Formula 1

Red Bull teme Ferrari nel breve termine

Una rondine non fa primavera. Principio che vale per la F1 e, chiaramente, per la Red Bull che si è resa protagonista di un avvio shock. Per gli avversari. I campioni del mondo in carica erano attesi al varco. Tutti, difatti, intendevano capire come le limitazioni aerodinamiche dettate dal regolamento e le conseguenze della penalità inflitta ad ottobre potessero incidere sulla nuova vettura in termini prestazionali. I teorici del crollo sono rimasti a bocca aperta.

Si è molto discusso e profetizzato su una possibile crisi, ma alla fine è andata come la tabella qui in basso riporta. Stringendo il campo di osservazione ai tre primi classificati del 2022, si nota che è la creatura di Adrian Newey quella che ha effettuato la progressione più netta. E la cosa non è un buon segnale perché chi deve recuperare di più per provare a sovvertire “l’ordine costituito” è chi in realtà annaspa nel tentativo di chiudere il distacco dalla vetta.

Red BullFerrariMercedes
20221m 30.681s1m 30.558s1m 31.048s
20231m 29.708s1m 30.000s1m 30.340s
Guadagno0,973s0,558s0,708s
Guadagno cronometrico sul giro di qualifica Bahrain 2022-2023 Red Bull, Ferrari, Mercedes

E invece Mercedes e Ferrari, al momento, hanno fallito. La W14 ha sistemato i problemi di drag, porpoising e bouncing. Risultati che sarebbero lusinghieri se non fosse che non ha trovato downforce nelle curve medio-veloci e che la progressione cronometrica sia inferiore a quella dei rivali di Milton Keynes.

Ferrari, paradossalmente, è quella messa peggio: guadagna solo mezzo secondo (che non sarebbe male in presenza di nuove norme che avrebbero dovuto far alzare il riscontro cronometrico medio), non mostra sensibili passi in avanti sulla gestione delle gomme e si ripresenta al via con un serio problema di affidabilità dal quale dovrebbe scaturire, a Jeddah, la prima penalità in griglia per Charles Leclerc. Se non è un incubo poco ci manca visto che sembra un copione scritto da Dario Argento.


Red Bull alimenta il sogno recupero

Dal quadro su descritto sembra che non vi sia speranza di vedere un mondiale combattuto. Nemmeno provando a dare credito alla Aston Martin che ad oggi sembra essere seconda forza ma con un certo gap dalla Red Bull. Nel paddock, tra gli avversari dei “tori” aleggia una mestizia che si fonde ad una desolante lucida consapevolezza: non c’è trippa per gatti.

La Red Bull ha il campionato assicurato. Non credo che quest’anno qualcuno sarà in grado di lottare con loro. Quest’anno dovrebbero vincere tutte le gare, ci scommetto. Con le prestazioni che hanno dovrebbero farcela”. Questa l’amara e cruda ammissione di chi in pista la RB19 l’ha vista. Ossia George Russell. Questa RB19 “profuma” di McLaren MP4/4, quella meravigliosa creatura concepita dalle menti di Gordon Murray è Steve Nichols e affidata ad Ayrton Senna e Alain Prost che, nel 1988, seppe ottenere 15 vittorie ed altrettante pole position su 16 gare.

McLaren Mp4/4: la monoposto dei record che ottenne, nel 1988, 15 vittorie su 16 GP

Russell, proseguendo nella descrizione del momento, ha addirittura sottolineato come il ritmo di Verstappen e Perez sciorinato durante i 57 giri del GP di Sakhir sia sembrato più debole rispetto a quello mostrato durante i test. Non si fa fatica ad ammetterlo perché, nella seconda fase di gara, a posizioni consolidate, i due piloti della Red Bull si sono messi in totale modalità gestione senza pensare minimamente a spingere e a stressare il mezzo. La sensazione è che la RB19 avesse ancora diversi decimi che sono stati ben celati nel taschino.

Dunque, campionato finito dopo poco più di 300 km sui settemila circa che devono essere percorsi per chiudere la stagione? No, a sentire i diretti interessati che, in un normale gioco delle parti, si sentono tutt’altro che sicuri. E forse hanno anche ragione visto che quello bahreinita non è stato altro che il primo vagito annuale. Se domenica scorsa è stata una passeggiata di salute, dal cuore della Red Bull mettono in guardia sui prossimi appuntamenti. Forse per tenere alta la tensione e per scrollarsi di dosso l’etichetta dei favoriti numero uno. Operazione piuttosto ardua in questa fase.

Il calendario, per i prossimi due appuntamenti, recita Arabia Saudita e Australia. La RB19 si presenta come favorita d’obbligo. Chris Horner, come un buon pastore, predica calma affermando di avere elementi validi solo per la pista di Sakhir. Mezza bugia terapeutica di chi sa di essere più forte. In ogni caso il discorso non fa una piega: il manager inglese ha affermato che per tracciare un bilancio più credibile serve almeno chiudere il mese di marzo quando saranno state completate tre gare.

Max Verstappen e Sergio Perez (Oracle Red Bull Racing) in parata dopo la vittoria del Gp del Bahrain

Red Bull: Jeddah speranza per la Ferrari e per Liberty Media

Altrettanto cauto si è mostrato Max Verstappen che non si fida del layout “meno amico” di Jeddah. Se Sakhir era un tracciato rear limited che ha esaltato le caratteristiche della RB19, il Corniche Circuit è terra di vetture che sanno sviluppare elevate velocità di punta. Materia nella quale la Ferrari SF-23 pare eccellere.

Pretattica o sentire sincero che sia, fatto sta che Verstappen non si bea nella gloria pensando che il gran premio del 19 marzo sarà una passeggiata di salute. “La pista saudita è molto diversa da quella di Sakhir – ha spiegato il due volte iridato che ha messo Ayrton Senna nel mirino – Ci sono molti più rettilinei, curve veloci e molto meno degrado delle gomme. Quindi, in termini di passo gara, mi aspetto che tutti saranno più vicini“. Onesta valutazione.

La nostra vettura sembra piuttosto veloce sui rettilinei, ma lo è anche la Ferrari, cosa che a Jeddah costituisce un vantaggio“. SF-23 che torna in ballo per la vittoria? A Maranello risponderebbero con un fragoroso sì, ma la Rossa ha diverse questioni da mettere a punto. E se la qualifica è un esercizio che non spaventa, è la gara che tiene in ansia piloti e ingegneri. Perché i quasi 40 secondi che Leclerc avrebbe beccato a fine evento sono un macigno grosso e difficile da rimuovere. Per non parlare della probabile penalità che ricaccerà il monegasco nel ventre molle della griglia di partenza.

Ma c’è Sainz, direte voi. Ovviamente sì, ma serve tutt’altro che la versione sbiadita del pilota che abbiamo visto domenica scorsa e che s’è reso protagonista di una gara soporifera e senza guizzi nella quale aveva accumulato un certo deficit dal compagno di casacca. E ricordiamo quante difficoltà il madrileno incontrò su questa pista dodici mesi fa. Mercedes? Lasciamo stare. A Brackley sono alle prese con la possibile evoluzione “B” della vettura. Al momento i tedeschi sembrano essere tagliati fuori dalla caccia grossa. Per un bel po’ di tempo.

Lo stupendo sorpasso di Alonso su Hamilton in curva 10

Ci sarebbe Aston Martin che, chissà, potrebbe essere la sorpresa sparigliante. Se lo augurano un po’ tutti per scongiurare una piatta catatonia in salsa Red Bull. Lo spera soprattutto Liberty Media che brama irrefrenabilmente la compattazione del gruppo con esiti delle gare sempre imponderabili. Forse la proprietà della F1 lo desidera più degli stessi team. Perché un altro campionato passato tra sbadigli ritmici, verdetti preannunziati con anticipi siderali e noia mortale sparsa a getto non contribuisce a vendere bene il prodotto…


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Oracle Red Bull Racing, Aston Martin

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Diego Catalano