Metà anni 2000. E’ in quel periodo che la F1 intraprende quel sentiero tecnico-concettuale che ha condotto dritti all’era turbo-ibrida. Una mutazione genetica lenta ma inesorabile quella che ha portato a soppiantare gli aspirati plurifrazionati con gli attuali iper-complessi propulsori. La classe regina del motorsport che stavolta si adegua alla parabola tecnica tracciata dall’automotive votata sempre di più all’efficienza e alla limitazione delle emissioni nocive.
Se i reggenti della Formula Uno hanno deciso questo cambio filosofico è perché i potenti motori V8, V10 e V12 aspirati disperdevano una quantità di energia maggiore rispetto all’attuale V6. Sintetizzando sono quelli espositi in apertura i motivi per cui il panorama mondiale dell’automobile sta abbandonando la progettazione e la produzione dei unità motrici a due tempi, o più comunemente diesel, in favore della realizzazione dei motori ibridi basati su una componente endotermica con ciclo a quattro tempi abbinata a uno o più motogeneratori elettrici.
Il vantaggio dell’utilizzo del motore elettrico deriva proprio dalla minore dispersione dell’energia prodotta. Questa, non dovendo essere generata attraverso un connubio di sorgente e di dispersione chimica e termica, conta meno componenti necessari, sia primari che ausiliari, nella creazione del movimento.
Il maggior vantaggio dei motori ibridi è l’eliminazione dei difetti insiti nella necessità di partenza da fermo sottoposta alle leggi fisiche dell’inerzia che richiede una coppia anche a velocità quasi nulle; mentre il motore termico-ciclico ha bisogno di un regime di velocità minimo per fornire una coppia non nulla. Il motore elettrico non presenta particolari problemi nella partenza da fermo che, a differenza dei motori endotermici, presentano tale criticità.
Il futuro, pertanto, è nei motori ibridi. Questa cosa non piace troppo ai piloti e di certo non affascina i tifosi. Ma si tratta di un modo di vedere limitato, non aperto. Le power unit turbo-ibride sono estremamente affascinanti e soprattutto hanno margini di crescita ancora molto ampi.
La F1, nel 2026, si appresta all’ennesimo cambio tecnico in materia di propulsori con la semplificazione dello schema che non potrà più contare sul complesso motogeneratore MGU-H. Non è in discussione la concezione ibrida sulla quale si continua ad insistere aumentando la portata elettrica generale che sarà garantita da un MGU-K più grande e da batterie più efficienti e capaci nell’immagazzinaggio. Questi motori di nuova generazione dovranno essere alimentati da carburanti ecosostenibili nella loro produzione e che permettano emissioni zero allo scarico. L’applicazione del model Net Zero Carbon voluto da Liberty Media, in definitiva.
Proprio la presenza di benzine del genere riapre la discussione circa la possibilità di rispolverare motori aspirati plurifrazionati. Con carburanti “eco”, in soldoni, si può tornare indietro con la consapevolezza di avere nuovamente un motore meno efficiente nella resa? E’ questo il sogno espresso da Chris Horner che, col suo team, sta approntando un reparto powertrains nuovo di zecca che vedrà l’apporto fondamentale della Ford.
“Per me il motore a combustione non è ancora morto. C’è ancora vita nella combustione”, così si è espresso Horner parlando della decisione di Honda di proseguire in F1 con Aston Martin. La riflessione del dirigente inglese lineare è lucida, quasi inattaccabile: le power unit di F1 attuali utilizzano il 10% di carburante rinnovabile ma il progressivo raggiungimento del 100% renderà i motori a combustione interna di nuovo centrali per i marchi automobilistici.
“Penso che forse con carburanti sostenibili e zero emissioni e il percorso che la Formula 1 sta percorrendo per il 2026, la combustione è diventata di nuovo rilevante per, mentre prima era qualcosa che andava molto fuori dalla loro agenda. Quindi chi lo sa? Forse torneremo ai V8 e ai V10 che sono completamente sostenibili. Non sarebbe fantastico?”.
Piano con le illusioni. Ad oggi non c’è nessuna virata in agenda. Anche perché, osservando cosa stanno facendo i colossi dell’automobile in giro per il mondo, non c’è un solo soggetto che non stia convintamente puntando sull’elettrico, al di là di certe imposizioni politiche stringenti che riguardano per ora l’Europa e qualche Stato degli USA.
I costruttori presenti in F1 e quelli che stanno per affacciarsi (Ford, Volkswagen tramite Audi, e forse Cadillac con Andretti) sono nel gioco proprio per un contesto tecnico stimolante che ha molte ricadute sulla sfera commerciale. Quindi, ad oggi, quelli di Horner restano sogni da vecchio nostalgico che, seppur condivisi da piloti e appassionati, risultano essere anacronistici ed incompatibili con un mondo che progredisce.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing, Scuderia Ferrari
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Propaganda a favore dell'ibrido. Visti i costi da sostenere a danno dell'ambiente per estrarre i materiali necessari per batterie e controlli elettronici, volere insistere su questa tecnologia è criminale. Riprendetevi e parlate solo di sporto: è meglio.
https://www.lafeltrinelli.it/guerra-dei-metalli-rari-lato-libro-guillaume-pitron/e/9788861053731
Invece scriviamo di quello che reputiamo più necessario. Alla fine questa censura serviva per farsi un po'di pubblicità a buon mercato?
Mamma mia poveretto cosa deve usare per vendere una o due copie del suo libro