I tecnici Ferrari (più o meno gli stessi diciamo dal 2017) sono alle prese con un curioso fenomeno “pendolare”. Fanno oscillare il pendolo della monoposto che creano senza mai trovare l’eccellenza globale. Se un anno realizzano una vettura che genera molto carico, l’anno dopo ne fanno una che è molto efficiente. Gli ingegneri aerodinamici ci insegnato che c’è (semplificando molto) un rapporto inverso fra carico e efficienza.
Quindi alla fine si tratta, se si crea un’auto di F1, di far sì che generi abbastanza carico e che sia tuttavia anche abbastanza efficiente in rettilineo, essendo quindi veloce in tutte le condizioni. Se proprio si deve scegliere è meglio avere una monoposto che penda dalla parte del carico, in quanto nel computo totale dei circuiti (e delle loro tipologie) le risultanze competitive sarebbero migliori.
Immagino che se si corresse solo sugli ovali, ad esempio, sarebbe preminente l’efficienza aerodinamica, ma essendo la F1 una categoria che prevede circuiti con curve di tutti i tipi, ecco che in fase di progettazione bisogna trovare l’equilibrio ottimale. Cosa non facile né banale. Diciamolo subito. In Ferrari dal 2017 non ci sono mai riusciti. Dico a fare una vettura eccellente in tutto e per tutto.
Precisazione necessaria: non consideriamo gli anni 2020-21. Vi spiego il motivo, e sapete bene a cosa mi sto riferendo. Alla fine del 2019 scoppia il caso del “motorone Ferrari”. Vi ricordate le parole di Verstappen? La Ferrari bara (sul motore). Nel frattempo si consuma la faida interna fra Arrivabene e Binotto, che lo defenestra e diventa “il faraone”. Pardon, volevo dire Team Principal.
Sappiamo bene che per il “misterioso” caso legato alla PU 2019, anche se le bocche restano cucite, senza troppi giri di parole la Ferrari ha subito la castrazione, anzi sarebbe meglio dire cancellazione dell’unita ibrida. Binotto si trovò a gestire la patata bollente che già conosceva in quanto capo dei motoristi e direttore tecnico. Dal risultato pare chiaro che non abbia negoziato benissimo. Tuttavia aggiungo che probabilmente non avrebbe potuto fare di più, anche se qualche dubbio mi resta.
Perché non avrebbe potuto fare di più? Per la plausibile soffiata di un tecnico Ferrari caduto in disgrazia. In sostanza a Binotto quelli di Place de La Concorde avrebbero detto (più o meno): cancellate la PUn2019. E in pochi mesi in GES hanno dovuto sfornare una nuova unità, da un foglio bianco, che somigliava terribilmente (ma questa è una mia cattiveria) al peto-motore della famigerata F14T.
La monoposto successiva era un’evoluzione sella SF1000 (si attendeva la rivoluzione regolamentare che causa Covid fu posticipata di un anno), e ne ereditava i pochi pregi e i tanti difetti, compreso il nanomotore, seppur migliorato. Non consideriamo nel computo queste due auto perché soprattutto la prima era nata per una power unit con almeno 100 cavalli in più. In pratica il motore al posto di spingerla faceva da paracadute (scherzo ma credo di aver reso il concetto).
Vediamo cosa ha “cucinato” il reparto tecnico nella gestione sportiva senza quei due anni disgraziati. Io la chiamo, appunto, “oscillazione del pendolo”.
2017. Carico mostruoso, scarsa efficienza (ricordate SPA?)
2018. Carico leggermente inferiore, migliore efficienza, grande motore (ri-ricordate SPA?).
2019. Carico inesistente, ottima efficienza, super motore.
2022. Carico elevato, ridotta efficienza.
2023. Carico scarso. Buona efficienza.
Una costante, da tempo immemore, probabilmente dal 2014, è che gli sviluppi portati sulle monoposto (in particolare quell’oggetto misterioso che è il fondo) non hanno sortito effetti; talvolta hanno peggiorato la monoposto. Parziale inversione di tendenza il biennio di cui sopra, che però non fa testo per quanto detto in premessa. Nota a margine. Alla fine del 2016 se ne va James Allison (che ha fatto le fortune di Mercedes), Simone Resta, padre di alcune intuizioni della SF-70H, nel maggio 2018 va in Alfa Romeo-Sauber (caso curioso: nell’agosto 2019 è richiamato in Ferrari, per poi lasciarla nuovamente dal 1º gennaio 2021 per un altro team satellite, la Haas).
E’ di questi mesi, invece, l’abbandono di David Sanchez (che torna in McLaren). Resta saldo al suo posto Enrico Cardile (e addirittura potrebbe essere il nuovo DS da quel che si sente su radio-paddock). Eccolo il pendolo. Mai una volta che i nostri “eroi” abbiamo sfornato una monoposto equilibrata. E allora come possiamo essere ottimisti per il 2024, quando questi stessi uomini oscillano sempre da un estremo all’altro e sono pure depauperati di diverse teste? Ai posteri l’ardua sentenza…
Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi
Immagini: Scuderia Ferrari