Giornata di traguardi importanti quella di ieri per la Red Bull. Il team austriaco inanella l’ottava vittoria consecutiva a sancire un dominio in F1 che ha pochi eguali. Risultato che serve per accasarsi accanto a quattro big del motorsport come Ferrari, McLaren, Williams e Mercedes che appartengono al “club dei 100”, quello delle squadre che hanno ottenuto altrettanti e più trionfi.
Ma non finisce qui. Max Verstappen, al sesto squillo stagionale che decreta la definitiva fuga verso il titolo complice un compagno di squadra ancora una volta opaco, smarrito e incapace di esaltare un mezzo perfetto come la RB19, affianca Ayrton Senna a quota 41 vittorie di tappa. L’olandese diviene sempre più una colonna della F1 e non poteva esserci podio più simbolico di quello che lo ha visto festeggiare accanto ad altri due giganti: Fernando Alonso (P2) e Lewis Hamilton (P3). Un totale di 11 titoli, che saranno 12 a fine anno, a suggellare una foto ricordo che entrerà nella storia.
Quella di Verstappen è stata una gara tutto sommato tranquilla nella quale ha dovuto gestire solo un momento potenzialmente difficile che è coinciso con l’ingresso della safety car. Ma il team, come al solito solerte, ha subito reagito con una sosta tempestiva che di fatto ha permesso all’olandese di mantenere agevolmente la prima posizione mentre dietro Aston Martin e Mercedes lottavano per la piazza d’onore senza mai mostrare un passo capace di metter pressione alla vettura n°1.
“Sono molto contento. Non è stata una gara così lineare, le gomme non entravano nella giusta finestra. Faceva molto freddo rispetto a venerdì, per cui scivolavamo parecchio. Ma siamo riusciti a far funzionare tutto e vincere di nuovo e festeggiare la vittoria numero 100 per il team è qualcosa di incredibile. E’ fantastico, non mi sarei mai aspettato di arrivare a questi numeri, anche a livello personale”. Un uomo freddo che si è scomposto per essere accanto ad una leggenda come Senna.
“Mi aspettavo che andasse come è andata, ma è stato difficile tenere le temperature nelle gomme e avere aderenza, per questo il vantaggio non è stato così ampio. Ma c’è stata anche la Safety Car e, alla fine, abbiamo vinto. E’ la cosa più importante. Tifosi? Hanno una grande passione per questo sport, hanno tenuto duro col maltempo. Adoriamo venire qui e speriamo di farlo a lungo”. Queste le osservazioni dell’olandese che sembra aver archiviato la pratica iridata dopo un terzo si campionato.
Ma non tutto è andato per il meglio nel weekend canadese della Red Bull. E lo sguardo cade immediatamente su Sergio Perez che ormai è in piena involuzione. Una catatonia sportiva che allontana il titolo da Guadalajara e riporta l’ex Racing Point nella sua condizione di secondo pilota senza troppe velleità di successo.
“La gara è stata lunga e complicata, più di quello che mi aspettassi. Ho provato la strategia con le gomme Hard in partenza e la Safety Car è stata proprio l’opportunità che non doveva manifestarsi. Peccato. Chiudo un weekend complicato nel quale ho faticato in ogni sessione. Preoccupato? Un po’ sì, soprattutto perché non avevo passo, anche rispetto alle Ferrari che mi hanno staccato. Non capisco cosa stia succedendo, devo mettermi al tavolino con i tecnici e analizzare”.
Valutazioni necessarie quelle che dovranno fare Perez e gli ingegneri per capire perché la monoposto n°11 sia così prestazionalmente lontana dalla gemella sia in gara che in qualifica. Dopo un avvio speranzoso, Sergio deve guardarsi le spalle dal ritorno di Alonso e di Hamilton che ormai soffiano sul collo del messicano pur possedendo un mezzo tecnico palesemente inferiore.
A riportare un clima più brioso, che fa da contraltare alla mestizia di Perez, ci ha pensato Chris Horner che ha posto l’accento sulla storicità della gara canadese. “Quello di Red Bull è un percorso eccezionale e realizzato in un lasso di tempo relativamente breve, ossia dal 2009 ad oggi. E’ fantastico avere vinto 100 GP in F1. È un risultato enorme, si tratta del 27% delle gare a cui abbiamo partecipato. Questa è una statistica incredibile. Nel 2009, in Cina, è arrivata la prima, non era immaginabile arrivare a 100. Abbiamo fatto un percorso eccezionale dal 2009 ad oggi, ed il 41% di vittorie è di Max lo dimostra”.
“Stupendo essere testimone di come stia guidando Max, che oggi ha raggiunto il numero di vittorie di Senna. Difficile paragonare piloti di ere diverse, ma è chiaro che Verstappen stia entrando nel club dei più grandi di sempre. Dal suo primo test in Toro Rosso, a Suzuka, si vedevano la sua fame, la sua abilità e la sua fiducia, andava a tutta sin da subito, un pilota speciale”, ha così concluso il team principal della Red Bull che intende ulteriormente scalare la classifica per diventare il punto di riferimento assoluto della Formula Uno.
La scuderia di Milton Keynes è dunque nella leggenda. Una franchigia che viene da un mondo lontano da quello del motorsport e che nella massima seria ha dettato legge imponendo modelli rivoluzionari e idee che hanno fatto scuola e che sono state capaci di mettere alle corde realtà che alle spalle hanno veri e propri colossi dell’automotive. Con una F1 che, dal 2026, diventerà ancora di più il teatro di scontro tra grandi case automobilistiche, quello Red Bull è un paradigma deviante che vuole continuare a scrivere pagine di storia.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing