L’avvio del campionato del mondo 2023 per Charles Leclerc non è certamente di quelli da ricordare. 34 punti in carniere, molti dei quali ottenuti a Baku tra sprint race e gara canonica. Prima dell’appuntamento azero, difatti, erano sei i punti racimolati dal monegasco con la Ferrari. Dopo cinque round non è che le cose siano migliorate. Diverse le ragioni di questi modesti conseguimenti che sono figli di diverse problematiche.
In prima battuta, le difficoltà sono da ricercare in una vettura, la Ferrari SF-23, ampiamente al di sotto delle aspettative. Quella monoposto che doveva essere “la più veloce mai vista”, parafrasando Benedetto Vigna, si è invece dimostrata una macchina incapace di tenere testa alla Red Bull. Ma che ha sofferto anche contro la Aston Martin AMR23 e nei confronti della Mercedes W14. La classifica costruttori, in tal senso, non mente.
Come se non bastasse, alle prestazioni modeste sciorinate dalla vettura concepita da David Sanchez che ha mollato il team di getto andando a sposare la causa McLaren, si è messa anche l’affidabilità che ha pesantemente condizionato il cammino dell’ex Sauber. Al ritiro della prima gara che ha determinato uno zero in classifica, è seguito l’arretramento in griglia di partenza nel Gran Premio dell’Arabia Saudita. Un elemento che, di fatto, ha ammazzato le possibilità di podio di Charles.
Ma ai fatti strettamente tecnici si aggiungono responsabilità personali. In Australia è giunto l’errore umano. Cosa che può accadere con una vettura scorbutica, non s’intende gettare la croce sul pilota. I fatti raccontano che, in partenza, Leclerc, mostrando un po’ troppa foga dettata dalla voglia di recuperare, è stato autore di un “fallo” che l’ha estromesso immediatamente dalle operazioni.
A Miami, ancora, Charles ha condizionato la gara con due topiche commesse in due momenti diversi che hanno determinato, contestualmente, la partenza dalla pancia del gruppo e l’impossibilità di accumulare dati importanti sul passo, specie in presenza del nuovo fondo, con una conduzione di gara che ne ha visibilmente risentito.
Se in Azerbaijan l’errore è arrivato nelle concitate fasi della partenza in cui i rischi sono acuiti dal particolare momento, nello scorso fine settimana Charles ha sbagliato quando era in solitaria (Fp2) e nell’esercizio del giro veloce, una delle cose in cui eccelle rispetto alla concorrenza.
Riavvolgiamo il nastro. Sul cittadino della Florida, Leclerc è stato protagonista di due incidenti alla stessa curva, anche se la loro natura era diversa. Il primo, come detto, è giunto nel secondo turno di libere nel bel mezzo di un long run quando ha perso il controllo della sua Ferrari SF-23 per aver portato un po’ troppa velocità in curva con una monoposto già ai limiti dell’aderenza. Cosa che ha innescato un sovrasterzo fatale che ha reso inevitabile la toccata contro le barriere.
L’incidente del venerdì è frutto della necessità di Leclerc di prendere confidenza con la vettura configurata con alto carico di carburante. Chiaramente l’essere uscito anzitempo ha determinato che il test in queste condizioni non sia stato portato a termine completamente. In gara, pertanto, il pilota ne ha risentito perché il comportamento della vettura, complice anche un asfalto diventato green dopo la pioggia scesa nella notte tra il sabato e la domenica, era “poco noto”.
Diverso è il discorso della qualifica in cui Leclerc voleva sparare tutte le cartucce a sua disposizione come è normale che accada in una fase bollente. Dopo un primo errore nella Q3 che probabilmente ha aumentato la tensione e tolto serenità in vista dell’ultimo assalto, è arrivata la pecca decisiva nel momento della verità. La Ferrari ha mandato Leclerc in pista in anticipo per concedergli pista libera. Ottima mossa vanificata da un Charles troppo esuberante che non ha tenuto conto dei limiti della SF-23.
La topica si consuma in Curva 6, laddove l’ex Sauber è stato troppo aggressivo all’apex: la velocità era troppo elevata su un fondo sconnesso che la vettura non è riuscita ad assorbire come ad esempio riusciva a fare la Red Bull. E’ lì che il pavimento dell’auto ha toccato pesantemente e ha perso il posteriore, avviando la carambola fatale.
Charles è un pilota che getta sempre il cuore oltre l’ostacolo e questa natura potrebbe esacerbare la tendenza a sbagliare nei momenti caldi. Basti ricordare il mondiale 2022 in cui perse la vettura a Imola, quando inseguiva Perez per il secondo posto, e in Francia, quando, solo in vetta, cercava di aprire un gap nei confronti di Max Verstappen che provava vanamente ad incalzarlo. Due momenti chiave di un campionato chiusosi anzitempo a causa di una Red Bull RB18 “ingiocabile” per tutti i rivali.
A Miami, Leclerc ha cercato di muoversi su un limite che probabilmente sapeva di non poter raggiungere. Lo si può desumere anche dalle sue dichiarazioni successive, quando ha affermato di aver impostato un assetto col quale contava di massimizzare le prestazioni in qualifica nonostante una monoposto difficilmente bilanciabile, dimostratasi eccessivamente sensibile al vento e nel complesso difficile da guidare.
La SF-23 non è la RB19. Mai affermazione fu più banale. Ma l’ovvietà concettuale serve per spiegare che forse Charles dovrebbe assimilare questa evidenza ed abbassare leggermente il limite dell’azzardo sul giro push e in determinate circostanze calde. La Rossa è una macchina “traditrice” e della quale non ci si può fidare come invece accade con la creatura di Adrian Newey che si lascia domare molto più semplicemente anche nelle adiacenze del confine immateriale delle massime prestazioni.
Charles dovrebbe quindi rivedere al ribasso le aspettative circa la sua vettura e scendere ad un compromesso momentaneo con se stesso “conservando” un po’ di velocità pura per sacrificarla in nome dei risultati. Anche perché la stagione sta dimostrando che gli sforzi profusi in qualifica non possono pagare in gara dove i valori si rimescolano pesantemente con la monoposto italiana a regredire sensibilmente. Un adattamento ad una situazione contingente in attesa di poter contare su una macchina meno imprevedibile.
L’aggressività del monegasco, quindi, potrebbe essere “congelata” in attesa che i tecnici risolvano i tanti problemi che affliggono la SF-23 e che rendono vani gli sforzi e i rischi che il conducente si prende al sabato pomeriggio. Chiaramente è difficile per Leclerc resettarsi mentalmente e rivedere le sue caratteristiche innate. Ma in un percorso di crescita bisogna mettere in conto di scendere a qualche piccolo compromesso.
In questa fase storica Charles è incudine e deve imparare a incassare i colpi. Quindi, quando la Ferrari finalmente gli darà una macchina “sincera”, potrà continuare ad essere quello straordinario martello che abbiamo imparato a conoscere senza subire gli effetti collaterali che scaturiscono da un mezzo incapace di assecondare le straordinarie doti di pilotaggio del monegasco.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari