Il potenziale ingresso di un nuovo team in F1 sembra un segreto di stato. Un mistero irrisolto e irrisolvibile, un accordo massonico di quelli siglati in stanze avvolte nella penombra come tradizione cinematografica impone. Se ne parla da mesi, anzi da anni, ma il momento dovrebbe finalmente essere giunto, a meno che le informazioni filtrate da questa enigmatica loggia non siano errate: sabato 15 luglio dovrebbe essere il giorno in cui la FIA rende note le manifestazioni di interesse che erano pervenute a Place de la Concorde in seguito a emissione di regolare, ma altrettanto nebbioso, bando di concorso.
I soggetti che hanno inoltrato richiesta, in base ai termini del bando, sono e restano segreti fino alle comunicazioni federali. In generale, quattro erano i potenziali team interessati. La candidatura più concreta è quella di Michael Andretti che sembra aver fatto i giusti passi verso la massima serie a ruote scoperte.
Il progetto è ambizioso visto che è pronto un programma che prevede un team di F1, uno di F2 e uno di F3. Michael e Mario vogliono fare le cose in grande e per questo hanno strappato un accordo con General Motors che sosterrà la cordata, col marchio Cadillac.
Le altre tre candidate, più avvolte nel mistero che viene alimentato dall’obbligo di riservatezza che la FIA è tenuta ad osservare prima delle delibere ufficiali, riportano a Panthera Team Asia guidato da Benjamin Durand e che può contare su fondi arabi, a HiTech di Oliver Oakes (che pare abbia fatto qualche passo in avanti lasciandosi alle spalle i legami con i Mazepin che sono ormai banditi dalla F1) e una vecchia conoscenza del motorsport: Craig Pollock alle cui spalle ci sono capitali sauditi riconducibili al principe Khalid che aveva confermato l’avvio degli studi di fattibilità relativi al programma F1.
Il ristretto circolo delle scuderie partecipanti al mondiale di F1 fa ancora resistenza, nonostante il momento della decisione finale si avvicini a grandi passi. Le perplessità non sono del tutto superate. La clausola d’accesso alla Formula 1 equivale a 200 milioni da elargire in soluzione unica. In pratica 20 milioni a team che, nel lungo periodo, hanno il sapore di un brodino insipido.
Questo tipo di gabella varrà fino al 2025, anno in cui scadrà l’attuale versione del Patto della Concordia. I team principal vorrebbero portare la quota di partecipazione a 600 milioni, cosa che garantirebbe ben altri introiti per chi è nel cerchio magico dei dieci.
La partita si sta giocando su questo passaggio delicato. Le squadre hanno ormai compreso che l’ingresso di almeno un nuovo soggetto potrebbe concretizzarsi prima della scadenza sopra indicata. E poco possono farci perché è proprio il Patto della Concordia che ammette l’introduzione di altre realtà previo pagamento della somma che ora viene ritenuta non congrua.
Quando il documento fu redatto la F1 veniva dalla crisi pandemica e non si pensava che altri soggetti avessero la forza di entrare nel cerchio dei dieci. Ma quella fase d’instabilità è superata e ora ci sono soggetti che possono sobbarcarsi con relativa facilità l’obolo da 200 milioni di dollari.
Ecco che i team principal hanno cambiato strategia e, consapevoli di essere impotenti contro le norme da essi stessi accettate, chiedono che l’eventuale nuovo gruppo sia in grado di generare valore. E’ questo un punto sul quale, da tempo, batte Toto Wolff che possiamo definire il capo dei reazionari, quelli che si oppongono ad ogni spinta innovatrice.
Il manager viennese, capendo che ormai sta per capitolare, ha insistito sul fatto che la proposta della nuova franchigia sia vantaggiosa per la Formula 1 in termini di marketing, interesse per il pubblico e, di conseguenza, che sappia generare utili da dividere tra le dieci sorelle. Wolff è così determinato che ha provato a giocarsi l’ultima carta: quella della sicurezza. Leggere per credere: “C’è un problema di sicurezza: guardiamo alle qualifiche, già ora sembriamo su una pista di go-kart, siamo tutti attaccati“.
La soluzione? Le nuove cordate devono comprare una squadra esistente. Questo concetto è stato espresso anche da Frédéric Vasseur che rompe il silenzio della Ferrari sulla materia dopo molto tempo: “Per me, chi vuole entrare, deve comprare una squadra già esistente”, ha spiegato il team principal francese che ha aggiunto: “Oggi c’è un grande boom intorno alla F1, ma bisogna tenere presente che un paio di anni fa i proprietari dei team hanno fatto uno sforzo enorme. Entrare ora è più vantaggioso. Ripeto: se questo ingresso è davvero un fattore aggiunto per tutte le parti interessate, perché dovremmo opporci? Ma non mi sembra che oggi siamo a quel punto“.
Belle parole, ma se i team attuali non vendono come è possibile entrare nel magico giocattolo? Le posizioni di Vasseur e di Wolff, ma anche di Horner che si era adagiato sulla medesima linea interpretativa, sono anacronistiche ed antistoriche, seppur comprensibili perché nessuno intende perdere i diritti acquisiti. E parliamo di pacchi di danaro da spartirsi.
Ma di questa contraddizione non se ne cura Vasseur né tanto meno Wolff che non le ha mandate a dire: “Non c’è nessun campionato sportivo di rilievo al mondo in cui sia possibile iscrivere una squadra in più e competere per il montepremi. Bisogna fare la gavetta e dimostrare l’impegno che noi tutti abbiamo profuso in tanti anni. Se ci porta qualcosa, allora dobbiamo prenderlo in considerazione”.
“Sono convinto che la F1 sia una lega di franchigie. Come accade in NFL, quando arriva qualcuno, gli si chiede cosa porti sul tavolo. Questo compito spetta alla FIA e alla FOM, noi possiamo solo commentare da fuori. Finora nessuno ha convinto i team, ma non abbiamo visto le domande arrivate alla FIA e a Stefano [Domenicali], e saranno loro a giudicare se queste siano positive per la Formula 1 o meno”.
Chiaro? Non ancora? Ve lo spiega Vasseur che ha così argomentato: “La presenza di un nuovo team può avere senso per la F1 solo se ha un apporto enorme in ogni singola direzione”.
Insomma, l’antifona è chiara. I team storici, quelli più potenti e politicamente “pesanti”, stanno conducendo l’ultima battaglia, l’epilogo prima del probabile armistizio che, per natura e storia, è un atto compromissorio col quale cederanno qualcosa, aprendo all’undicesima equipe, per ottenerne altre. Ossia delle solidissime garanzie che i membri del patto siano inondati da un corposo fiume di soldi.
Ecco perché, in conclusione, è quella di Andretti la candidatura più avvantaggiata perché alle spalle ha un gruppo come Cadillac e una riconoscibilità internazionale che attirerà fondi e sponsor. Il buon Michael, avversato ferocemente sin dal primo giorno in cui ha manifestato l’interesse per la F1, diventerà il primo amico a cui dare affettuose pacche sulle spalle quando arriveranno i dati sui dividendi dei team. Perché davanti ai dobloni d’oro, l’uomo cambia approccio e sotterra le asce di guerra. “Scurdammece ‘o passato”, recita così la famosa canzone…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, Mercedes AMG F1