Formula 1

GP a rotazione: l’Europa prova a tenersi stretta la F1

La F1, nonostante le sue contraddizioni e sebbene proponga ancora un blocco di potere che rende la categoria abbastanza scontata negli esiti, è uno sport ancora capace di attirare tifosi, sponsor e capitali. Tanti sono i circuiti che bussano alle porte di Liberty Media Corporate che si trova nella comoda situazione di poter fare selezione e soprattutto di poter imporre prezzi di ingresso molto elevati.

D’altro canto è un’elementare legge di mercato a sintetizzarlo: in presenza di domanda elevata e di offerta scarsa i prezzi schizzano alle stelle. Stante il limite di 24 gran premi annuali che per essere modificato ha bisogno di un voto ratificato da una maggioranza di 2/3 nella F1 Commission (formata da 30 soggetti: 10 in quota Liberty Media, 10 FIA e 10 team, ndr), ci sono ben poche alternative per trovare una sintesi, considerando che le tappe presenti oggi in calendario hanno tutte più o meno dei contratti in essere tranne Spa Francorchamps il cui accordo con i vertici della categoria scade quest’anno.

In queste condizioni non resta che percorrere la strada che porta alla rotazione dei gran premi. Un meccanismo che non è stato ancora attivato e che potrebbe presentare delle problematiche, come abbiamo spiegato in un nostro scritto recente. Ma, nonostante ciò, quando c’è una richiesta così elevata bisogna contemplare il rischio di attivare un sistema che presenta anche delle controindicazioni.

Ed è quello che pare possa accadere negli anni a venire, quando la proprietà della Formula Uno e la FIA dovrebbero finalmente implementare un campionato su base regionale per evitare sprechi e per razionalizzare una volta e per tutte la logistica che è una delle prime voci di spesa dell’intera categoria.

Mohammed Ben Sulayem (n°1 FIA) e Stefano Domenicali (CEO di Liberty Media) a colloquio con Helmut Marko

F1: la Francia vuole rientrare in calendario

Tra chi vuole assumersi questo rischio per rientrare in Formula Uno evitando di starsene con le mani in mano a fare da spettatore mentre altre nazioni e altri circuiti vedono i bolidi sfrecciare c’è Jean Alesi, neo direttore del circuito del Paul Ricard che quest’anno resterà a bocca asciutta dopo l’estromissione dal calendario.

Il tracciato di Le Castellet ha scontato l’incompatibilità con i parametri imposti da Liberty Media. La proprietà della F1 pretende che i circuiti rispettino alcune caratteristiche che vanno dalla logistica dell’accoglienza, ossia la capacità di far affluire e defluire il pubblico (il Paul Ricard è molto problematico da questo punto di vista, basta avervi messo piede una volta per essere scoraggiati a vita), alla possibilità di creare eventi correlati al gran premio. Che talvolta diventano ancor più centrali della gara stessa.

Per questa ragione il baricentro della Formula 1 si sta spostando verso quei circuiti che hanno la possibilità di organizzare una serie di eventi correlati da tenersi nel bel mezzo di aree a spiccata vocazione commerciale. Da qui la necessità di trovare sempre di più tracciati cittadini che sembrano essere lo standard del futuro. Le Castellet non possiede queste caratteristiche e, tra l’altro, è lontano dai grossi centri abitati; cosa che scoraggia certi investimenti e la produzione del business annesso.

Ma, nonostante tali limitazioni, gli organizzatori del Gran Premio di Francia – e nella fattispecie i promoter del Paul Ricard – non mollano e pensano a un piano di adeguamento strutturale e chiedono di entrare in quelle rotazioni che Liberty Media starebbe pensando di mettere in campo. 

Jean Alesi, ex pilota della Scuderia Ferrari e ora direttore del Circuito del Paul Ricard

Forse ora in Europa c’è un nuovo modo di avere la Formula 1 che prevede che un paese si alterni con un altro. Questo ci aiuterà a risparmiare denaro e forse Spa, Austria o Imola vorranno ruotare con noi. Tutto è sul tavolo“, ha riferito Alesi in un’intervista al programma Les Fous du Volant.

I problemi che sta incontrando il Gran Premio di Francia non sono però di sola natura logistico-organizzativa. C’è anche la mancanza della volontà politica di supportare i promoter delle gare e di portare la Formula Uno sul territorio nazionale. Lo ha ben spiegato ancora una volta l’ex ferrarista che ha sottolineato la rumorosa mancanza dei vertici della politica transalpina agli eventi che si sono tenuti dal 2018 in poi, ossia quando la F1 è tornata in Francia.

In Formula 1, al momento, ci sono 32 paesi che vogliono organizzare una gara, ma ci sono solo 23 slot nel calendario. La maggioranza deve inginocchiarsi davanti a loro e chiedere di entrare. Non è il caso della Francia. Negli ultimi cinque anni, abbiamo avuto un evento di successo che è passato inosservato ai politici. Non avere il presidente all’evento ci ha ferito. Non è normale che il presidente, il primo ministro o qualsiasi figura autoritaria non sia alla gara. Tutti i paesi usano la Formula 1 per avere un’immagine migliore“.

Vista del Circuito del Paul Ricard

F1, rotazione GP: una politica al ribasso

Al di là della mancanza della politica, lo scenario individuato da Alesi potrebbe essere utile per tenere la Formula Uno ancorata all’Europa che, fino a prova contraria, rappresenta le vere radici culturali della classe regina del motorsport. In un Circus che vede sempre di più il proprio fulcro operativo spostarsi verso altri continenti, il meccanismo delle rotazioni potrebbe servire per tenere in vita il Gran Premio del Belgio, quello di Imola ma anche quello di Monza che di problemi da risolvere ne ha diversi.

Inoltre, il suddetto sistema potrebbe contribuire al ritorno in calendario sia del Gran Premio di Francia di cui stiamo parlando sia di quello di Germania che, con Audi che si affaccerà in F1 dal 2026, potrebbe nuovamente trovare posto nella lista degli eventi. A patto che, come aveva spiegato qualche giorno fa il direttore del circuito del Nurburgring, tutto venga fatto in ottemperanza della sostenibilità economica.

Le richieste di Liberty Media, infatti, comportano l’investimento di laute cifre che in Europa difficilmente si riescono a racimolare. Al di là delle questioni logistico-spettacolari, è forse proprio quella finanziaria la principale ragione per la quale i circuiti storici versano in gravi difficoltà. 

Un Gran Premio da tenersi ogni due o tre anni potrebbe rappresentare quindi una soluzione per non vedere definitivamente sparire la Formula Uno da alcuni palcoscenici. Amaramente, però, constatiamo che si tratterebbe di una politica al ribasso, quasi come se ci si accontentasse mentre si osserva il carrozzone andare verso mete esotiche che poco hanno a che vedere con lo spirito autentico della categoria.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Paul Ricard Circuit

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Diego Catalano