Archiviata Baku dobbiamo chiederci cosa per Ferrari sia cambiato nella gestione della gara. Innanzi tutto alcune precisazioni vanno necessariamente anteposte all’analisi. Già dalla scorsa annata abbiamo visto come la rossa sembri digerire agevolmente la pista che sorge sulle rive del Mar Caspio. Inoltre, non è un mistero, Leclerc ha da sempre mostrato un feeling particolare su questa pista sin dalle formule minori.
Il quesito più gettonato sulla SF-23 riguarda la differenza prestazionale tra qualifica e gara che, in Azerbaijan, è parsa senza dubbio minore. Il parco chiuso vieta ai meccanici di intervenire sulla messa a punto della vettura dopo la qualifica. Disponibili solo piccoli aggiustamenti aerodinamici inerenti alla downforce sviluppabile sull’anteriore per bilanciare, se necessario, il carico tra i due assi. L’unico parametro che muta, pertanto, è il carico di carburante.
In Ferrari hanno provato diverse strade cambiando addirittura il fornitore di alcune parti meccaniche al retrotreno. Provvedimento che però non ha risolto il problema. Grattacapi peraltro condivisi con Mercedes che, tramite James Allison, rese note alcune modifiche su questi elementi interni che il team di Brackley avrebbe messo in atto durante la pausa primaverile.
Lo scopo, appunto, era proprio quello di variare il loro comportamento a carichi differenti. Strada percorsa parallelamente anche dal team italiano che attraverso questa scelta di impostazione sommata a uno studio mirato sull’assetto prodotto dalle molte ore di lavoro spese al simulatore, è riuscita a diminuire il delta prestazionale tra giro secco e long run.
Prima di proseguire nello scritto e arrivare alle conclusioni vale la pena fare chiarezza su alcuni concetti. In linea generale, asserire con certezza che la SF-23 debba correre “sempre rigida” risulta alquanto semplicistico e non ricalca la verità assoluta. Se questa fosse l’unica tematica che limita la rossa nell’amministrazione dei compound e, di riflesso, nella gestione del passo gara, tale scenario si incaricherebbe altresì di inficiare negativamente sulla performance in qualifica che al contrario risulta molto buona.
Senza dubbio l’impostazione high fuel ha creato non pochi problemi al Cavallino Rapante, essendo la vettura di Maranello molto sensibile sotto tale aspetto, degradando parecchio le gomme. Tuttavia, osservando attentamente la dashboard del volante Ferrari attraverso gli on board, unitamente ai commenti di piloti e ingegnerei, possiamo dire che questo fenomeno nasceva in gran parte nelle fasi di accelerazione nel settore centrale di Baku.
Di conseguenza la temperatura sull’asse posteriore saliva costringendo gli alfieri della rossa a un continuo lavoro di “saving” per rientrare nella corretta finestra operativa delle coperture. Parliamo, perciò, di un degrado termico per mancanza di grip piuttosto che un consumo fisico determinato dal solo assetto sospensivo.
Si cerca il “segreto” della Red Bull nell’amministrare le gomme menzionando le sospensioni anti-dive e anti-squat, tematica ancora non molto chiara ai più. Al contrario di quanto di possa pensare, infatti, questo fattore non porta grossi vantaggi sulla gestione delle “calzature” Pirelli anzi, per contro, esasperare questo concetto vorrebbe dire ridurre il trasferimento di carico abbassando il grip della vettura.
Quello che senza dubbio sta offrendo una marcia in più alle due RB19 è lo studio svolto sulla dinamica del veicolo, attraverso un gruppo di lavoro davvero preparato che da tempo è in grado di fare una netta differenza a livello prestazionale. Questa sembra essere la vera forza, non la mera capacità di gestire la transizione tra qualifica e gara.
Tornando alla Ferrari, imbarcando 100 kg di benzina la risposta non lineare dei sistemi sospensivi risulta differente, fattore che ha la facoltà di determinare altezze diverse e fuori dal range ottimale preposte dal progetto. Ovviamente, in configurazione high fuel, gli organi interni lavorano con dei carichi maggiori rispetto alla sessione classificatoria.
Il problema va quindi ricercato nelle reazioni non lineari dei singoli elementi. Con un carico imposto maggiore la risposta sospensiva non è quella voluta e, di conseguenza, la posizione del fondo non resta all’interno del range stimato dal progetto. A questo va sommata la mancanza endemica di spinta verticale, accentuata dalla necessità di scaricare ulteriormente la vettura per limitare il gap velocistico che la SF-23 patisce sulla Red Bull, auto super efficiente a livello aerodinamico.
In definitiva, per riassumere quanto detto, Ferrari sta svolgendo un duro lavoro per cambiare la risposta interna degli elementi sospensivi interni, le cui mansioni sono di cruciale importanza per determinare la cinematica del fondo. L’obiettivo finale è quello di ottenere una posizione più stabile del pavimento durante la marcia e, conseguentemente, generare il giusto quantitativo di spinta verticale che possa diminuire il degrado delle gomme appiattendo il delta prestazionale tra qualifica e gara.
Autori: Alessandro Arcari – @berrageiz – Niccoló Arnerich – @niccoloarnerich
Immagini: Scuderia Ferrari – Oracle Red Bull Racing