Sarebbe comodo se ogni processo di ristrutturazione fosse lineare e preordinato e non presentasse i classici intoppi che la realtà, in maniera beffarda, impone quando un programma da teorico diventa operativo. Spesso, per fare due passi in avanti, bisogna compierne uno indietro. Il ragionamento vale in ogni ambito e si addice anche alla Ferrari che è nel pieno di riassetto tecnico-organizzativo.
Il cammino di mutazione della Gestione Sportiva è partito durante il 2022, quando fu chiaro che Mattia Binotto aveva i giorni contati a Maranello. E’ logico ritenere che le difficoltà palesate dalla SF-23 siano anche figlie di uno “spiazzamento” dirigenziale che si è verificato nel periodo di transizione tra il manager di Losanna e Frédéric Vasseur.
Le prime cinque gare del campionato sono una fotografia impietosa: la Ferrari, unita alla Mercedes, rappresenta la delusione di questo inizio 2023. Maranello non è riuscita a fare ciò che Aston Martin ha costruito in un anno recuperando oltre due secondi in termini di performance pura.
Alcuni organi di stampa, in uno slancio ottimistico ed evidentemente irrealistico, avevano attribuito alla SF-23 guadagni di oltre un secondo al giro. Inutile stare qui a sciorinare cifre e dati. I numeri sono sotto gli occhi di tutti, parlano chiaro e dicono altro.
E’ come se in questa fase Vasseur, oltra a dover dare corso all’efficientamento della GES, dovesse anche mettere insieme i cocci derivanti dalla delusione per l’ennesima stagione di passaggio che a fatica si sta provando a rimettere sui binari della competitività.
Ogni team di Formula Uno è un orologio nel quale tanti meccanismi devono funzionare all’unisono. Per quanto il capo della Gestione Sportiva possa essere il grande orchestratore, l’architetto che tiene il tutto insieme facendolo funzionare al meglio, non può essere lasciato solo in questa operazione gravosa che si muove sul sottile filo che divide la gloria dal fallimento.
Chi potrebbe supportare Vasseur nella sua opera? L’idea, che può avere il gusto della provocazione, arriva dall’Inghilterra. Ma, ragionando senza rigidi paletti mentali, la congettura non sarebbe poi così campata in aria anche se non vi sono gli elementi per renderla concreta. Si parta dall’assunto che Vasseur è un organizzatore e non un tecnico. Nel precedente “regno” c’era un ingegnere che fungeva da riferimento tecnico e da capo della GES.
Un accorpamento di posizioni che non ha funzionato e che oggi è stato scisso, anche se c’è una certa fumosità nell’individuare con precisione il capo del comparto tecnico. Damon Hill, riferendosi a questa particolare situazione, ha riferito che Ferrari è forse stata un po’ troppo “leggera” nel far partire Binotto che sarebbe potuto essere un utilissimo braccio destro di Vasseur potendo operare nel suo ambito di conoscenza senza dover divagare in questioni logistiche, sportive e politiche.
“Quel ruolo non gli si addiceva”, ha suggerito Hill parlando di Binotto al podcast F1 Nation. “Non credo fosse la giusta posizione per lui. Binotto è un tecnico e credo fosse anche una figura molto importante per la squadra. Possiede un enorme talento. Fosse per me lo richiamerei e gli lascerei gestire tutto l’aspetto tecnico”.
Il campione del mondo 1996 sa perfettamente che sta postulando uno scenario immaginario che viene comunque descritto per mostrare quanto, nel suo giudizio, sia stato paradossale l’addio ad un figura professionalmente preparata come quella che risponde al nome di Mattia Binotto:
“Non so quanto questa ipotesi sia politicamente possibile. Sono rimasto sorpreso dal fatto che la Ferrari non ci abbia pensato subito cercando un modo di far convivere Binotto e Vasseur all’interno dello stesso stabilimento. Credo che con Fred sarebbe stato possibile. Comprende bene come funzionano questo genere di cose”.
Il ragionamento di Hill è totalmente congetturale ma non per questo passibile di censura logica. Nella fase storica che sta attraversando il Cavallino Rampante, piuttosto che perdersi dietro accuse ai limiti dell’assurdo (come quelle proferite da chi mette i piloti sul banco degli imputati) e nell’inseguire colpevoli in contumacia (Binotto) con tutto il corollario di polemiche che si leggono in relazione ad un team mediaticamente sovraesposto, sarebbe il caso di fare gruppo e di cercare di capire come superare le difficoltà.
Non ne avremo mai la riprova fattuale, ma una Ferrari bicefala caratterizzata da un lavoro specializzato puntualmente diviso avrebbe potuto accelerare il processo di solidificazione di una realtà che da troppi anni vede figure di rilievo – dall’amministrazione al comparto strategico passando per quello tecnico – avvicendarsi senza seguire uno schema ben preciso e soprattutto coerente.
Questo scritto non intende rivalutare il lavoro svolto da Binotto in Ferrari che, su certi aspetti, è stato lacunoso ed incompatibile con le necessità di vittoria di una scuderia gloriosa che vuole rinverdire certi fasti lontani. E’ solo il tentativo di osservare la realtà da un’altra angolazione e di sottolineare come il know-how specifico di un ingegnere motorista poteva essere utile nel rendere più rapido il processo di crescita della squadra che invece ha lasciato partire un tecnico che, come accaduto in passato, potrebbe aiutare altre franchigie a costruire un futuro radioso.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari