La Ferrari non è un team normale. Non può esserlo perché è essa stessa la storia della F1 essendone parte integrante e meccanismo necessario sin dal “day one” (come si usa dire oggigiorno) della serie iridata. Ma non lo è, normale, anche nella sovraesposizione e nell’ingigantimento di elementi che altrove sarebbero bollati come ordinaria amministrazione, come semplice scaramuccia tra professionisti iper competitivi che non vanno in pista per farsi cortesie reciproche ma per provare a imporsi.
Negli ultimi tempi si sta parlando molto, forse troppo, del rapporto tra Carlos Sainz e Charles Leclerc. Qualcuno li vorrebbe in rotta di collisione, pronti a suonarsele anche fuori dalla pista. La realtà è tutt’altra: si tratta di due professionisti che si rispettano, che hanno un’intesa umana ottima e che, da “animali da asfalto”, quando abbassano la visiera, vogliono primeggiare. E si sa che, anche nelle annate più complesse e deludenti – come quella che sta vivendo la Rossa – il primo obiettivo di un driver sia avere la meglio di chi ha lo stesso materiale tecnico a disposizione.
Non si negano momenti di tensione “pistaiola” (ogni tanto si sente il bisogno di citare Maurizio Arrivabene) che probabilmente sono stati esacerbati da un muretto non proprio “sul pezzo”, ma da qua a farli passare per una faida interna insanabile ce ne passa. Sovente – e forse è questo il reale problema – è la narrazione che si accompagna ad una data circostanza ad avvelenare i pozzi, a creare casi lunari e sobillare un pubblico da arena romana che immagina di vedere due gladiatori lottare per la sopravvivenza.
Nel sangue di noi latini scorre la passione. Un sentimento nobile che presenta un rovescio della medaglia pericoloso: ottenebra il giudizio. O, quanto meno, lo rende meno lucido ed aderente al vero. Se c’è un popolo ancora più caldo e campanilista di quello cisalpino è quello spagnolo. Nella penisola iberica è partita una sorta di crociata anti-monegasca non richiesta. Non opportuna, irrimediabilmente inutile.
Vero è che entrambi i fantini del Cavallino Rampante hanno il contratto in scadenza alla fine del 2024 e che gli eventuali rinnovi passano anche dal sapersi imporre al rivale nelle tenzone intestina, ma non c’è nessun tintinnio di armature né alcun clangore di spade affilate da riportare. Cosa che invece in Spagna, ormai con cadenza quotidiana, accade.
Gli scenari postulati vanno dal catastrofico (Vasseur che mortificherebbe scientemente Sainz per favorire Leclerc) al surreale. Come quello pennellato da Lucas Ordoñez, pilota e ambasciatore di Gran Turismo. Il conducente ha lasciato intendere che la Ferrari dovrebbe mettere al centro del suo progetto tecnico Carlos Jr. (e chi ha detto che non lo faccia già) perché questi è stato l’unico capace di battere Leclerc.
Facciamo parlare il buon Ordoñez e poi arriviamo a qualche conclusione: “Fino all’arrivo di Sainz, Leclerc aveva vinto tutto. Da quando ha iniziato con i kart, passando alla GP3 e alla Formula 2”. Nel suo primo anno come pilota in F1, dicono i numeri algidi, Charles ha superato Ericsson su Alfa Romeo (39 – 9 a fine stagione). Nel 2019 ha battuto Sebastian Vettel 264 a 240 e, nel 2020, si è ripetuto con un perentorio 98 a 33. Nel 2021 l’inerzia è cambiata visto che Sainz, anche per una serie di circostanze che Ordoñez sembra dimenticare, è riuscito ad imporsi al monegasco.
“Era il bel ragazzo, un prodigio, e ci siamo dimenticati molto rapidamente che quest’anno, come nel 2021, Sainz è davanti a Leclerc nel Campionato del Mondo. La pressione di Maranello è molto grande. Carlos Sainz merita un riconoscimento e più rispetto da parte del team“, così ha chiosato lo spagnolo.
Parole, queste ultime, un po’ dissacranti nell’incipit. Nessuno dimentica cosa di buono abbia fatto Carlos al debutto in Ferrari. Né ci si scorda di cosa stia facendo quest’anno nelle difficoltà generali. Ma omettere in coscienza – e qua sta la cosa “grave” – l’evidente differenza che si concretizza sovente in qualifica è un atto di rimozione-revisione che non fa bene allo stesso ex Toro Rosso.
Sainz non ha bisogno di una stampa o di osservatori che incendiano le sterpaglie alimentando un fuoco che nemmeno esiste in Ferrari. Le difficoltà in cui è incappato l’ex McLaren l’anno scorso, quando Leclerc ha aperto un solco prestazionale clamoroso, non sono state negate nemmeno dallo stesso pilota. Perché lo fa chi non ha interesse di sorta? La Ferrari ha una gran coppia driver che, come normale che sia, va gestita in base alle congiunture storiche che vengono a crearsi.
Non sarà un endorsement sbilenco, campanilista e cieco a spingere Vasseur e chi di dovere a rinnovare l‘intesa. Nè a puntare su un pilota piuttosto che sull’altro. La Ferrari è un pacchetto che può funzionare solo se tutte le parti accettano e capiscono di essere un ingranaggio del meccanismo e non una primadonna da tutelare anche contro la logica più elementare. Capiamo il tifo, la passione, le pulsioni forti e quindi difficilmente controllabili, ma serve raziocinio anche quando di mezzo c’è un proprio protetto.
Sainz e Leclerc sono due asset strategici per la Ferrari che ha investito convintamente su di loro per ottenere vittorie che si rincorrono faticosamente e non per colpa dei suddetti. Sainz non è l’uomo di Mattia Binotto, Leclerc non è quello di Vasseur. Sono i piloti della Ferrari. Certi osservatori, specie se professionisti del motorsport, di qualsiasi latitudine siano, dovrebbero capirlo per evitare di mostrarsi come arruffapopolo, valutando le cose con visione organica a costruttiva. Anche e soprattutto per il bene del proprio idolo e connazionale.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari