Roma non è stata costruita in un giorno. Figuriamoci se è possibile farlo con la Ferrari F1 che, per certi versi, vive di dinamiche interne che sembrano più complesse di quelle che operavano nell’età imperiale. Sì, belle parole, direte. “La Ferrari non vince un titolo piloti dal 2007 e uno Costruttori dall’anno successivo, la pazienza è finita!”. Così urlerebbero – togliamo pure il condizionale – le folle rosse che tutti i torti non hanno a dolersi.
Ma, volendo parlare ancora per proverbi, stavolta rimaneggiati, si potrebbe affermare che il saggio guarda la luna e il tifoso il dito. Interrogarsi osservando altri obiettivi non solo è lecito ma è addirittura doveroso. Se in oltre tre lustri la scuderia di Maranello non è stata capace di “fare scopa” ci sarà un problema più alto che soverchia le responsabilità dei singoli capi della GES che si sono avvicendati in questo circoscritto arco temporale.
Cinque sono i capitani di fregata che si sono succeduti dal 2008 ad oggi: Stefano Domenicali, Marco Mattiacci (durato quanto il volo di una farfalla), Maurizio Arrivabene, Mattia Binotto e Frédéric Vasseur. Tutti, chi più chi meno, hanno incontrato difficoltà che sovente sono sfociate nel fallimento. Una costante delusione che forse spiega come sia il contesto a condizionare l’operato più che l’operatore ad incidere sull’insieme.
Il buon Fred ha lasciato la verde Svizzera lanciandosi con entusiasmo in un nuovo percorso professionale. Una sfida affascinante nella quale si celano insidie che forse non erano state ben calcolate nel momento delle trattative e delle firme successive. Il manager di Draveil ha ereditato un carico pressorio enorme che si associa alla frenesia dell’ambiente che smania la vittoria più di ogni altra cosa.
In Ferrari, potenzialmente, c’è tutto per vincere: soldi, competenza, passione. Manca solo la pazienza. Hai detto niente! Proprio la brama di fare le cose in fretta (ricordate la gatta che fece i figli ciechi per procedere senza la necessaria calma?) è la condanna che inchioda i dirigenti sportivi che hanno preso le redini del puledro rampante.
I primi mesi per l’ex Sauber non sono stati una passeggiata di salute. La ristrutturazione della Gestione Sportiva è in pieno corso di svolgimento e le prestazioni della SF-23 sono al di sotto di ogni più fosca aspettativa dato che doveva essere l’auto del rilancio dopo un 2022 in cui, ad un certo punto, si era deciso di stoppare l’evoluzione della F1-75 per lanciarsi anima e corpo nel modello 2023 che doveva battere la Red Bull. Ma che invece arranca anche nei riguardi della Aston Martin AMR23 e della Mercedes W14 che non sembra un fulmine di guerra.
Da qui l’insoddisfazione generale col povero Vasseur messo già sul banco degli imputati sebbene abbia preso possesso dei suoi uffici a gennaio, praticamente ieri, trovando una situazione assai caotica. E mi limito a questo termine per non scadere in un lessico poco opportuno. La già difficile situazione che deve affrontare è acuita da quanto accaduto domenica scorsa, in un mondo tanto lontano quanto vicino a quello della F1.
Il riferimento è alla vittoria della 24 Ore di Le Mans. Un risultato storico che, come spesso avviene, è stato seguito da troppe accuse che hanno steso una patina opaca su un successo clamoroso per tempistiche e portata. Il gran lavoro fatto da Antonello Coletta, responsabile Attività Sportive GT della scuderia di Maranello, e di tutti gli uomini del suo staff è stata una miccia per far deflagrare un ordigno all’interno della GES. Esplosione che fattivamente non c’è stata ma che è viene descritta come possibile da una stampa antropofaga che vorrebbe mangiarsi Vasseur per vederlo rimpiazzato dalo stesso Coletta.
Il manager romano è sulla cresta dell’onda ma lavora in Ferrari da oltre 20 anni avendo ricoperto le più disparate mansioni. Secondo certi opinionisti la vittoria nella classica dell’automobilismo a ruote coperte ha portato in auge la candidatura in GES del 56enne romano laureato in Economia e Commercio.
La dirigenza della Ferrari, da Benedetto Vigna a John Elkann, sarebbe pronta a dirottare Coletta dal programma WEC alla Formula 1. Ma, in prima battuta, non per sostituire Vasseur, bensì per coadiuvarlo in una guida bicefala che farebbe da apripista ad un imperio singolo se Maranello, entro il 2025, non riuscisse a portare a casa un titolo iridato.
Scenario assolutamente plausibile ma al momento decisamente difficile da realizzare. Vasseur ha bisogno di tempo ancor prima che di fiducia. Le figure apicali della scuderia italiana erano consapevoli del fatto che il lavoro che doveva affrontare il francese era di portata ciclopica. Mettere questo tipo di pressione non avrebbe senso perché rischierebbe di interrompere un percorso appena partito e, cosa ancor più grave, rischierebbe di togliere certezze al programma WEC che sta cominciando a macinare soddisfazioni.
Che senso avrebbe privare del suo dirigente il distaccamento piacentino della AF Corse ora che è in rampa di lancio? Che profitto sportivo porterebbe ridurre, a mezzo condivisione, i poteri di Vasseur in seno alla Ferrari F1? Ciò che va modificata è una mentalità gestionale e la cosa richiede tempo. Il rischio è quello di affrettare le cose, di piazzare Coletta a capo delle operazioni per poi vederlo fallire come gli altri predecessori.
Già si può immaginare il caos mediatico: “Un economista a gestire le cose del motorsport! Non è pronto!“. E giù accuse, insulti, polemiche tossiche, soluzioni strabiche per problemi atavici che forse forse non riguardano gli uomini che governano il timone, ma la barca che qualche falla qua e là la presenta. Non lo afferma chi scrive, lo recita la storia. In maniera abbastanza chiara…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari