Sono giorni tumultuosi per Alpine. Mentre tecnici e piloti cercano di tirar furi prestazioni da un progetto che è rimasto invischiato nel midfield della F1, i dirigenti preposti al dialogo con le istituzioni del motorsport provano a fare leva per ottenere una revisione del blocco degli sviluppi dei propulsori imposto fino al 2026. Un tentativo estremo, quasi disperato, che spiega come a Estone e soprattutto a Viry-Châtillon, dove vengono concepiti, prodotti ed assemblati i V6 turbo-ibridi, stiano muovendosi a tentoni perché i margini di crescita sono ben poco ampi.
Nei giorni scorsi, ve ne abbiamo dato conto, i delegati tecnici della Federazione Internazionale dell’Automobile hanno analizzato, con dati e numeri forniti dagli stessi team, le prestazioni delle unità propulsive presenti in griglia nella prima metà del 2023 arrivando alla conclusione che si registra un notevole divario prestazionale tra i concorrenti. Il V6 Renault montato sulle Alpine è quello più attardato e qualcuno dei facenti funzione ha proposto di vagliare la possibilità di far recuperare terreno ai francesi prima del decongelamento normativo del 2026.
Sono state discusse diverse strategie per rispondere a questa situazione e i motoristi hanno dato mandato al Power Unit Advisory Committee di trovare e proporre alcune soluzioni alla F1 Commission. Un atto che non porterà i transalpini a poter interrompere la pax tecnica stabilita l’anno passato. Una mossa per bilanciare i valori in griglia che sa di artificio per aiutare chi ha lavorato peggio.
Gli esperti della FIA avrebbero riscontrato che il motore della Losanga pagherebbe un deficit di cavalli non meglio definito rispetto ai concorrenti. Renault aveva provato a fare una richiesta piuttosto inusuale in epoca di congelamento normativo: poter modificare il limite del flussometro del carburante per avere maggior portata e, quindi, più potenza disponibile. La Commissione, compatta, ha rigettato al mittente una proposta che, nei fatti, avrebbe rappresentato l’introduzione del tanto temuto balance of performance tecnico.
Alpine, almeno nel breve termine, non avrà dunque alcun assist. Nella franchigia francese, che aveva impostato il futuro di medio periodo su un programma che doveva portarla ai vertici della categoria entro cento gran premi, si è capito che l’obiettivo è miseramente fallito.
Renault ha un pessimo rapporto con le motorizzazioni turbo-ibride. Dall’abolizione degli aspirati la casa della Losanga ha arretrato vistosamente. Da punto di riferimento assoluto si è trovata ad essere soggetto arrancante. Tanto che oggi i suoi motori sono poco appetiti e la sola Andretti Global, qualora dovesse sbarcare in F1, potrebbe acquisirli pro tempore prima che Cadillac si metta a costruirne in prima persona.
Alpine postula un modello con una motorizzazione esclusiva che quest’anno mirava a risolvere i problemi d’affidabilità che nel 2022 erano stati messi in conto in virtù di un approccio molto aggressivo che puntava alla performance a scapito dell’affidabilità. Se qualcosa si è mosso sul fronte solidità non altrettanto si può dire per quanto riguarda le prestazioni.
Aver fallito gli obiettivi ha scatenato la reazione di Luca De Meo che ha operato un vero e proprio repulisti delle figure apicali del team. Dopo il defenestramento di Laurent Rossi (al suo posto Philippe Krief in veste di CEO), la scorsa settimana è giunta la notizia della rimozione di un altro pezzo da novanta: Otmar Szafnauer sostituito da Bruno Famin. Ma non finisce qui. Anche Alan Permane, direttore sportivo, è stato giubilato dopo 34 anni di lavoro presso la struttura di Enstone. Un terremoto che era stato preceduto dall’addio di Pat Fry andato in Williams.
La certificazione del fallimento di un paradigma basato sulle quattro stagioni di crescita che la dirigenza aveva individuato come soglia per tornare a vincere stabilmente. L’ex CEO di Alpine Laurent Rossi, nel 2021, aveva definito il “piano 100 gare”. Quattro mondiali, in pratica per arrivare in cima alla F1. Il “giubilato” Szafnauer, a inizio anno, spiegava che il target su indicato restava valido e che il team fosse sulla buona strada per raggiungere i propri propositi sportivi. Rileggere le sue parole, ora, risulta abbastanza strano visto come sono andati i fatti:
“Il piano delle 100 gare è ancora il nostro obiettivo. C’è molto da fare da qui ad allora, ma sì, lo stiamo monitorando da vicino. È una questione di strumenti, metodologia e persone. E questo richiede tempo. Stiamo attirando le persone giuste e, nel frattempo, stiamo mettendo in atto le metodologie e gli strumenti di cui abbiamo bisogno“.
In poco meno di sei mesi è cambiato tutto. Il tecnico rumeno non c’è più. Rossi, il suo sponsor, pure. Ricordiamo che quest’ultimo era stato l’artefice di un’altra rivoluzione che aveva allontanato Alain Prost e Marcin Budkowski. Quest’ultimo, evidentemente ancora parecchio avvelenato, ha lasciato intendere che il problema della compagine francese è molto più in alto e riguarda la volontà di spendere. Che non sarebbe così pressante.
“Sono triste, questa squadra mi sta ancora a cuore. Ho trascorso molti anni lì”, ha detto Budkowski al canale Viaplay Sport Polska. “Conosco molte persone là dentro e sono in contatto con loro. Meritano di meglio: risultati migliori e una gestione migliore. Il problema della Renault in Formula 1 è sempre stato che le ambizioni sono molto alte, ma le risorse finanziarie sono insufficienti. Ogni anno le ambizioni crescono sempre di più, ma le risorse messe in campo non fanno altrettanto. Però tutto questo il consiglio di amministrazione della Renault non ha mai voluto sentirselo dire”.
Szafnauer sarebbe vittima proprio della sua schiettezza nel chiedere ulteriori risorse per supportare programmi troppo ambiziosi e che cozzano col budget attuale: “Otmar ha trascorso molti anni in Formula 1 con diverse squadre e sa cosa serve per vincere e quanto sia difficile riuscirci. Sa anche quanto denaro viene speso dalle squadre che vincono e quanto tempo ci vuole per avere successo. Questo approccio probabilmente non è stato apprezzato dalla Renault”.
Le parole dell’ex Renault in effetti lasciano pensare che l’impegno del colosso francese non sia poi così convinto. Siamo in una fase in cui altre scuderie si affacciano alla Formula Uno, come abbiamo raccontato in un focus uscito ieri. Non è quindi assurdo pensare che una delle scuderie che spinge per entrare potrebbe addirittura sostituire nel tempo la compagine transalpina che, da quando il Circus ha abbracciato i motori turbo ibridi, non è stata più in grado di lottare sistematicamente per la vittoria.
Siamo sicuri che, alla lunga, una casa automobilistica che fa da spettatrice sia interessata a proseguire nella massima serie? In questo cammino è eloquente ciò che ha fatto Honda nel momento in cui han iniziato a vincere a raffica: i vertici hanno rivisto l’idea di dire addio perché trionfare significa soprattutto vendere considerando l’enorme ritorno d’immagine.
Una Alpine-Renault che non riesce ad imporsi potrebbe lentamente portare i francesi verso il baratro, ossia in direzione della decisione di dire addio alla massima categoria del motorsport. Chiaramente questa è una congettura. Che potrebbe però avere delle basi concettuali non del tutto astruse.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Alpine F1