Con l’introduzione del regolamento finanziario in F1, si pensava che al limite di spesa imposto ai team corrispondesse una scarsa evoluzione delle monoposto ad effetto suolo nel corso del campionato. Se la passata stagione i tre top team affinarono le loro vesti aerodinamiche, quest’anno stiamo assistendo a vere e proprie versioni “B” di alcune vetture. Basti pensare al repentino quanto invasivo cambio di direzione apportato alla Mercedes W14 a partire dal Gran Premio di Monaco.
La maggior parte delle scuderie introduce update quasi ad ogni week end di gara, come si evince dai report obbligatori forniti alla Federazione Internazionale alla vigilia di ogni tappa del mondiale. I correttivi visibili sono certamente quelli che afferiscono alla parte aerodinamica della vettura. Tuttavia, a volte, hanno interesso persino la geometria dei sistemi sospensivi.
Con un anno di esperienza sul groppone all’interno della cost cap, molte squadre hanno messo in atto procedure per minimizzare le spese. Sino al 2020 il budget a disposizione era praticamente illimitato ma difficilmente abbiamo assistito a rivoluzioni dei progetti tecnici nel corso della campagna agonistica. Il budget cap gate dello scorso anno ha evidenziato la debolezza del corpo normativo in materia finanziaria.
Da un lato la FIA ha sottostimato lo sforzo necessario per controllare i report forniti dai team. Mentre quest’ultimi hanno prodotto evidenze che si prestano a molte perplessità. I team di F1 sono nella maggior parte dei casi società multidisciplinari che operano in settori tecnologici variegati ma con punti di contatto molto ambigui. Ad esempio gli emolumenti corrisposti ad Adrian Newey non figurano nei report Red Bull nonostante sussista l’obbligo di rendicontare le competenze dei tre manager più pagati.
Questo è stato reso possibile perché il papà delle migliori monoposto realizzate negli ultimi anni risulta stipendiato da Red Bull Advanced Technology, soggetto ufficiosamente distinto dall’area racing ma in realtà a supporto di quest’ultima. La necessità di non replicare l’imbarazzante querelle tra team e organo di governo della F1, pertanto, ha obbligato la FIA a inasprire i controlli sull’operato finanziario delle scuderie.
Entro il 31 luglio, in via ufficiosa, le squadre dovrebbero ottenere dalla Federazione Internazionale il certificato di conformità sui report prodotti, ma i tempi dell’audit potrebbero dilatarsi. Si fanno sempre più insistenti le voci secondo cui sarebbero state rilevate delle ambiguità/irregolarità sulla rendicontazione di alcune squadre.
Dopo la sanzione farsa a Red Bull della passata stagione, la Federazione Internazionale ha inasprito i controlli sui documenti inviati dalle scuderie rispetto all’impiego delle risorse in fabbrica e in pista. Si vocifera di veri “interrogatori” ai dipendenti, anche agli ingegneri in “gardening leave”. L’attenzione riguardo ai bilanci 2022 è concentrata sui programmi paralleli di soggetti paralleli ai team di F1.
Le zone grigie del regolamento finanziario non facilitano il controllo che la FIA che ha prodotto una nuova direttiva tecnica (TD45, nda), per evitare che il budget cap venga eluso attraverso “scatole cinesi”. Il responsabile finanziario FIA Federico Lodi ha infatti sottolineato come il personale a sua disposizione sia più che triplicato rispetto a 12 mesi fa in quanto, per sua stessa ammissione, lo sforzo profuso per effettuare un audit su società cosi complesse è stato sottostimato.
Il manager modenese ex Toro Rosso, dispone di un gruppo di lavoro composto da dieci risorse. Il problema non risiede nel numero dei “revisori” ma nei poteri concessi al direttore finanziario e gli strumenti per poter valutare la genuinità della rendicontazione redatta dai team. Laddove si riscontri un’evidente omissione di costi che concorre al miglioramento delle performance la direzione finanziaria della FIA ha titolarità per accedere ai libri contabili dei team?
Per di più esiste il grosso problema relativo ai tempi di risposta dell’analisi finanziaria. Non è possibile mettere in discussione il risultato sportivo di una stagione agonistica alla fine di quella successiva. Ad ottobre di quest’anno sapremo se nel 2022 le scuderie hanno operato in modo coerente. Un lasso di tempo cosi lungo da rendere complicata l’applicazione di pesanti sanzioni retroattive che minerebbero la credibilità della categoria.
La sensazione è che i team supportati da colossi che operano in diversi settori avranno sempre maggiori possibilità di sfruttare zone grigie, in un quadro normativo che doveva operare, per di più, come balance of performance. Nonostante i tentativi di arginare la fantasia finanziaria dei competitor, la FIA ha definito un sistema di controllo spesa che le sta sfuggendo di mano.
Autore: Roberto Cecere – @robertofunoat
Immagini: Scuderia Ferrari