E’ possibile essere speranzosi dopo una striscia di vittorie di nove gran premi? Ovviamente sì se sei chi ha imposto il suo marchio sulla F1. Più difficile risulta l’operazione se sei dall’altro lato della barricata, ossia tra le fila di chi deve inseguire. Al momento, classifica alla mano, il primo dei cacciatori è Mercedes, quel team che da due anni ha smarrito la rotta e cerca incessantemente di reimpostarla per non andare alla deriva tra dubbi concettuali che producono vetture inefficaci.
Le Frecce d’Argento hanno introdotto un importante pacchetto di aggiornamenti a Monaco dopo aver capito che il vecchio concept, quello teorizzato dal riallocato Mike Elliott, non aveva più margini di sviluppo dopo essere stato “ripulito” dal pompaggio aerodinamico che aveva negativamente condizionato la prima metà della passata stagione nella quale, in ogni caso, Mercedes seppe cogliere una doppietta, in quel di Interlagos.
Oggi, osservando la dinamica del mondiale, questa prospettiva sembra essere impossibile da realizzare. Mercedes è invischiata in una lotta serrata con Aston Martin e Ferrari. La classifica sintetizza perfettamente l’idea di alternanza prestazionale che abbiamo visto tra le tre suddette scuderie: Brackley ha ottenuto 178 punti, la franchigia di Silverstone insegue a tre lunghezze (il Gp di domenica sarà un vero e proprio derby), Maranello è a un tiro di schioppo, con un ritardo di 24 punti. Tre squadre che si sorpassano di continuo mentre Red Bull, sola e sorniona in vetta alla classifica, osserva quasi impassibile pensando ad altri record da scrivere.
In questo scenario, dunque, essere ottimisti è davvero da… ottimisti. E sorprende che a prodursi in questo slancio speranzoso sia proprio Toto Wolff, uno che negli ultimi anni è stato l’emblema del realismo pragmatico, un dirigente che non ha mai nascoste le difficoltà, che ha avuto il coraggio di apostrofare in maniera molto dura e in diretta mondiale le vetture offerte a Hamilton e Russell, un uomo che ha firmato di suo pugno una lettera aperta nella quale si scusava con i tifosi per le prestazioni non in linea con le ambizioni del team.
Le quattro gare nelle quali la W14-B sono state poco coerenti: poca roba a Monaco e in Austria, ottimi riscontri in Spagna e Canada. Silverstone sarà un esame di maturità per la vettura che sarà oggetto di ulteriori revisioni.
“Mantengo la convinzione di poter vincere”. Così si è espresso Wolff alla testata Autosport. “Se dovessi dire che non mantengo la convinzione, allora potremmo anche spegnerla e mettere tutto nella macchina del prossimo anno, ed essere felici di finire nella top 10”. Ma non possiamo chiudere ora. Dobbiamo solo continuare a lavorare. Dobbiamo prendere questi brutti giorni nel miglior modo possibile e cercare di riprenderci e avvicinarci”.
Quello di Toto è un canto di speranza che deve adeguarsi alla dura realtà che vede il gap dalla RB19 ancora troppo ampio per essere considerato chiudibile a strettissimo giro. “Abbiamo visto gare in cui siamo andati bene: penso che il distacco da Verstappen sia stato di dieci secondi a Montreal. Il che è più incoraggiante di quanto fosse in Austria“.
La W14 è una vettura ancora troppo sensibile ai diversi layout dei tracciati e alle condizioni ambientali. Il Gran Premio d’Austria ne è cartina di tornasole. Un venerdì difficile nel quale Hamilton ci ha messo una pezza, un “sabato sprint” con partenza troppo arretrata ma caratterizzato dal buon passo promosso dal clima fresco e una domenica in cui, in gara, il veicolo ha sofferto appena è tornato il sole. Altalena di sensazioni che gli ingegneri non hanno potuto prevedere permettendo, di conseguenza, d’impostare un setup idoneo.
Il titolo interno è forte quasi quanto quello scelto per questo articolo. Il tracciato britannico dirà molto, forse tutto, della stagione della Stella a Tre Punte. Silverstone è un benchmark perché l’anno scorso la pessima W13 (inutile essere buoni con una vettura che Wolff non esitò a paragonare a sostanze che non vogliamo ripetere) andò bene. Anzi, benissimo. La vittoria mancò a causa di una safety car beffarda e di una sosta ai box troppo lenta.
In quell’occasione, su un tracciato da sempre amico, il veicolo dimostrò di poter dire la sua in determinati palcoscenici. Fu il preludio inconsapevole della vittoria costruita in Brasile qualche mese dopo. Un seme piantato e germogliato nella primavera paulista.
Se la W14 ulteriormente evoluta dovesse sciorinare una prestazione da urlo, anche senza giungere sul gradino più alto del podio, vorrebbe dire che possederebbe il potenziale per far bene in alcune tappe che restano da qua alla fine. Viceversa, dovesse fallire ancora, sarebbe probabilmente una pietra tombale sui sogni di vittoria sbandierati da Wolff.
Ecco perché il casalingo Gran Premio d’Inghilterra assume una valenza fondamentale, quasi cruciale per gli “uomini in nero” che sanno di aver perso un altro mondiale ma che non abbandonano l’idea d potere diventare, nella seconda parte della campagna, un competitore fastidioso per una Red Bull che, dal canto suo, sembra seriamente candidata a far man bassa. Mercedes, ma anche Ferrari e Aston Martin hanno una grande responsabilità: provare ad evitare che questo campionato sia un monologo in salsa austro-olandese.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Mercedes AMG F1 Team