In McLaren sicuramente sognavano un avvio di mondiale di Formula Uno diverso. Nel primo appuntamento iridato, per trovare la prima MCL60, la vettura il cui nome ricorda il sessantesimo anniversario della fondazione della squadra inglese, dobbiamo scorrere la classifica fino ad arrivare in diciassettesima posizione. È lì che è giunto Lando Norris dopo una gara di patimenti, con ben sei soste ai box resesi necessarie per caricare l’impianto dell’aria che continuava a perdere pressione. Peggio ancora era andata al debuttante Oscar Piastri che ha avuto noie che lo hanno costretto a chiudere anzitempo l’evento.
Nel secondo round le cose non sono andate affatto meglio. Il rookie australiano è arrivato in quindicesima piazza con un distacco siderale di ben 85 secondi dal leader Sergio Perez. Norris ha replicato la diciassettesima piazza finale con un gap dal compagno di squadra di poco più di un secondo che non gli è bastato per sopravanzare Logan Sargeant.
Qualche segnale di ripresa si è riscontrato nel Gran Premio d’Australia nel quale troviamo le due MCL60 in sesta e ottava piazza, rispettivamente con Norris e Piastri. Un risultato incoraggiante, ma che vive delle particolarità di una gara nella quale la direzione, con decisioni che ancora fatichiamo a capire, ha artefatto il normale corso degli eventi. Non possiamo quindi parlare di una rimonta tecnica ma piuttosto di fatalità amiche che hanno contribuito a dare un’iniezione di fiducia agli uomini di Woking.
I vertici della scuderia che possiamo ormai ritenere una nobile decaduta considerando la parabola che ha intrapreso da diversi anni a questa parte, si sono resi conto che servono soluzioni drastiche per uscire da un momento difficile che si scontra con le ambizioni di Zak Brown che il team inglese l’ha acquisito non per figurare, ma per cercare di issarsi in testa alla F1.
Ecco che, dopo il GP dell’Arabia Saudita, la scuderia ha annunciato la rimozione del direttore tecnico James Key sostituito da un triumvirato di specilisti: Peter Prodromou (aerodinamica), David Sanchez (concetto e prestazioni della vettura) e Neil Houldey (ingegneria e design). Uno step ulteriore di una rivoluzione che era cominciata con l’addio di Andreas Seidl di cui Brown aveva avuto sentore già durante il corso del 2022.
Il dirigente statunitense, infatti, ha spiegato come già nella passata stagione si stesse lavorando alla ristrutturazione della squadra individuando la figura di Andrea Stella come successore del manager che ora è passato in Sauber per preparare il campo all’Audi che diverrà partner strategico della realtà elvetica. I cambiamenti messi in cantiere si sono rivelati necessari proprio a causa dei problemi avuti nel 2022 che è l’anno sul quale McLaren aveva puntato tutto per riscattarsi.
Le nuove wing car, supportate da regolamenti tecnici inediti, dovevano essere quell’espediente per consentire al team, in un sol colpo, di serrare il distacco dalle scuderie che dettavano il passo. Invece la vettura dell’anno passato è stata un mezzo disastro. Una macchina afflitta da problemi gravi ai freni risolti con molta fatica e con troppa lentezza (anche per questo ha pagato Key) e caratterizzata da un concept aerodinamico incapace di produrre solide prestazioni.
Il modello 2023 non si sta smarcando da quella linea di continuità visto che possiamo definirlo una delle delusioni del campionato attuale. In effetti, osservando quanto avevano fatto le squadre rivali, la parabola di sviluppo della vettura 2022 era apparsa troppo lenta. La MCL60, doveva rappresentare una risposta potente a questa piattezza tecnica. Ma così non è stato. Per tale ragione Zak Brown ha deciso di ricostruire le figure apicali puntando su Andrea Stella col quale ha stabilito la rimozione di Key e la creazione di una triade tecnica che lavori con altri strumenti e con ben altra velocità rispetto allo staff che l’ha preceduta.
La McLaren è ormai una scuderia organizzativamente ben strutturata, quindi ha la forza per affrontare un periodo di cambiamento come quello cui sta andando incontro. Stella, ancora, ha tutto il supporto della dirigenza per poter operare la sua ristrutturazione che è partita dall’ingaggio di David Sanchez che, un po’ a sorpresa, ha lasciato la Ferrari in corso d’opera.
Zak Brown è consapevole che il suo team è a una sorta di anno zero, perché gli effetti di tutto questo rimescolamento non potranno essere giocoforza immediati, ma servirà del tempo per strutturare l’azienda e per vedere i primi frutti del nuovo paradigma operativo. Con un regolamento tecnico incatenante e con la limitazione delle ore di sviluppo e del budget cap è più difficile recuperare nel breve periodo.
La riscrittura dei ruoli tecnici era un atto ormai necessario per spezzare inerzie nocive. Il manager americano, in una recente intervista, si è assunto la responsabilità di questa mega operazione spiegando che il suo approccio non è stato unilaterale, ma è stato bensì aperto perché ha ascoltato tutte le forze del suo team e con i dirigenti ha deciso di sparigliare le carte e andare a bomba su un nuovo modello che deve abbinarsi con altri due scenari che si concretizzeranno nei prossimi mesi o anni.
Il primo riporta alla creazione della nuova galleria del vento. A Giugno di quest’anno sarà varato ufficialmente il nuovo impianto. Uno strumento necessario, anzi di vitale importanza, per provare a colmare certe lacune. La struttura attuale, seppur ancora efficiente, mostra le classiche problematiche degli impianti meno all’avanguardia. Serve tempo per mandarla a regime ed inoltre le velocità di esercizio sono più basse di quelle che può garantire il nuovo wind tunnel.
Con sempre meno test in pista e con le analisi CFD contingentate, il ruolo della galleria del vento è ancora centrale nella F1. Quindi, nonostante il paventato (ma non ancora confermato) ban dal 2030, rimanere indietro su questo punto significa allargare ulteriormente la forbice da quella cima che Woking vorrebbe raggiungere in un futuro non troppo distante.
Il secondo scenario riconduce alla necessità di trovare un nuovo partner motorista col quale creare un legame più solido di quello che si è generato con Mercedes. Il rapporto con la Stella a Tre Punte potrebbe interrompersi a fine 2025, quando si chiuderà questa stagione tecnica. “È ovvio che, guardando al futuro, si vuole capire cosa c’è a disposizione e non dovrebbe essere una sorpresa”. Queste le parole di Andrea Stella a seguito di un incontro con Chris Horner al centro del quale c’erano le discussioni circa la power unit Red Bull – Ford.
Quella che porta al Red Bull Powertrains di Milton Keynes è un’opzione sul tavolo, ma in questo momento non è la principale. Zak Brown sta provando un altro tipo di sortita che avrebbe ben altra portata è ben altro fascino. La cosa si rende necessaria perché Mercedes, nelle stagioni, ha visto regredire le sue prestazioni e ha osservato quasi passivamente la rimonta dei rivali senza riuscire a mantenere quel vantaggio che è stata una delle chiavi per permettere agli “uomini in grigio” – ora in nero – di imporre il proprio dominio sulla categoria per sette anni e mezzo.
Oggi il propulsore prodotto in quel di Brixworth non viene considerato quello più efficiente e ricco di cavalli. Visto che McLaren-Mercedes non è stata in grado di rinverdire i fasti degli Anni ’90, quando con Mika Hakkinen giungevano titoli mondiali e soddisfazioni, Woking potrebbe andare a ricreare un blocco ancora più suggestivo e avvolto da un’aura mitica: quello con Honda che riporta all’epopea Senna. Non è un mistero che Andrea Stella e Zak Brown abbiano preso contatti con la casa di Sakura che è iscritta al casellario dei motoristi 2026.
Dal quadro su descritto, quindi, è chiaro che McLaren stia vivendo un vero e proprio momento di transizione. Che, per natura, è una fase molto delicata. Tutti i tasselli del puzzle devono andare al proprio posto in maniera puntuale perché si corre il rischio che le speranze di risalire la classifica si tramutino in manovre inadatte a migliorarsi. Serve tempo, questa è la realtà.
Non mancano ambizioni e fondi al team di Zak Brown per potersi strutturare meglio e competere ad alto livello. L’obiettivo è quello di presentarsi al 2026 con tutti gli strumenti idonei per una guerra sportiva che sarà totale visto il coinvolgimento di ben sette motoristi e forse undici scuderie considerando la probabile presenza di Andretti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, McLaren, Honda