Formula 1

Organizzazione, politica e pressione gli ambiti di lavoro per la Ferrari

Sembra un noioso ritornello ma troppo spesso, di questi tempi, siamo qui ad interrogarci su cosa la Ferrari deve fare per rimettere in sesto una stagione partita male e che non si è adeguata ai proclami fatti durante l’inverno. Tante potrebbero essere le soluzioni ai diversi problemi che il team di Maranello incontra ormai con troppa frequenza.

La Ferrari, per tornare ad essere un soggetto forte, deve ristrutturare se stessa da un punto di vista organizzativo, non c’è altra soluzione. Questa cosa può avvenire anche de-italianizzando il team. Sembrerà paradossale perché il Cavallino Rampante è un’eccellenza cisalpina, ma forse è proprio il legame solidissimo con il territorio che affligge e mortifica gli slanci verso la vittoria. 

Ferrari: sguardo in Inghilterra per tornare a vincere in F1

La base operativa della Formula Uno e l’Inghilterra, con buona pace di altre teorie. Tutti i team, eccezion fatta per Ferrari, in parte AlphaTauri che dipende in molte cose da Red Bull, e Haas, che è legata a doppia mandata a Maranello, tutti gli altri soggetti hanno le loro sedi operative in un raggio geografico molto ristretto. E quest’area è appunto in Gran Bretagna. È là che giacciono competenze, know-how e risorse umane. Ma anche metodi operativi validi.

La sede powertrains Mercedes sita a Brixworth

Mercedes, un competitore tedesco, non a caso è impiantata a Brackley. Red Bull, una franchigia austriaca, di casa a Milton Keynes. E stiamo parlando delle due scuderie che hanno letteralmente monopolizzato gli ultimi 15 anni di Formula Uno lasciando le briciole a tutti gli altri attori.

La Ferrari di Todt, la stella polare che Vasseur deve e forse vuole rincorrere, era più britannica di quanto si potesse immaginare. Il manager francese, difatti, si affidò al gruppo che fece grande la Benetton che aveva la sua base ad Enstone. Rory Byrne, capo aerodinamico, e Ross Brawn, direttore tecnico, furono le due figure di riferimento di “scuola british” che seppero risollevare le sorti di una scuderia azzoppata. 

Qualche settimana fa, intervenuto sulla questione, Flavio Briatore, un italiano che in Gran Bretagna ha fatto cose molto buone, ha spiegato che il Cavallino Rampante deve non solo instaurare una mentalità di stampo inglese per poter giocare laddove è necessario farlo, ma deve anche fare una massiccia campagna di recruiting per portare competenze d’oltremanica alla causa. 

Il manager piemontese aveva portato come esempio ciò che ha fatto l’Aston Martin che si è resa protagonista di un rastrellamento di esperti compiuto soprattutto a spese della Red Bull, per quanto riguarda gli aerodinamici. Una mossa con la quale ha fatto uno scatto deciso da un anno all’altro. Roba che in Formula Uno vediamo molto molto raramente. 

Flavio Briatore, ex team principal di Formula Uno

Pedro de la Rosa, uno che le cose rosse le conosce essendo stato collaudatore nel biennio 2023-2014,  si è concettualmente espresso più o meno come Briatore  quando ha alluso alla Ferrari come un ambiente difficile in cui non è semplice gestire la pressione che la stampa e i tifosi impongono e che aumenta quando, come accade oggi, i risultati non arrivano.

Uno dei motivi per cui gli stranieri fanno bene in Ferrari è perché non sono così influenzati dalla stampa italiana, soprattutto perché non la capiscono”, ha spiegato lo spagnolo a F1 Nation. “Un conto sono gli stranieri, ma gli ingegneri italiani, i meccanici e tutto il personale sentono particolarmente la pressione. Non si tratta solamente della lingua, ma del significato profondo della Ferrari”.


Ferrari e quell’incapacità di creare politici capaci

Ferrari dovrebbe anche essere in grado di giocare su un altro tavolo, ossia quello della politica, perché per vincere non è necessario saper creare solo una monoposto all’altezza, reggere alla pressione nei momenti difficili, come spiegato da Briatore e Pedro de la Rosa, ma anche essere abile ai tavoli sui quali si scrivono le regole della categoria.

Maranello ha spesso mostrato un’inadeguatezza nello stare seduti in determinate sedi. Mercedes, grazie a Dieter Zetsche, seppe invece convincere sia la Federazione Internazionale che la proprietà (all’epoca nelle mani di Bernie Ecclestone, è bene ricordarlo quando il vegliardo ex manager si scaglia contro la categoria attuale che egli stesso ha contribuito a creare), ma anche gli altri motoristi ad andare verso una strada che la Stella a Tre Punte aveva già cominciato a tracciare qualche anno prima. Da lì il grande vantaggio che il team potette sfruttare negli anni successivi.

Molto tempo è servito alla concorrenza per colmare quella distanza ed è chiaro che i trionfi sportivi dipendono direttamente da quel quadro normativo impostato con tanta cura. Quindi bisogna togliersi il cappello dinanzi a chi ha saputo operare sul doppio binario tecnico-politico.

Cosa che la Ferrari non ha saputo fare all’inizio degli Anni Dieci. E che sembra tuttora non saper approcciare. Emblematico è il caso della Direttiva Tecnica 039 e delle modifiche regolamentari che ne sono scaturite nel 2023. Maranello era in una posizione effettivamente buona da un punto di vista tecnico durante la stagione scorsa, ma le novità sono andate ad erodere parte del vantaggio che il team aveva acquisito.

Benedetto Vigna, amministratore delegato della Ferrari S.p.a.

Chiaramente, bisogna rifuggire dall’idea che sia solo questo l’elemento per il quale la Ferrari è arretrata nel corso del mondiale 2022. Perché tanti errori sono stati commessi sia nella gestione sportiva della squadra, sia sul fronte dell’affidabilità che è stata deficitaria ed ha rappresentato uno dei motivi più seri e limitanti per i quali il team è stato superato, distanziato e “bastonato” dalla Red Bull.

Benedetto Vigna e John Elkann, più che operare rivoluzioni interne improvvisate e uterine, debbono mettere in condizioni chi opera nella gestione sportiva di poter avere un punto di vista forte ai “tavoli” regolamentari. In soldoni e senza lanciarsi in analisi chilometriche, Ferrari deve ritrovare quello spirito che seppe costruire Jean Todt quando fu investito del compito di ristrutturare la GES e di riportarsi al centro del villaggio della Formula Uno. Una sfida che Frédéric Vasseur pare aver raccolto, ma per vincere la quale serviranno tempo, energie e pazienza. Anche quella dei tifosi.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG

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Diego Catalano