La materia è ciclica come il mutare delle stagioni: come arginare i domini in F1? Domanda da svariati milioni di dollari alla quale tutti hanno una risposta ipotetica che non trova riscontro nella prassi. In questo castello di proposte e idee più o meno risolutive, qualche settimana fa, Lewis Hamilton aveva aggiunto il suo personale contributo posando un altro mattone.
Andiamo al dunque. In occasione della conferenza stampa pre Gp d’Austria, il britannico aveva offerto il suo punto di vista che consta in quanto segue: la FIA dovrebbe aggiungere una regola per stabilire il momento in cui a tutti è permesso iniziare a sviluppare la macchina dell’anno successivo in modo da non generare ulteriori vantaggi a chi già ne ha. Una norma anti-dominio che potremmo ribattezzare anti-Red Bull, perché è questa l’essenza della linea di pensiero espressa dal sette volte iridato.
Lewis aveva spiegato come la tendenza a generare dei cicli di potere è un comportamento routinario della categoria e della quale lo stesso pilota ha ammesso di aver goduto all’alba della rivoluzione motoristica, nel 2014. “Sono stato davvero fortunato a trovarmi dalla parte giusta in uno di questi brevi periodi, così come lo è Verstappen adesso. Dalla mia esperienza personale, quando si hanno cento e passa punti di vantaggio, non sviluppi tanto la tua macchina, ma puoi iniziare a pensare a quella dell’anno prossimo”.
Gli strali del sette volte iridato cadono ancora sul budget cap, uno strumento, ne abbiamo dato conto in questo scritto, che è stato criticato soprattutto dai team di fascia medio-piccola che lo reputano una barriera invalicabile per chi deve recuperare terreno tecnico. “Con il cost cap – aveva spiegato Hamilton – i soldi per la vettura attuale vengono investiti su quella futura. Se avessimo un termine ultimo per gli aggiornamenti, come agosto o ottobre, nessuno partirebbe in anticipo per l’anno dopo e sarebbe una vera gara. Magari questo potrebbe aiutare ad avere un gruppo più compatto. Forse mi sbaglio, ma qualcosa deve cambiare”.
Quello di Hamilton è il classico sasso lanciato nello stagno. Una proposta che potrebbe esaurire il suo effetto in poco tempo ma che potrebbe parimenti contribuire a smuovere le placide acque nelle quali troppo spesso la serie galleggia senza avere il coraggio di movimentarle. Il mondo della F1 non ha reagito con entusiasmo a questa idea. C’è chi l’ha bocciata subito, che ha parlato di inapplicabilità e chi vi si è letteralmente scagliato contro come Juan Pablo Montoya che ha criticato il campione inglese.
Operazione lecita che poi si è spinta un po’ oltre quando il colombiano è arrivato a mettere in discussione la bontà dei titoli ottenuti dall’inglese che, fino a prova contraria, è ancora il pilota più vincente di sempre: “È divertente perché Lewis continua a dire quanto sia ingiusto tutto questo. Sta già prevedendo che Max vincerà anche l’anno prossimo, ma se si guarda indietro al suo passato, lui ha dominato per anni. Quando dominava lui erano tutti felici, ma era grazie al suo talento o alla macchina?“.
Evidentemente il buon Juan Pablo non ha ascoltato bene tutto l’intervento di Lewis, specie in quella parte nella quale questi affermava che in passato è stato il primo a godere della superiorità del suo mezzo che comunque ha mediamente condotto meglio dei compagni di squadra visto quello che ha ottenuto. La critica dell’ex Williams è più preconcetta che centrata nel merito. Anche perché è Liberty Media che continua a parlare di una F1 livellata ed imprevedibile. E quella di Hamilton è una proposta da leggere in questo macrocontesto.
Quello di Montoya è un modo di procedere che ormai è una moda in F1. Si individua un bersaglio e ci si scaglia contro in maniera piuttosto cieca. Un po’ ciò che fa Damon Hill nei riguardi della Ferrari con accuse che non sempre troviamo pertinenti.
La proposta di Lewis non sarà recepita dagli organi di governo perché presenta problematiche evidenti. E’ chiaro che il modello abbozzato – e per natura fumoso – presentato dall’ex McLaren comporterebbe delle normali controindicazioni. Come ad esempio quelle che riportano alle difficoltà nel controllare nel merito il tipo di lavoro svolto da un qualsiasi team; operazione che spesso ha visto la FIA incapace di capire come i vari gruppi di progettazione e sviluppo si muovono all’interno di una realtà tecnica.
Più che leggere bocciature così nette e sprezzanti saremmo più curiosi di capire quali sono le proposte di Montoya che, quando le prendeva dalla Ferrari di Michael Schumacher o dalla Renault di Fernando Alonso, non sembrava così felice di constatare che ci fosse un gruppo dominante e tutti gli altri ad inseguire.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1