Domenica 10 luglio 2022. Una data come un’altra, un giorno che potrebbe dire poco. E invece ha un significato importante per la storia recente della F1. Parliamo dell’ultima gara vinta dalla Ferrari, quel Gran Premio d’Austria nel quale Charles Leclerc rialimentò le speranze iridate rosse che furono poi mortificate da una striscia di vittorie ottenuta dalla Red Bull che ha dell’impressionante.
Da quel momento, difatti, su 18 gare, la scuderia austriaca ne ha portate a casa ben 17. L’unica eccezione è rappresentata dal Gran Premio del Brasile nel quale, non senza sorpresa, la Mercedes riuscì a mettere a segno una doppietta clamorosa con George Russell davanti a Lewis Hamilton. Un evento sporadico che alimentò una doppia illusione. Da un lato, che AMG fosse definitivamente ritornata; dall’altro che la F1 potesse vivere di un duello acceso che rendesse la categoria imprevedibile.
Nulla di tutto questo è accaduto. Red Bull è il dominus totale della stagione 2023 che vede una Ferrari confusa e in fase di riassetto organizzativo, una Mercedes alle prese con un cambio filosofico dal quale è scaturita la versione “evo” della W14 e una Aston Martin che, dopo la sorpresa iniziale, ha dimostrato di non poter chiudere il gap con la stessa velocità con la quale è emersa dal centro gruppo in cui annaspava negli anni precedenti.
Dall’anno del suo debutto, nel 2005, la scuderia austriaca è stata capace di vincere bene 99 gare. Domenica 18, in occasione del GP casalingo che si terrà sulla pista di proprietà, la Red Bull può tagliare il traguardo dei 100 gran premi vinti accomodandosi definitivamente nella nobiltà del motorsport accanto a nomi di rilievo come Ferrari, McLaren, Williams e Mercedes. Un blasone che pesa e che, stante la superiorità tecnica, potrebbe ulteriormente essere rimpinguato nel campionato in corso e in quelli che si affacciano nel recente futuro prima che la Formula 1 imboccherà una nuova direzione tecnica.
Da quel che si è visto nelle prime sette gare non è peregrina l’ipotesi secondo cui la RB19 possa portare a casa tutte le singole tappe di questa stagione. Quando, dopo l’inaugurale GP del Bahrain, ne parlò George Russell, da Milton Keynes ci fu una vera e propria levata di scudi che a questo punto sembrava essere di facciata perché il potenziale della macchina è elevatissimo e la concorrenza è lungi dall’averlo raggiunto. Ad oggi la creatura di Adrian Newey, per potere soverchiante, ricorda molto da vicino la McLaren Mp4/4 che ha stradominato il campionato del mondo 1988.
Avere una vettura così ingiocabile, così maledettamente veloce e fuori categoria è un gran bel vantaggio che può essere speso non solo nei mesi successivi, ma anche negli anni a venire. Ed è questo che spaventa i concorrenti e Liberty Media che, con regole incatenanti che dovevano sfavorire i monopoli, si è invece data una bella zappa sui piedi creando un contesto in cui, per gli inseguitori, è difficilissimo mettersi al passo con chi è stato più bravo ad interpretare il nuovo contesto tecnico-normativo.
La sensazione è che, al di là degli sforzi compiuti da Mercedes, Ferrari, Aston Martin e da ogni altro competitor accreditato, questo campionato sia già bello e archiviato. Basta osservare le due classifiche per avvedersene. Ecco che in Red Bull possono iniziare seriamente a pianificare le stagioni prossime senza l’assillo di doversi difendere in quella in corso.
Christian Horner ha ammesso che il vantaggio siderale dà la possibilità al suo team di allocare strategicamente le loro limitate risorse aerodinamiche verso lo sviluppo della vettura 2024. “Dobbiamo bilanciare tra quest’anno e l’anno prossimo. Il team sta attualmente facendo un lavoro incredibile ed è estremamente efficiente”.
“Dal Bahrain abbiamo fatto solo sviluppi molto sottili alla nostra vettura, mentre altri hanno portato grandi aggiornamenti. Tuttavia, il divario è rimasto su per giù lo stesso. Questo è molto incoraggiante“. Più che incoraggiante è una fotografia devastante per le speranze di recupero altrui. Ed è una tendenza che spiega come Newey e tutto lo staff possano affrontare le prossime gare con una certa tranquillità pensando già alla stagione successiva.
Ricordiamo che gli effetti della penalità (10% in meno di ore di sviluppo) decadranno ad ottobre, esattamente un anno dopo che la FIA ha emesso sanzione. In quel mese la Red Bull, di questo passo, potrebbe ampiamente aver vinto entrambe le classifiche iridate. Cosa ottenuta nonostante le limitazioni regolamentari aggravate dalla suddetta pena. Potersi concentrare sul progetto 2024 e ritrovare altre ore di lavoro sono elementi che possono fare una grande differenza e che possono contribuire a tenere la forbice aperta.
La speranza per i rivali è che, dopo anni pieni di operatività del nuovo quadro tecnico, si possa via via giungere a quella convergenza prestazionale auspicata dalle figure apicali della F1. Le vetture, con i necessari distinguo del caso, tendono a convergere tutte verso la filosofia impostata dalla Red Bull. Per ora questa evidenza non è servita a restringere il campo, se non quello alle spalle degli uomini di Milton Keynes che stanno facendo uno sport a parte.
Il rischio, in conclusione, è che, nonostante il normale avvicinamento concettuale, Newey possa avere altri assi nella manica e gestire così il vantaggio accumulato in questo biennio. La possibilità di un monologo in salsa anglo-austriaca è più che concreta. E forse la rivoluzione del 2026, quando Red Bull non potrà più fare affidamento sui propulsori Honda che saranno sostituiti da motori fatti in casa, cascherà a fagiolo per produrre un bel rimescolamento del mazzo di carte.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, McLaren, Oracle Red Bull Racing