Provando a gettare uno sguardo nelle segrete stanze dell’Alpine si percepisce una certa confusione. Mentre tecnici e piloti cercano di tirar fuori prestazioni da un progetto che è rimasto invischiato nel ventre molle della F1, i dirigenti preposti al dialogo con le istituzioni del motorsport provavano a fare leva per ottenere una revisione del blocco degli sviluppi dei propulsori. Un tentativo estremo, quasi disperato, che spiega come a Estone e soprattutto a Viry-Châtillon, dove vengono concepiti, prodotti ed assemblati i V6 turbo-ibridi, stiano muovendosi a tentoni perché i margini di crescita sono ben poco ampi.
Nei giorni scorsi i delegati tecnici della FIA hanno analizzato, con dati e numeri forniti dagli stessi team, le prestazioni delle unità propulsive presenti in griglia nella prima metà del 2023 arrivando alla conclusione che si registra un notevole divario prestazionale tra i concorrenti. Il V6 Renault montato sulle Alpine è quello più attardato e qualcuno dei facenti funzione ha proposto di vagliare la possibilità di far recuperare terreno ai francesi prima del decongelamento normativo del 2026.
Sono state discusse diverse strategie per rispondere a questa situazione e i motoristi hanno dato mandato al Power Unit Advisory Committee di trovare e proporre alcune soluzioni alla F1 Commission. Un atto che non porterà i transalpini a poter interrompere la pax tecnica stabilita l’anno passato. Una mossa per bilanciare i valori in griglia che sa di artificio per aiutare chi ha lavorato peggio. Dunque, il tanto temuto “balance of performance” (soprattutto da Mercedes e Ferrari), non si applicherà. Una buona notizia per la F1. Meno per la compagine transalpina che è in piena ristrutturazione.
Tira brutta aria dalle parti di Enstone e in Francia hanno subito provato a correre ai ripari. Dopo aver fallito gli obiettivi sì è scatenata l’ira furente di Luca De Meo, amministratore delegato della Losanga, che ha operato un vero e proprio repulisti delle figure apicali del team.
Dopo il defenestramento di Laurent Rossi (al suo posto Philippe Krief in veste di CEO), è stato “giubilato” un altro pezzo da novanta: Otmar Szafnauer, sostituito da Bruno Famin. Ma non finisce qui. Anche Alan Permane, direttore sportivo, è stato salutato senza troppe cerimonie dopo 34 anni di lavoro presso la struttura di Enstone. Un terremoto che era stato preceduto dall’addio di Pat Fry approdato in Williams.
La certificazione del fallimento del modello basato sulle quattro stagioni di crescita che l’ex CEO, Laurent Rossi, nel 2021, aveva definito col “piano 100 gare”. Quattro mondiali, in pratica per arrivare in cima alla F1. Il “giubilato” Szafnauer, a inizio anno, spiegava che il target su indicato restava valido e che il team fosse sulla buona strada per raggiungere i propri propositi sportivi. Evidentemente si sbagliava e De Meo non ha perso tempo.
Ma dietro la spallata data dal dirigente italiano c’è qualcos’altro? Forse sì, se andiamo ad incrociare qualche elemento concreto con certi spifferi che giungono dagli Stati Uniti. Szafnauer ha dichiarato di “non poter concordare con De Meo una tempistica irrealistica“, affermando che la dirigenza Renault non ha capito cosa serve per avere successo in F1.
“Credo che i vertici della Renault, l’amministratore delegato Luca De Meo, come tutti in F1, vogliano il successo immediato e purtroppo non è così che funziona“, ha detto Szafnauer subito dopo il licenziamento.
“Volevano fare più in fretta di quanto fosse possibile e io non potevo accettare una tempistica irrealistica, perché se si fa così è solo una questione di tempo e tutti si sentono frustrati, quindi ho esposto un piano molto realistico e possibile e credo che loro volessero accorciare il piano con qualcun altro“. Szafnauer ha quindi indicato nella mancanza di pazienza della Renault il motivo del fallimento attuale.
Più duro ancora è stato Marcin Budkowski che, commentando il surreale momento vissuto dai francesi, aveva asserito che il difetto della Renault è sempre stato avere ambizioni molto alte ma risorse finanziarie insufficienti. “Ogni anno le ambizioni crescono sempre di più, ma le risorse messe in campo non fanno altrettanto. Però tutto questo il consiglio di amministrazione della Renault non ha mai voluto sentirselo dire”.
Se questa cosa fosse vera, quindi, possono prendere sostanza e forma le indiscrezioni che arrivano d’oltreoceano che vedrebbero Andretti interessato alle strutture del team che si convertirebbe al solo ruolo di costruttore e fornitore di power unit. Un ritorno alle origini, a quella modalità operativa a mezzo della quale ha ottenuto i successi più notevoli.
Una mossa dietro la quale si celerebbe il gruppo Andretti che è prossimo a sapere se la sua domanda d’ingresso in F1 è stata accettata. Mohammed Ben Sulayem, in tal senso e come avevamo anticipato qualche giorno fa, ha detto che la cosa sarà nota ai primi di settembre. I motori della Losanga potrebbero finire nelle vetture dell’Andretti Motorsport magari ribrandizzati Cadillac che è partner della cordata dell’ex pilota.
Andretti, che vuole scendere in campo anche con un team di F2 e uno di F3, potrebbe voler avere una base operativa nel Regno Unito, ossia nella Silicon Valley della F1. E gli indizi porterebbero tutti ad Enstone. Alpine, in questo ipotetico scenario, direbbe addio alla F1 e gli americani ne prenderebbero il posto andando a non intaccare quel modello a dieci squadre tanto caro ai team e a Liberty Media.
Fantamercato? Probabile ma non impossibile. L’opzione potrebbe prendere quota, ma prima del decollo c’è da capire cosa emergerà dalle riflessioni federali a seguito della valutazione dei parametri allegati alla domanda di ingresso al Circus dei nuovo potenziali soggetti.
Se la FIA darà il benestare è improbabile che Andretti investa quasi un miliardo di dollari in strutture e maestranze appartenenti a chi non ha ancora deciso cosa voler fare da grande. A sentire De Meo, Renault è più convinta che mai di restare in F1. Forse, a ben vedere, l’ipotesi più credibile è quella che conduce all’allargamento a undici scuderie con i francesi a fornire i motori ad Andretti. In questo modo si verrebbe a sanare quell’anomalia rappresentata dalla monofornitura, per giunta a se stessi, dei propulsori prodotti a Viry-Châtillon.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Alpine, Andretti