Il presente della Ferrari resta legato al passato. Il dato di fatto si attesta come verità assoluta sulla quale risulta davvero difficile non essere d’accordo. Basti pensare all’ultimo lustro dove il Cavallino Rampante, nonostante tutto, ha prodotto delle vetture che di base avevano tutte le caratteristiche per aspirare al titolo.
Purtroppo però, un mondiale di Formula Uno non si conclude dopo 5 gare e la capacità di sviluppo della monoposto, malgrado le varie limitazioni che la Federazione Internazionale ha imposto, si attesta come requisito fondamentale per lottare sino all’ultima curva di un campionato.
2017, 2018 e 2023, annate dove i progetti tecnici di Maranello sono naufragati sotto i colpi perentori di Mercedes e Red Bull, scuderie capaci di aggiornare costantemente la vettura, massimizzare i risultati e di fatto cancellare i sogni di gloria della Ferrari, incapace di evolversi, confusa, troppo spesso vittima di se stessa.
Ma quali sono i reali problemi della rossa? Perché una squadra così gloriosa alla quale non manca nulla continua a soffrire tremendamente? Ne abbiamo parlato con L’ingegner Mazzola, ospite vip della nostra trasmissione Spit Stop, il podcast “pop” di Formula Uno Analisi Tecnica. L’ex ferrarista ha fatto il quadro della situazione fornendoci varie chiavi di lettura molto interessanti.
“In F1 bisogna saper indirizzare al meglio gli sviluppi. Il tutto nasce da un’analisi di quello che sta succedendo in pista per poi individuare le aree di lavoro più proficue dove profondere i maggiori sforzi. Se questi esami sulla monoposto non sono precisi, però, tu vai a Parigi invece di andare ad Atene. Ci sono situazioni dove si lavora su di un componente individuato come problema potenziale che poi non lo era. Dalla pista devono arrivare indicazioni corrette e soprattutto univoche.”
L’unità di intenti, esattamente come accade in altre discipline, resta alla base di un risultato che accomuna forza e spirito di vari individui. Ciononostante esiste sempre un faro. Una luce che indica il cammino quando l’indecisione fa presenza. Aspetto che in GES manca oramai da troppo tempo, senza il quale, francamente, è difficile pensare che qualcosa possa cambiare a Maranello.
“In pista ci sono tanti dipartimenti: aerodinamica, dinamica del veicolo, data analysis, racing engineering, motoristi e altro. Tutte realtà che devono coincidere ma spesso non trovano accordo. In tale contesto chi prende in mano la situazione? Un direttore tecnico che per me dovrebbe ricoprire anche il ruolo di team principal.”
“Custode di un’esperienza enorme sul campo, dev’essere in grado di scrutare negli occhi le sensazioni del pilota, leggere i dati, avere una visione generale della vettura e saper gestire a 360 gradi le risorse umane. Di certo una cosa non banale poter avere una figura del genere. In Ferrari chi ricopre questo ruolo? Da quanto tempo manca un individuo del genere?”
“Togliendo Ross Brawn chi poteva farlo a Maranello? Ci ha provato Aldo Costa ma lui non veniva dalla pista. Non aveva una chiara autorevolezza nei confronti dei piloti. Pur essendo un grandissimo tecnico qualcosa non ha funzionato. Poi è andato in Mercedes a capo dell’ufficio tecnico, il suo posto perfetto, dove ha realizzato un lavoro strepitoso. Brawn non sapeva disegnare la vettura o mettere apposto l’assetto della macchina. Aveva però una grande visione di insieme. Era nato in pista. Conosceva alla perfezione tutte le situazioni e non potevi raccontargli la cosa sbagliata”.
“Ascoltava e poi decideva la strada corretta da prendere per mettere apposto le cose. Era seguito da tutti senza se e senza ma. Autorevolezza, competenza e capacità manageriale. Sapeva gestire, motivare e trascinare. Un vero leader, insomma, che sapeva portare dalla propria parte i piloti ammaliati dalla sua capacità di lavorare.”
L’attuale status della storica scuderia emiliana non è frutto della mancanza di bravura. Al contrario, come detto, manca una figura chiave di grande esperienza in grado di indirizzare l’ottimo capitale umano e fare quadrato durante i momenti di difficoltà. Ricetta necessaria per tornare a vincere.
“Con una persona del genere (Ross Brawn) anche attualmente, considerando la base tecnica e ingegneristica straordinaria della Ferrari, arriverebbero le indicazioni giuste. Se invece il direttore tecnico non ha mai visto la pista in vita sua il rapporto con il pilota non funziona.
“Ricordatevi sempre un fatto che tra l’altro fu la prima cosa che mi disse Prost quando mi vide: io in quella macchina rischio la mia vita lo sai? Questo significa che tu devi dare il 100% e offrire il massimo della tua competenza esattamente come faccio io al volante. Se tu non sei a quel livello togli performance a me che per di più rischio la pelle e io non lo accetto.”
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari