La F1 sa anche essere lo sport dei ritornelli mediatici. Fateci caso: ogni stagione sportiva si accompagna con una specifica narrazione che la fa da padrona. Da un annetto a questa parte uno dei concetti più in voga è quello della convergenza prestazionale. Si ritiene che, via via che le vetture progrediscono, queste tendano a produrre prestazioni confluenti che assottigliano le distanze tra i vari competitor.
Ad oggi questo concetto è stato applicato con fortune alterne. Se nell’intasatissimo midfield, in effetti, si riscontra una certa corrispondenza nelle performance con team che si superano e si risuperano in base alle piste, non c’è verso di colmare la distanza con la Red Bull che sembra addirittura allargarsi col passare delle gare.
Ricordiamo, difatti, che dal Gran Premio d’Austria 2022, vinto in maniera perentoria da Charles Leclerc e dalla Ferrari, Milton Keynes ha lasciato sull’asfalto solo il Gran Premio del Brasile in cui ha primeggiato la Mercedes di George Russell. Una striscia che supera i 20 GP e che rischia di ingigantirsi ulteriormente considerando gli andamenti sin qui riscontrati.
Non c’è molto da girarci intorno: per arrivare a vetture che sprigionino valori più prossimi serve che queste, in certi concetti, vadano verso la medesima direzione tecnica. Processo di avvicinamento filosofico che nel 2023 va consolidandosi.
Ci sono tre scuderie su tutte che descrivono la tendenza ad abbandonare le proprie idee costitutive per provare ad abbracciare i principi definiti da Adrian Newey con la RB18 e sublimati nella RB19: Ferrari, Mercedes e McLaren. La SF-23 sta progressivamente mollando il concetto inwash della propria zona centrale. Mercedes ha del tutto mollato la filosofia “slim” per incamminarsi sul sentiero che porta a Milton Keynes. McLaren, col pacchetto di aggiornamenti portato in Austria, è definitivamente andata nella direzione tracciata dagli austriaci. Con risultati incredibilmente solidi.
Le pance ad effetto downwash, quindi, sembrano essere diventate lo standard tecnico della F1 di nuova generazione. A dare uno sguardo alle dieci vetture che compongono la line-up 2023 si nota che la sola Haas, veicolo di derivazione Ferrari, ha conservato i principi deliberati l’anno scorso. Le altre nove, con le specificità dei rispettivi progetti, puntano a replicare ciò che fa in maniera straordinaria la RB19. Chiaramente senza riuscirci appieno perché in F1 l’imitazione pedissequa non ha mai pagato.
Ma perchè le pance in stile Red Bull sono così efficaci? E soprattutto, perché chi le ha “copiate” tende a minimizzare l’effetto positivo di quella forma come ad esempio hanno sostenuto in Mercedes? La verità è che il disegno dei sidepod è cruciale nel definire il passaggio dei flussi d’aria sopra e intorno alla vettura e, abbinato col fondo, anche nella zona inferiore. Area di vitale importanza per via della presenza dei canali Venturi.
Andrea Stella, team principal della McLaren, equipe che ha adoperato i concetti deliberati dalla Red Bull senza farne troppo mistero, si è detto sorpreso da quei tecnici che minimizzano l’importanza di un cambio filosofico che insiste in una zona così nevralgica di una monoposto di Formula 1: “Se c’è qualche squadra che dice che la carrozzeria e le pance non hanno effetto nei regolamenti attuali, allora ci sono alcuni nasi lunghi in stile Pinocchio“.
Stella, che di professione fa il team principal ma nasce tecnico con tanto di laurea in ingegneria aerospaziale corredata da una carriera lunghissima come ingegnere di pista, ritiene che l’interazione tra le pance, la loro forma, e il fondo, sia il vero segreto per far funzionare i veicoli di questa generazione.
“Tutti i team – ha osservato l’ex Ferrari – stanno convergendo verso la stessa direzione e credo che questo processo possa continuare sempre di più in futuro”. Le pance larghe sembrano l’elemento che interagisce meglio col fondo poiché fungono un po’ come da minigonne.
“Dal punto di vista aerodinamico, le pance ampie – ha spiegato Stella – favoriscono l’aspirazione nel fondo. E’ questo il concetto di cui sembra non si possa fare a meno se si vuole massimizzare l’aspirazione e il carico sulla vettura. Ed è chiaro che tutti stiano convergendo in questa direzione“.
Progressivamente, con l’aumentata conoscenza di queste vetture, gli ingegneri si avvicinano al concept più efficace. Questa tendenza dovrebbe avere effetti sul cronometro. Red Bull, anche secondo i vertici della F1, potrebbe essere riassorbita dal centrocampo aprendo finalmente la stagione dell’imprevedibilità. Il 2024 sarà un anno chiave in tal senso. E forse lo sarà ancor di più la stagione successiva.
Ma la Formula 1, spesso, ama farsi del male da sola e, per il 2026, ha messo in cantiere un’altra rivoluzione che potrebbe rimettere tutto in discussione. Ricordate il 2021? In quell’annata sportiva, dopo una sostanziale stabilità regolamentare, i distacchi furono così sottili che Red Bull e Mercedes si giocarono il titolo fino all’ultima curva dell’ultima gara.
Il 2022 ha spezzato quel fantastico equilibrio che si potrebbe ripresentare nel prossimo biennio anche grazie ai meccanismi dell’ATR e del budget cap. Il rischio che la nuova era verso la quale la serie iridata corre possa riaprire certi crateri prestazionali è concreto. Con buona pace dell’idea di convergenza prestazionale e tecnica che, è bene però sottolinearlo, non osserveremo in questo 2023 archiviato nella sostanza ma non ancora nei fatti.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, McLaren, Oracle Red Bull Racing