Il Gp d’Azerbaijan ha offerto diversi spunti di riflessione, come normale che sia per ogni evento che compone il calendario della F1. Uno di questi ha visto protagonista Esteban Ocon che, rientrato ai box per effettuare il pit stop, si è visto pararsi innanzi un muro di persone. Fotografi, perlopiù, che stavano appropinquandosi verso l’area del podio per seguire la cerimonia di premiazione di Sergio Perez, Max Verstappen e Charles Leclerc.
Un elemento di una gravità inaudita che poteva generare ben altri problemi e che per fortuna viene derubricato a fatto minore. Ma ciò che colpisce di questo evento, oltre alla sicurezza accartocciata e gettata via come un foglio scarabocchiato, è che il francese era andato ai box per il suo primo stop dopo essere partito con gomma Hard senza mai fermarsi. Insomma, per farla breve, il pilota della Alpine aveva disputato i 300 chilometri della gara col medesimo set di pneumatici Pirelli a banda bianca.
E questa l’idea di competizione che la Formula Uno vuole dare? Più che uno sport competitivo la massima serie dell’automobilismo sembra essere diventata un’accademia di management. Il francese è il caso estremo del Gran Premio dell’Azerbaijan, ma anche altri piloti hanno mostrato la stessa tendenza ad amministrare piuttosto che ad aggredire che è ciò che dovrebbe fare un driver di Formula Uno.
Qualcuno potrebbe dire che la safety car ha modificato il piano tattico, ma non è così. Perché, ad esempio, Lewis Hamilton ha cambiato le sue gomme al passaggio numero nove, prima che la vettura di sicurezza facesse capolino in pista. Cosa che, tra l’altro, ha distrutto la gara dell’inglese che si è ritrovato molto penalizzato dal rimescolamento delle posizioni.
Verstappen ha switchato allo pneumatico duro al passaggio numero dieci. Gli altri protagonisti, da Perez a Leclerc passando per Alonso e Sainz, l’hanno montato nella tornata successiva. Ebbene, tutti sono arrivati in fondo e tutti non hanno accusato particolari problemi. Ad un certo punto, ascoltando i team radio, si potevano percepire comunicazioni votate all’estrema tranquillità. Nessuno, infatti, si lamentava di problemi eccessivi o alludeva all’overheating, che era uno dei grandi spauracchi di questo gran premio, come abbiamo raccontato nella nostra anteprima.
Dopo che la vettura guidata da Bernd Mayländer ha preso la via della pit lane i piloti in pista hanno lavorato sull’apertura di un gap di sicurezza da chi seguiva per scongiurare l’attivazione del DRS. Focalizzandoci sulle posizioni di avanguardia, possiamo osservare come Verstappen non sia stato mai seriamente in grado di impensierire Sergio Perez. Leclerc, terzo al traguardo, è stato sempre molto lontano dall’olandese, salvo poi provare a fare il giro veloce negli ultimi passaggi, ad indicare che la gomma era ancora viva, vegeta e prestazionalmente valida.
Stessa cosa ha fatto Fernando Alonso che è stato costantemente tra i due e i tre secondi alle spalle del pilota monegasco. Scorrendo ancora all’indietro la classifica, Sainz è l’unico pilota che ha avuto qualche piccolo grattacapo a guardarsi dagli assalti di Lewis Hamilton che più di una volta, è riuscito a entrare in zona DRS senza poi aver potuto aggredire data la bassa velocità di punta espressa dalla Mercedes W14.
Quel che ha colpito è che negli ultimi passaggi i primi quattro si siano rubati vicendevolmente e più volte il giro veloce con un compound che aveva sulle spalle circa 40 tornate. Segno che l’effetto dei serbatoi vuoti si faceva sentire e che la gomma non aveva subito un degrado così pronunciato da far scadere drasticamente le prestazioni. La sensazione è che i piloti sarebbero potuti andare avanti ancora per diversi giri con lo stesso set di coperture.
Uno scenario totalmente diverso rispetto a quello che si è verificato nel 2021, quando Lance Stroll e Max Verstappen dovettero dire addio alla gara a causa di gomme che cedevano in pieno rettilineo. Forse è proprio da quei momenti potenzialmente drammatici che sono arrivate scelte più conservative da parte del gommista. Pirelli che, in realtà, non ha definito autonomamente le specifiche, ma ha seguito le indicazioni di Liberty Media e della FIA.
Ed è qua che sta il problema: chi governa la F1, con le sue richieste, sta rendendo la categoria ancora più monotona e monocorde, eliminando quella quota di spettacolo determinata dall’incertezza che si può avere in presenza di compound che non sono in grado di reggere troppi giri. Ecco che il Gran Premio dell’Azerbaijan si è trasformato in una sorta di gara endurance in cui l’ha spuntata chi ha gestito meglio le gomme.
I vertici della serie dovrebbero riflettere attentamente su questa dinamica e tenerne conto nel momento in cui si andranno a definire le nuove specifiche che verranno richieste ai gommisti che hanno fatto domanda di accesso in Formula Uno. Una categoria che, tra le altre cose, già sconta la presenza del DRS, uno strumento che continua ad alimentare uno spettacolo di plastica costruito da piloti che preferiscono comodamente aspettare di poter utilizzare l’ala mobile piuttosto che lanciarsi immediatamente in una manovra di sorpasso.
Che senso ha modificare costantemente i format dei weekend di gara trasformando le sessioni di libere in eventi che determinano griglie di partenza e assegnano punti se manca l’adrenalina e se i condicenti debbono trasformarsi in ragionieri? C’è la sensazione che le novità introdotte dalla proprietà siano monche, inespresse, incompiute. La continua ed ottusa presenza del parco chiuso non dà la possibilità di mettere mano agli assetti delle vetture. Questo è un grosso limite e lo abbiamo visto nelle due qualifiche perché non si è osservata una differenza valoriale tra quella canonica e la sprint shootout.
Stessa cosa osservatasi in gara: le risultanze espresse al sabato pomeriggio sono le medesime che si sono potute apprezzare nel GP domenicale. Tra le altre cose, i piloti non avevano potuto testare la mescola hard e l’hanno utilizzata quasi alla cieca capendo che poteva arrivare fino in fondo e che, probabilmente, poteva disputare altri tre gran premi di Baku.
Uscendo dalla provocazione e chiudendo questo scritto è evidente che chi determina la governance della Formula Uno deve prodursi in più attente valutazioni di certi aspetti perché rischiano di trasformare un format potenzialmente esplosivo in un fuoco artificiale dalle polveri bagnate. Che è quello che abbiamo “apprezzato” ieri. Alzi la mano chi ha provato piacere a vedere un trenino durato 51 giri. Una noia mortale.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Pirelli Motorsport