Formula 1

Mercedes a lezione tecnica dal “professor” Newey

La Mercedes W14 “B” sta per palesarsi al mondo. Dopo settimane di chiacchiere, congetture, teorie, ipotesi su quale potrebbe essere l’aspetto estetico della monoposto che sarà curata direttamente da James Allison, il momento di vederla all’opera è sempre più vicino. La data individuata è quella del 19 maggio, giorno del primo turno di libere del Gran Premio dell’Emilia Romagna. Ma dei primi step evolutivi potrebbero già cominciare a palesarsi da Baku, come abbiamo riferito l’altro ieri.

Inutile negarlo, la curiosità è tanta. Ovviamente l’attesa cresce perché si vuol capire se la nuova vettura sarà in grado di offrire un livello prestazionale adeguato per battere la Red Bull. Ma l’altro elemento che stuzzica la fantasia è verificare quale sarà l’aspetto estetico. Avrà mantenuto i sidepod ristretti? Molto improbabile. Sarà andata incontro alla filosofia concettuale adoperata dalla Red Bull? Altamente possibile.

Se questo scenario si concretizzasse potremmo dire che in qualche misura Mercedes avrebbe copiato la Red Bull. Il che rappresenterebbe una sorta di onta tecnica per un team che ha scritto la più lunga striscia di vittorie della Formula Uno e che ora deve sedersi al banchetto con atteggiamento di riverente rispetto e mettere in pratica la lezione del professor Adrian Newey.

Mercedes non mutuerebbe soltanto la filosofia che è stata alla base della vincente RB18 e della derivata RB19, assimilerebbe un metodo che Adrian Newey e il suo staff conoscono molto bene, visto che parliamo di un tecnico che non ha mai nascosto di osservare attentamente il lavoro dei competitor per sfruttarlo e renderlo compatibile alle sue idee applicandolo poi alle vetture che concepisce.

George Russell, Mercedes AMG F1

Quante volte l’abbiamo visto aggirarsi ramingo sulla griglia di partenza della F1? Quante volte l’abbiamo osservato, cartella rossa sotto al braccio e sguardo penetrante, gironzolare tra la monoposto della concorrenza in cerca di dettagli, spunti, idee? Illuminazioni. Adrian Newey è un genio è il caso di affermarlo. E come succede agli uomini di intelletto superiore anch’egli manifesta delle stereotipie, delle abitudini che contraddistinguono personaggi che diventano entità eternamente riconoscibili.

L’ingegnere di Stratford-upon-Avon è un professionista d’altri tempi, figlio di una scuola fatta ancora di fogli bianchi, matite e gomme per cancellare; pagine sulle quali si imprimono idee che successivamente saranno sviluppate con i moderni sistemi di progettazione. L’incessante necessità di curiosare tra le macchine avversarie per analizzare determinati particolari in 3D – laddove non stuzzica l’acume la semplice foto rubata – è la linfa che alimenta il processo creativo di uno specialista che ha firmato auto ultra-vincenti.


Red Bull: l’arte dello spiare scientificamente gli avversari

E’ lo stesso Adrian Newey che ammette la pratica dell’ispirarsi agli altri. E ne spiega le virtù. Attenzione però: Red Bull non scopre l’acqua calda. Ogni scuderia ha tecnici preposti alla morbosa osservazione dell’avversario. Ogni team scruta, vaglia, viviseziona le monoposto della concorrenza. E lo fa sia per carpirne i segreti sia per trovare qualcosa che possa infrangere le regole. Ma a Milton Keynes il “voyeurismo tecnico” è una filosofia sublimata ai massimi livelli.

Tutte le squadre hanno il proprio fotografo che invia centinaia di scatti dei nostri concorrenti ad ogni fine settimana. Personalmente mi piace di più guardare le macchine perché puoi girarci intorno e vederle in 3D, visto che le due dimensioni sono uno dei limiti delle fotografie“. Con queste parole Newey spiegava il suo approccio al lavoro altrui.

il britannico Adrian Newey – Oracle Red Bull Racing

L’ingegnere afferma l’importanza di un’osservazione sul campo, come fosse un etnografo calato all’interno dell’oggetto di studio: “Penso che sia una sorta di pigrizia quella di non voler stare all’infinito a guardare le fotografie dei concorrenti. E’ più facile per me andare in giro e vedere quali parti catturano la mia attenzione e che possono essere la base per un concetto da introdurre sulle nostre auto“.

L’auto come oggetto di studio, quindi. Newey ritiene decisivo anche l’opera di contemplazione della propria vettura: “In effetti, quando l’auto è in garage, trascorro molto tempo a guardarla“. E’ evidentemente quello il momento in cui gli elementi visti su altre monoposto iniziano ad amalgamarsi con l’auto del proprio team.

Ancora Newey: “Cerco di guardare da diverse angolazioni. Mi domando cosa stiamo facendo e cosa stanno facendo le altre squadre e vedere se questo stimola qualche idea. Che potrebbe non essere necessariamente solo una copia diretta“. Quest’ultimo passaggio riferito qualche tempo fa a “The Talking Bull” è decisivo perché manifesta chiaramente il modus operandi dello scafato ingegnere: osservare per ispirarsi. Perché in F1 la copia pedissequa non funziona.

Un pezzo di una vettura, in soldoni, non necessariamente si sposa con un’altra. L’equilibrio aerodinamico e meccanico di una monoposto è sottilissimo. La sagacia di un tecnico sta nel riuscire a capire lo spirito di un elemento esogeno e applicarlo al proprio progetto. Una cosa in cui Newey è un vero artista.

Prendere un’idea esterna e farla funzionare su una macchina figlia di una filosofia concettuale diversa non è un’operazione semplice. Nel 2020 Newey aveva apportato delle modifiche al retrotreno di chiara ispirazione Mercedes W11. Col modello 2021, la vincente RB16B, il processo si è ulteriormente affinato. Un concetto postulato dal team campione allora del mondo “copiato” da Red Bull e che sembra essere addirittura più efficace del modello originale.

il giovane talento di Hasselt, l’olandese Max Verstappen (Red Bull Racing Honda), a bordo della sua RB16B numero 33 in uscita dalla Roggia durante il fine settimana del Gran Premio d’Italia edizione 2021

Facciamo un ulteriore passo indietro per spiegare la modalità operativa di Newey. Anno 2017. GP di Singapore. Una gara di F1 che molti ricordano per il gran pasticcio della partenza nella quale le due Ferrari e la Red Bull di Verstappen si fecero fuori agevolando la vittoria di Lewis Hamilton che poi ebbe la strada spianata verso il titolo dopo una prima parte di campionato in cui la Rossa aveva dato filo da torcere agli anglo-tedeschi.

Vettel si prese d’autorevolezza la pole della gara infliggendo un distacco di quasi quattro decimi alla Red Bull dell’olandese piazzatosi in prima fila. Appena sceso dall’auto il tedesco si avvicinò alla RB13 e si mise a guardare la zona dei bargeboard. Con un gesto abbastanza plateale invitando le telecamere ad inquadrare la vettura austriaca, fece intendere che quelli di Milton Keynes avevano copiato di sana pianta alcune soluzioni della SF70H. “Questi sono come i nostri. Non sembrano una copia della nostra macchina?” disse il tedesco osservando il particolare.

In effetti il quattro volte campione del mondo si riferiva ai deviatori di flusso montati ai lati delle pance della RB13 che avevano una marcata somiglianza con quelli introdotti sulla Ferrari sin dall’inizio del campionato 2017.

Due casi di specie, quello dei succitati bargeboard e quello delle sospensioni posteriori, che spiegano l’approccio di un’equipe di lavoro che naturalmente non basa il proprio agire sulla copia istituzionalizzata. Newey, è bene specificarlo a chiare lettere, viene ricordato innanzitutto per le idee rivoluzionarie che ha introdotto in F1 e che sono diventate, esse, fonte di ispirazione per altri ingegneri.

Questa capacità di innovare e di essere punto di riferimento, mixata al saper cogliere spunto dal lavoro altrui, è un modello peculiare che ha pochi eguali nel motorsport. Un tratto distintivo dell’operare di Adrian Newey che dimostra di essere una persona di grande umiltà, pronta a “rubare” idee altrui nonostante la sua indiscussa genialità che lo rende uno dei tecnici più famosi ed influenti di sempre.

il settantanovenne austriaco Helmut Marco, consulente del team Oracle Red Bull Racing

Mercedes a scuola Red Bull: insegna il prof. Newey

Ora Mercedes deve essere in grado di copiare chi copia. Il paradigma imposto dagli uomini di Milton Keynes è stato utilissimo negli anni a produrre macchine di un certo livello. ha bisogno di uscire dalle difficoltà tecniche e davanti a sé ha un percorso ben tracciato che deve cominciare a seguire. Questa è l’idea di Helmut Marko che, forse anche volendo stuzzicare un po’ la controparte, afferma che non c’è nessun tipo di vergogna nel dissetarsi dalla fonte dei più forti.

Copiare è un’attività quotidiana in Formula 1 e non c’è nulla di disonorevole in questo”, ha affermato Marko al microfono di Sport Bild. “Questo mestiere consiste nell’avere la macchina più veloce possibile e nel celebrare i successi che si ottengono. Non si possono accettare anni di prestazioni insufficienti perché si è troppo orgogliosi per ammettere che altri hanno fatto un lavoro migliore”. 

L’uscita di Marko è tipica di chi è consapevole della propria forza. In Red Bull si sentono ormai un punto di riferimento concreto. E la consapevolezza di sé è cresciuta dopo aver superato in maniera brillante le difficoltà rappresentate dalla penalità ottenuta per l’infrazione del cost cap e dalle già previste limitazioni scaturenti dal balance of performance tecnico. Adrian Newey ha dribblato in scioltezza i paletti che s’è trovato dinanzi al suo cammino e ha prodotto una vettura, la RB19, che potrebbe essere in grado di riscrivere i record che ha stabilito la sorella maggiore.

Dinanzi a una situazione del genere vi sono due strade: la prima è quella di percorrere un percorso tecnico esclusivo, come Mercedes ha provato a fare con il concetto zero sidepod senza però ottenere risultati. La seconda è adeguarsi a ciò che hanno fatto i migliori. E pare che, dopo oltre un anno, anche a Brackley abbiano capitolato andando incontro alla filosofia concettuale identificata da Milton Keynes.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, Oracle Red Bull Racing, Mercedes AMG

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Diego Catalano