Mentre ci apprestiamo ad una domenica senza F1 (ogni tanto fa bene, checché ne dica Domenicali che, se potesse, farebbe 50 Gran Premi l’anno) non ho potuto non ricordare che in Austria, a casa loro, è stata l’ultima volta in cui abbiamo visto una Ferrari bella, forte e vincente. Una vittoria cui poi sono seguiti un declino tecnico lento e inarrestabile che era, forse, “propedeutico” alla sciagurata, almeno sino ad ora, SF-23.
Noi ferraristi abbiamo legato le nostre sofferenze, almeno quelle recenti, alle normative che l’anno scorso, in corso d’opera, hanno prima irrigidito parte del fondo flessibile delle monoposto, poi deciso un innalzamento rispetto al piano stradale sempre del fondo a partire da questo campionato. Tuttavia queste norme valgono per tutti, e la Ferrari ha dimostrato di avere un problema endemico, cronico. Vale a dire che basta poco, una variabile anche minima, per mandare all’aria un progetto (va da sè che, come molti autorevoli commentatori hanno commentato, ciò vale anche per il lato umano, vale a dire strategie e gestione dal muretto).
Quindi, un primo appunto che potremmo fare è che la scuderia Ferrari, in F1, ha un problema che va ben al di là delle variazioni in corso d’opera di matrigna FIA. Tuttavia, questa consapevolezza non dovrebbe distoglierci da alcuni altri appunti. Appunti necessari perché il nostro sport sta diventando qualcosa di strano, per certi versi opposto a ciò che era sino ad ieri.
Punto primo: è chiaro che il “legislatore” (la Federazione) stia soccombendo davanti al “venditore” (la F1 propriamente detta, guidata da Domenicali per LM). Ed è altrettanto evidente che tale cosa non sia sana, non sia naturale. Il legislatore e il venditore devono essere entità separate e, in ultima analisi, il legislatore deve essere superiore poiché appunto determina le regole e le fa osservare. Montesquieu applicato alla F1 forse potrebbe far storcere il naso a qualcuno… ma non siamo troppo distanti dalla realtà e il parallelo era troppo appetitoso perché non lo utilizzassi…
Punto secondo: in diretta conseguenza del punto primo, è chiaro che per vendere il prodotto (soprattutto se c’è uno troppo forte) il venditore (forte) forza il legislatore (debole) e possono accadere cose spiacevoli. Come ad esempio cambiare le regole mentre il mondiale si sta svolgendo e proporre ulteriori cambiamenti per il mondiale successivo.
Non sapremo mai se, per l’anno scorso, sia stata più forte la pressione di FIA o quella di Liberty Media quando si è trattato di intervenire con la famigerata direttiva e tutti i suoi orpelli. Sappiamo che la pressione della proprietà a stelle e strisce è abbastanza forte sul versante dei formati delle qualifiche, sul numero di Gran Premi. Non sappiamo specificamente se abbia avuto o abbia influenze sul regolamento tecnico. Come potete immaginare è un confine molto labile.
Sappiamo che, comunque, la convergenza fra numeri di gran premio elevati, un certo numero di gare sprint, l’idea di Domenicali di togliere pure una sessione di prove libere, sommati allo stringente regolamento della Federazione, in vigore dallo scorso anno con qualche variante, hanno creato un sistema in cui si ottiene il risultato opposto a quello sperato.
Cioè non solo meno spettacolo, ma un dominio asfissiante (sia chiaro, dominio legittimo e comunque non certo lungo e intenso come quello che ci siamo sorbiti precedentemente, quello di Mercedes) di un solo team, con gli altri che raccolgono le briciole.
Le direttive tecniche hanno trasformato monoposto che dovevano essere soprattutto monoposto ad effetto suolo in monoposto un pò ad effetto suolo e un pò “standard”, dove anche il corpo vettura diventa molto importate. Non lo diciamo noi, lo dicono i tecnici della F1. Con il risultato che chi aveva progetti più estremi si è trovato in enorme difficoltà, chi aveva progetti meno estremi (dal punto di vista dell’effetto venturi, della generazione di carico, non della complessità necessaria per raggiungere quel risultato più equilibrato) e più “convenzionali” con una gestione delle sospensioni sopraffina ha preso il largo. Parliamo ovviamente di Red Bull.
Le norme volute da Liberty Media tolgono tempo prezioso per gli avversari che devono recuperare. Non ci sono test privati da svolgere, quindi chi è davanti ha un vantaggio competitivo che può spalmare negli anni. Una combinazione micidiale, come potete immaginare. Come se ne esce? Non penso inventando ancora altre norme astruse o cercando in un modo o nell’altro di castrare chi è più bravo.
Queste norme valgono dal 2014, hanno determinato due periodi dominanti. Per essere chiari. In F1 la norma non è mai stata l’equilibrio nel singolo mondiale, ma micro periodi dominanti di un team. Ora però i micro periodi sono diventati macro. E i principali imputati sono Federazione e F1. Ognuna per il proprio ruolo. E allora tornando alla domanda di prima… come se ne esce? Io credo che proprio le esperienze maturate dal 2014 ci facciamo capire una cosa. Che la strada di impedire, ridurre, castrare non funziona.
Semmai funziona il contrario. Permettere a tutti di provare, rincorrere, sviluppare. Anche andando contro il fantasma del Budget Cap di cui tutti parlano, ma che nessuno conosce veramente, compreso chi lo ha inventato. Tuttavia, poiché queste sono norme che sembrano dettate dal buon senso, dubito che ai piani alti qualcuno le prenderà in considerazione.
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: FIA – Liberty Media