distacco accumulato dalla Red Bull sulla concorrenza possa essere facilmente eroso. Motivo per il quale, se non dovessero intervenire cambi regolamentari, così come paventato da Chris Horner, ci sembra difficile che gli anglo-austriaci si lascino sfuggire entrambi i titoli, con buona pace di quello spettacolo e di quel l’imprevedibilità tanto strombazzata da Liberty Media.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing