Nelle dottrine orientali, l’Arte della Guerra non è mai una questione di bruta forza – ma piuttosto ingegno e strategia. Il neo-eletto “Generale” Fred Vasseur è nato e cresciuto nell’Île-de-France, ma una volta donata la divisa rossa (una scelta quasi casuale, a detta sua) sa che per vincere la battaglia dovrà sempre essere un passo davanti a tutti, pronto a carpire ogni occasione. E sì, perché se la F1 è un circus, la Scuderia di Maranello è un campo minato – e chiunque indossi la fascia di capitano accetta con quello delle aspettative anche il peso del target che inevitabilmente avrà sulla schiena.
Vasseur non ha Social Media. Non ha Twitter (“X”, o come si chiamerà tra una settimana, domani), non ha Instagram, non legge ciò che la stampa dice di lui e non ha intenzione di iniziare a farlo. Con il suo parlare schietto, diretto ma simpatico, il francese ha la fama di essere un “burlone” (l’amico Toto Wolff di lui racconta che rovesciò vino su sua suocera prima di addentare un fiore decorativo al suo matrimonio), ma solo i poco – e male – informati lo definirebbero un pagliaccio poco adatto al suo ruolo.
La stima che il paddock sembra avere di Vasseur è inequivocabile tanto quanto le sue parole dopo una gara andata male. “Se è andata come è andata”, diceva dopo il Gran Premio d’Ungheria dello scorso weekend, un deludente 7-8, “è perché come squadra abbiamo commesso degli errori”. Dove il suo occhialuto predecessore avrebbe detto che bisognava capire (perché più che di capire si trattava di proteggere, sempre ed in faccia all’evidenza, la sua nave alla deriva), Vasseur mette subito in chiaro i dove, i come e i perché.
“Non riusciremo mai a massimizzare i risultati se continuiamo a commettere così tanti errori,” aveva ammesso nell’immediato post-gara, senza troppi giri di parole. “Con una sola sessione di Libere, siamo stati troppo conservativi sulla selezione delle mescole al venerdì, non le abbiamo capite e abbiamo sottovalutato la durata della media in gara. Tra l’errore ai pit con Charles che gli ha fatto perdere tempo in corsia, poi nel traffico, e la penalità al secondo stop, abbiamo perso contro Russell che partiva diciottesimo ma anche Piastri che aveva problemi.”
Una spiegazione chiara, netta, esaustiva, un mea culpa pluralizzato e condiviso che non punta il dito contro nessuno in particolare – e non esclude il mancato appuntamento con la competitività della sciagurata SF-23, chiarito immediatamente dopo. Confrontato con l’irriverente post Ungheria della stagione precedente e alla riluttanza ad ammettere che una strategia che aveva fatto sogghignare i rivali di fronte alla stampa internazionale si fosse rivelata, a tutti gli effetti, fallimentare, bisogna riconoscere al vecchio lupo Fred una certa sagacia comunicativa.
Cosa che non dovrebbe stupire nessuno, visto che il francese nasce, cresce e forse non corre – ma sguazza, testa fuori dall’acqua e ghigno bene in vista, da sempre, in ambito manageriale. Lui il capitano lo fa di mestiere, e sebbene sia incongruo escludere che non abbia ambizioni proprie, la sua più grande è di guidare la nave al porto – non di sedere in cabina di comando. “Dirigere Ferrari non è il Santo Graal della F1, non posso definirlo un obiettivo,” dice, “vincere con un altro team è meglio che perdere con Ferrari, ma vincere con Ferrari è la più grande sfida del paddock.”
Capitanare un qualsiasi team di F1 non è un’impresa facile, né scontata. Dirigere Ferrari attraverso una tempesta che dura ormai da quindici anni diventa praticamente un’Odissea – e già diversi “Ulisse” del paddock avevan risposto alla chiamata di Elkann con un educato “grazie, ma anche no”. Tra tutti i nomi spicca quello di Christian Horner, l’eloquente uomo-Red Bull dotato, a quanto pare, anche di un eccellente istinto di sopravvivenza che gli consentì di rifiutare un’offerta per il 2021, quando con una Ferrari sesta in campionato Mattia Binotto era ancora considerato caposaldo della (sua) rivoluzione rossa.
Vasseur ha saputo – dalla stampa italiana – che avrebbe rimpiazzato Binotto alla guida della Scuderia in occasione del weekend di Abu Dhabi dell’anno scorso – tre giorni prima, ci fa sapere lui, che firmasse un contratto. Tre giorni di delibera, dunque, con una trattativa appena conclusa con Audi per la sua Sauber sesta in campionato (il “miglior risultato possibile”) – e alla fine è stata sua moglie a mettergli la pulce nell’orecchio con un semplice “ricorda cos’è successo in passato”. Non sappiamo precisamente a cosa la Signora Vasseur facesse riferimento – la favola del connazionale Todt, o forse Leclerc, che aveva debuttato in F1 proprio sotto la guida del buon Fred – ma quell’invito al ricordo è bastato per convincerlo.
Oltre ad una vettura in fase conclusiva di sviluppo ed un piano di aggiornamenti per il 2023, dal “dimissionario” Binotto Fred eredita la guida di una nave già salpata dal porto – e che vi si è allontanata troppo per farvi ritorno. In balia delle onde, tocca al nuovo capitano disegnare la rotta per il futuro – e far sì che tutta la squadra lo segua, ma non solo; tocca portare a bordo personale equipaggiato, ben preparato, nuovi punti di vista perché lo stagnante dipartimento tecnico non torni ad essere una camera dell’eco. Bisogna aprire le porte alla comunicazione e al sano scambio di idee, di opinioni. Dire addio ai “faraoni”.
Sembra quasi ironico pertanto che il primo ad abbandonare la ciurma di sua volontà, in seguito a – si vocifera – “incompatibilità lavorative” sia stato proprio l’Head of Vehicle Concept David Sanchez, responsabile per il progetto alla base della F1-75. Si potrebbe dire che vista l’involuzione già nel corso della stagione 2022, ed il “limite esplorativo” incontrato ad inizio 2023, questo concetto avesse esaurito il suo potenziale prima di poterlo esprimere del tutto.
L’errore, a questo punto, sarebbe non solo giocare, come spesso fa la stampa, a puntare il dito contro un solo responsabile (Binotto, Sanchez, o il povero disgraziato di turno) – ma anche ridurre l’intera questione ad una vettura sbagliata e poco più. Il problema, fa sapere Vasseur, è tutt’altro – e ha radici ben più profonde. “Non si tratta della macchina”, spiega il Team Principal della Rossa, “ma di dieci anni di regressi di una certa mentalità lavorativa all’interno del team. È quello che bisogna cambiare, e bisogna farlo da subito, stabilendo una nuova direzione.”
La F1, però – lo sappiamo? – ha i suoi tempi. Si lavora oggi alle soluzioni per il 2024, e ieri a quelle per due anni nel futuro. “Pianificate ciò che è difficile quando le cose sembrano facili,” diceva un certo Sun Tzu. “Lavorate alle grandi cose quando sono piccole.”
Dopo 8 campionati vinti tra GP2 e GP3 con la sua ART Grand Prix (fondata assieme a Nicolas Todt, figlio del napoleonico Jean e manager di Charles Leclerc), Fred Vasseur debutta da Team Principal in F1 nel 2016 con Renault – e “scappa” dagli uffici di Enstone alla fine dello stesso anno per approdare alla guida di Sauber. “C’era troppa politica, troppa gente,” borbotta a proposito di quell’esperienza in un Podcast francese, “tutti parlavano, non mi piaceva e ho detto: o cambiamo o me ne vado. E quindi me ne sono andato.”
Ai tempi qualcuno lo vide come un chiaro downgrade: la Sauber era il fanalino di coda della griglia – un team prossimo, si diceva, alla bancarotta. Armato di umiltà, contatti ed avanzate abilità di planning, Vasseur raccolse la delusione della breve avventura in Renault e si dedicò alla ricostruzione del team famoso per aver avviato la carriera di numerosi campioni.
Nel giro di un anno, annullò l’accordo per la fornitura di motori con Honda e ne strinse uno con Ferrari, garantendo inoltre al team una partnership commerciale con l’Alfa Romeo di Marchionne. Tanto per rinforzare i rapporti con Maranello, nel 2018 Sauber diventa la piattaforma di lancio per il debutto di un altro giovane talento – questa volta proveniente dall’Accademia Ferrari.
In occasione dell’apertura del weekend del Gran Premio di Spa–Francorchamps, è proprio Leclerc ad offrire uno sguardo sull’operato di Vasseur in Ferrari – che se non ad altro, è servito a rinsaldare la sua (comprensibilmente, ma sempre per assunto) titubante fiducia nel team. “Fred ci dice sempre tutto, condivide ogni cosa con noi”, intona ai microfoni di Sky Italia il monegasco, tornando su una questione a lui cara – l’onestà. “Sappiamo che decisioni sta prendendo per il futuro – come squadra, sappiamo dove e come muoverci per migliorare in ogni aspetto. Ci vorranno mesi, se non anni, per tornare a vincere. Sapere che stiamo lavorando per migliorare, essere parte di questo processo, mi dà fiducia.”
Oltre alla trasparenza – alla base della buona comunicazione in qualsiasi ambito lavorativo – “ci vuole prima di tutto un po’ di umiltà,” aveva detto Vasseur in un’intervista con The Race, “e poi c’è bisogno di prendersi del tempo per capire la squadra, per capire il processo, per capire dove siamo deboli, dove non lo siamo. E poi bisogna agire.”
Alla base di questo dettagliato piano d’azione vi è l’assunzione di personale, tra cui diversi responsabili tecnici. I rumours parlano di 90 figure in totale “rubate” ad altri team – ma i tempi non saranno immediati, e così neanche i risultati, sebbene nel breve termine ci sia sempre e comunque l’obiettivo di recuperare terreno sulla concorrenza.
“Quando si assumono nuove persone, soprattutto da altri team,” spiega Vasseur, “ci vogliono mesi per le posizioni più facili e anche anni per quelle più difficili. Significa che il processo è lungo. Se facciamo un conto che ci vorranno due anni, sembra logico dire che se inizi tra sei mesi, saranno due anni e mezzo. Per questo è importante agire da subito. Stiamo reclutando nuove figure in modo massiccio, ora. Questo è anche un messaggio che dobbiamo inviare al paddock e alla squadra: faremo del nostro meglio in ogni singolo settore.”
Nonostante salti facilmente all’occhio una certa voragine lasciata dall’abbandono di Binotto – che della Scuderia oltre che il Team Principal era anche il Direttore Tecnico – Fred sottolinea come sia di fondamentale importanza che le prestazioni migliorino in ogni campo, in pista ed in fabbrica. E forse anche più in su. Prima di volare così alto, però, ben conscio del rischio di perdere le ali prematuramente – un moderno Icaro, tema ricorrente in Ferrari – il buon capitano sa di dover dimostrare di essere all’altezza del ruolo che gli è stato conferito – come si dice – solo per assenza di opzioni migliori.
Se Vasseur sarà un nuovo Todt, solo il tempo lo dirà. Per ora i due in comune hanno solo la nazionalità ed un rapporto di genuina amicizia con il pilota al timone. Garantire il rinnovo di Leclerc (una priorità per i vertici di Maranello) vuol dire dover garantire a Charles stesso un futuro in cui vince vestito di rosso – e per lavorare su quel futuro, Vasseur avrà a sua volta bisogno di una garanzia, solo una, la più importante: quella del tempo. La fiducia, per il generale d’oltralpe, si conquista, proprio come il nemico in guerra – battaglia dopo battaglia.
Autore: Sara Esposito – @_allthatglitz
Immagini: Scuderia Ferrari
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NON MI CONVICE È DIVRRSI ANNI CHE IN ALFA SAUBER CIRCONDATO DA ITALIANI ORA IN FERRARI E NON HA ANCHORA DETTO DUE PAROLE DICO DUE PAROLE IN ITALIANO