Non è a “colpa” sua. O perlomeno non solo a causa sua se in Ferrari le cose vanno male. Un fantasma si aggira per il paddock, reduce da una vendemmia sfiancante e pronto a lanciare sul mercato una grappa ad elevato numero di ottani! Il problema, banalmente, non è perdere o vincere. Ma come si vince e come si perde. L’attitudine, mettiamola così. E la cosa peggiore che può capitare a una squadra di F1 (ma ciò riguarda anche molti altri ambiti della vita) è l’irrilevanza.
La Ferrari di Silverstone è stata un nulla condito di niente. Disarmante nella sua pochezza e nel filotto di scelte sbagliate snocciolate con tempismo perfetto verso la nullità. Gli ultimi giri dietro la Williams di Albon sono stati di una tristezza desolante. Uno spettacolo deprimente, triste, tragico e ovviamente, come accade quasi sempre, anche comico. Tragedia e commedia si toccano spesso.
Comico nel senso che noi esperti dal divano (birra e rutto libero), mentre venivamo ammorbati dalla parola che abbiamo imparato a odiare assieme a fucsia, vale a dire Copse ripetuta settemila volte e quasi ipnotizzati dalla musica da discoteca a palla, ci siamo resi conto che in Ferrari avevano una paura assurda di sbagliare. E che per questo hanno avuto un atteggiamento iper-prudenziale in gara. Cioè, non so se vi rendete conto dell’ironia manifesta. Vai a 300 chilometri all’ora assieme ad altri 18 pazzi e sei “prudente” nella gestione delle gomme.
Sia chiaro, con l’era turbo ibrida si è molto più conservativi che in passato in tutte le sue componenti. Ma c’è comunque un limite fra l’essere conservativi e il decidere di non correre qualsiasi rischio. Se lo fai, allora è inevitabile l’harakiri. I primi a cambiare le gomme ad un loro pilota, gli unici a non cambiarle all’altro pilota dopo una lunghissima e soporifera Safety Car (tanto che il buon Chinchero ha avuto buon gioco a dire: “Fra poco la asfaltano direttamente la pista”).
Abbiamo già analizzato, noi e altri, confortati dalla schietta sincerità di Frederic Vasseur (almeno questo), cosa è accaduto durante la gara. Appunto aver sbagliato completamente non solo le gomme da usare, ma pure la strategia in gara. Ma l’una e l’altra cosa erano ovviamente concatenate, e il fatto fondamentale è che la Ferrari, da quando esiste il fornitore unico e in particolare dal 2014, non ci ha mai capito niente degli pneumatici.
Non è colpa della Pirelli, visto che tutti hanno quel prodotto. E’ un enorme limite di Maranello. Dicevo dei nessi causali e continuo: il non aver voluto osare, avendo a disposizione cosa accadeva in pista, come se si fosse ciechi davanti alla realtà. Fatto il compitino prima della gara, ci atteniamo a quello. E le variabili tipo temperature, gommatura della pista, Safety Car etc. etc.? Non ce ne frega nulla. E corriamo allegramente verso il disastro.
Potremmo appuntarci, come hanno fatto molti avendo ottime ragioni, sul perché avendo avuto il consueto guasto (fra i top team capitano solo in Ferrari) e avendo perso con Leclerc le Fp2, non si sia utilizzata la mezz’ora buona delle Fp3 per fare dei mini run con tutte le gomme. O perché non si sia pensato che venerdì si degradava molto con le rosse, ma che fra sabato e domenica nonostante la pioggia si sia corso, le temperature sono cambiate e quindi si poteva osare. Niente da fare.
Alla fine, Binotto non c’è più a guidare la Ferrari, Iñaki Rueda sta dove sta, eppure molti errori macroscopici restano. E la cosa curiosa è che il Cavallino Rampante continua ad essere l’unica a fare questi errori. Mi spiego meglio. Tutti sbagliano. Ma in Ferrari la quantità e qualità degli errori è una costante quasi matematica. La conclusione è che se è vero che un uomo non all’altezza può fare casini, più uomini non all’altezza fanno disastri.
Questa squadra è ancora fatta di uomini mediamente abituati a perdere, probabilmente con metodologie di lavoro non adatte ad un top team e quindi, purtroppo, la rifondazione della Ferrari non può non passare da un azzeramento (o un robusto rinforzo condito magari da un turn over) dell’attuale muretto rosso. Arrivo a dire che forse il problema del materiale umano è più profondo del problema tecnico. Bene o male la SF23 un cambiamento l’ha avuto. Più prevedibile, senza saltellamenti e via discorrendo.
In F1 non esistono miracoli. E se hai aggiustato l’aerodinamica, resta il problema delle sospensioni e del telaio. Ci hanno già detto che non se ne parla quest’anno, e ci dovremo abituare per la restante metà del campionato a gare altalenanti. A maggior ragione, l’intelligenza strategica diventa fondamentale. Un noto adagio recita: “Solo gli stolti e i morti non cambiano mai idea”. Non aggiungo altro.
Max. Voto: che barba e che noia.
Muretto Ferrari. Voto: (mettetelo voi che a me scappa la “frizione”)
McLaren. Voto: toh chi si rivede. Plauso per la gara e per le qualifiche. Tuttavia mi assale un cruccio, ben sintetizzato da Antonino Rendina: “Andrea Stella ha ammesso che hanno scelto di non opporre resistenza a Verstappen. Pragmatismo McLaren, che non ha distrutto le gomme in una battaglia inutile ed ha fatto 2°, ma questo modo di fare fa riflettere. Non ci provano nemmeno contro questa Red Bull”.
Red Bull. Voto: 7.
Doveva essere la gara in cui le Red Bull doppiavano tutti. Una era dispersa, l’altra non ha mai impressionato. Sì, certo, aveva comunque margine. Ma assai meno di quanto ci aspettassimo in un circuito che avrebbe dovuto esaltarne le caratteristiche. A maggior ragione spiace che McLaren non ci abbia creduto sino in fondo.
Mercedes. Voto: 6.
Insomma, mi aspettavo molto di più. E Hamilton alla fine non è riuscito a prendersi il secondo posto.
Perez. Voto: Dio ce lo conservi così.
L’unica debolezza della Red Bull. Facciamo una petizione affinché se lo tengano qualche altro anno!
Leclerc. Voto: 5.
Naufraga nella pochezza generale di questa monoposto e di questo team.
Sainz. Voto: Mah!
Ok, le dichiarazioni spesso vengono tagliate e incollate per cercare la “malizia”. Tuttavia la sua attitudine agonistica e il suo perimetro sportivo sembrano cominciare e finire nel cercare di superare il compagno di squadra. Davvero un po’ poco.
Binotto e il giornalismo. Voto: perplessità Diranno che ce l’ho con Mattia. E sportivamente (non umanamente) ce l’ho per il bilancio decisamente negativo della sua esperienza in qualità di team principal, inutile girarci attorno. E per i danni che stiamo ancora scontando. Ma il punto che mi ha fatto riflettere stamani è un altro, e ha a che fare con il giornalismo.
Ma se tu hai Binotto che gira nel paddock, ti perdi l’occasione di andargli dietro (siamo in un posto “pubblico”) e di fargli una semplice domanda? “Come mai la SF-23 va così male?” (Poi potete dirglielo in cento modi diversi, ma non cambia la sostanza). E se lui si rifiuta sdegnato la figuraccia è la sua. I giornalisti sono tali soprattutto quando fanno domande scomode.
Laurent Mekies, D’Artagnan per gli amici. Voto: almeno parlava decentemente italiano. Ci mancherà? Non credo. Vai all’Alpha Tauri e insegna anche a loro a perdere Laurent! E ora, pausa meritata di una settimana dai dolori Ferrari. Non preoccupatevi se ha fallito. Ritenterà. E fallirà meglio (semi citazione per quelli attenti).
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
immagini: Scuderia Ferrari