Non esiste un libretto di istruzioni da leggere ed applicare per vincere in F1. Né per intraprendere un cammino lineare di crescita, specie se si parte dalle retrovie. McLaren, dopo un avvio di campionato fatto di stenti sportivi e patimenti tecnici, dal GP d’Austria in poi, ha mostrato progressi che hanno fatto saltare dalla sedie più di un team principal concorrente. Spielberg, Silverstone, Hungaroring: tre piste diverse per caratteristiche, tre acuti di una vettura, la MCL60, che si è dimostrata iper adattiva riuscendo a mettersi alle spalle, in un solo colpo, Mercedes, Ferrari e Aston Martin. Tanta roba.
Spa Francorchamps era una sorta di esame di maturità. Una delle piste più probanti del campionato doveva dire, in parole povere, se la creatura concepita a Woking potesse concretamente essere la seconda forza del campionato nonostante le continue evoluzioni delle monoposto rivali. Se si osserva la fredda classifica finale si rischia di arrivare a conclusioni errate che non spiegano il reale stato dell’arte.
Se si riavvolge il nastro a sabato pomeriggio troviamo una MCL60 assoluta protagonista che, in alcuni momenti, sembrava addirittura poter dire la sua in chiave vittoria. Almeno finché quel cannibale di Max Verstappen non si è messo in testa di fagocitare pure la garetta, tanto per far capire agli altri chi comanda nel quartiere. Cosa è successo per tramutare il secondo posto di Oscar Piastri e il sesto di Lando Norris in uno zero per l’australiano e in un settimo dell’inglese staccato di oltre settanta secondi dalla vetta?
Innanzitutto ci si è messo il fato che si è materializzato col volto di Carlos Sainz che, diciamocela tutta, non è stato perfetto alla Source quando ha chiuso fatalmente la vettura britannica che si è dovuta fermare per i danni che sono scaturiti dal contatto. Norris, invece, è stato vittima dell’azzardo, capro sacrificatorio di chi pensava di fare il colpo della giornata sfruttando condizioni che non si sono materializzate.
Il pilota di Bristol, coi suoi ingegneri, aveva deciso di utilizzare un’ala posteriore ad alto carico pensando – o forse sperando che le previsioni non ci prendessero – che la pioggia scendesse copiosa durante la gara. “Gambling only pays when you’re winning” cita un passaggio di un famoso brano dei Genesis tratto da quel capolavoro atemporale che è “Selling England by the Pound”. La scommessa è stata fallimentare perché di pioggia ne è caduta pochissima e l’asfalto si è appena inumidito in un paio di curve per poi, in brevissimo tempo, ritornare asciutto e ostile allo stratagemma deliberato in McLaren.
L’ala ad alto carico ha prodotto un’eccessiva resistenza dell’avanzamento che, su un tracciato infarcito di tratti full gas, ha determinato l’impossibilità di resistere agli attacchi dei concorrenti che hanno facilmente avuto la meglio sul driver che, ad un certo punto, è stato richiamato ai box per permettergli di correre in aria libera. Anche l’ulteriore azzardo rappresentato dal montare le gomme hard non s’è rivelato risolutivo. Cosa che ha reso la gara un mezzo calvario.
“Abbiamo dovuto provare qualcosa e siamo andati sulle hard, ma è stato anche peggio“, ha detto Norris. “Nessuno ha usato quella gomma per tutto il weekend, abbiamo pensato che fosse adatta a noi, quindi penso che sia stata la decisione giusta da provare. Ma è stato comunque terribile. Non avevo abbastanza giri per far entrare le gomme nella finestra operativa ed essere in grado di spingere”.
Il team, dopo gli errori di valutazione sul carico e sulla gomma per il primo stint, ha corretto il tiro mostrando di avere le idee chiare e di possedere una visione strategica di ampio respiro che è stata in grado di ridare senso alla gara di Norris. Essendo in grado di accendere le gomme più velocemente, la McLaren ha optato per le soft per la parte finale dell’evento.
“La gomma morbida – ha spiegato Lando – ha cambiato l’intera gara per noi. Lottavo per la sedicesima posizione e sono finito in settima. Le gomme morbide hanno semplicemente fatto funzionare le cose”. A Silverstone e in Ungheria la MCL60 si era meglio comportata con le hard e questo ha indotto in errore i tecnici che pensavano di replicare la strategia vincente.
Un’imprevedibilità che ha spiazzato quelli della McLaren che credevano di aver desunto elementi più solidi dalle precedenti gare. Il weekend sprint, caratterizzato dalla pioggia e da una Fp1 praticamente autoannullatasi per le avverse condizioni meteo, hanno fatto perdere il filo del discorso che si pensa di poter riannodare già a Zandvoort, una pista che potrebbe esaltare la versione rinnovata della MCL60.
Nonostante la McLaren sia uno dei team anagraficamente più “anziani” sulla griglia di partenza lo possiamo considerare una realtà nuova. Sembra un paradosso, così non è. Il gruppo di Woking è in piena fase di ristrutturazione. Vecchie figure sono state rimosse, nuove ne sono arrivate e, in un normale processo di crescita, è chiaro che si possano compiere dei passi indietro. Soprattutto quando se ne sono fatti alcuni clamorosamente consistenti e veloci come quelli effettuati nelle precedenti tre gare.
Non c’è da disperarsi, quindi, se Spa Francorchamps abbia rappresentato, specie in gara, un punto morto, una sorta di corsa all’indietro rispetto a quanto era stato fatto in precedenza. L’importante è capire gli errori e analizzarli per non ripeterli più. Il team resta convinto di poter essere la seconda forza del campionato. Forse, con dieci gare da disputare, non ci sarà la possibilità di agguantare Mercedes che ora occupa la posizione d’onore.
L’obiettivo della scuderia è quello di essere alle spalle della Red Bull in termini prestazionali. Riuscire in quest’operazione tutt’altro che semplice dovrebbe rappresentare la solida base sulla quale costruire il modello 2024 che è chiamato ad essere stabilmente in lotta per qualcosa di più di un piazzamento.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, McLaren, Mercedes AMG