Aston Martin: a Zandvoort per riprendere la marcia. Il Gp Olanda sarà teatro della tredicesima prova iridata della stagione 2023 della F1, la prima tappa successiva al giro di boa dell’annata. Sino adesso, il bilancio dell’Aston Martin ha superato ogni rosea aspettativa grazie ad una AMR23 per ampi tratti ampiamente competitiva e a un Fernando Alonso che, ad eccezione dell’errore a Pouhon nella Sprint Race di Spa Francorchamps, è stato infallibile e veloce come se fosse ancora nel fiore della carriera.
Tuttavia, nonostante tante luci, nell’arco degli ultimi 4 appuntamenti iridati, qualche ombra ha reso un più cupo il cielo sopra la sede della scuderia britannica. Gli aggiornamenti introdotti a Montreal e Silverstone non hanno fornito i feedback delle simulazioni. La finestra di set up non è diventata più piccola. Semplicemente il picco prestazionale si è spostato, il “punto di lavoro” ottimale della monoposto è stato smarrito”. Aspetto che, come abbiamo anticipato le scorse settimane, il team di Silverstone pensa di poter risolvere durante le prossime gare.
In aggiunta, la crescita di Mercedes e Ferrari e la progressione tecnica della McLaren MCL60 hanno portato Aston Martin a non essere più presente in zona podio con costanza, come avvenuto sino alla tappa canadese. Una situazione senza dubbio non semplice che però andava tenuta in conto, visto che anche i competitor migliorano. Per di più, considerando la “giovinezza” del corpo normativo vigente, azzeccare concetti vincenti può far realizzare balzi prestazionali in avanti non indifferenti.
Tracciato il bilancio della prima metà dell’annata, comunque positivo considerando il punto di partenza di Aston Martin nel 2022, l’obiettivo è quello di tornare a brillare prontamente. Da questo punto vista Zandvoort potrebbe rappresentare una pista favorevole per esaltare i punti di forza dell’AMR23. Il tracciato sede del Gp Olanda è uno dei più tortuosi e selettivi del calendario attuale della F1. Infatti la pista è costituita da svariate curve di differenti tipologie, con la presenza di due sopraelevate e diversi “banking positivi”.
Il primo settore presenta la frenata di curva 1, il punto di staccata più importante dato che le monoposto decelerano da 325 km/h sino 115 km/h in pochi secondi. Successivamente, passando per curva 2 si giunge alla sopraelevata della 3, dove massimizzare la traiettoria in uscita dalla parabolica offre un vantaggio nella percorrenza in merito al successivo tratto, sotto certi aspetti molto simile al primo e parecchio tecnico settore di Suzuka.
Il T2 presenta la doppia curva destrorsa 6-7, a cui fa seguito la 8 e il successivo cambio di direzione della 9. Questa particolare sezione del tracciato si attesta come zona cruciale dal punto di vista relativo al guadagno cronometrico. Questo perchè risulta molto difficile per i piloti rimanere “cuciti” al punto di corda, in quanto la tendenza sottosterzante delle monoposto in fase i ingresso spesso complica non poco le cose a Zandvoort.
In seguito su arriva al rettifilo dove fa presenza la possibilità di utilizzare l’ala mobile nella DRS Zone 1, tratto del circuito che porta alla frenata della 10. A seguire troviamo l’ennesimo cambio di direzione importante verso sinistra per la curva 11. Qui la trazione che una vettura di F1 è in grado di esprimere risulta cruciale. Poco dopo si arriva alla seconda doppia curva a destra, 12 e 13, dove quest’ultima (sopraelevata) offre la seconda possibilità di utilizzare i servigi dell’ala mobile.
Come abbiamo ampiamente capito la pista olandese presenta un disegno parecchio tortuoso, aspetto fondamentale che, almeno sulla carta, dovrebbe essere in grado di strizzare l’occhiolino alla AMR23. Il condizionale ovviamente è d’obbligo, dato che anche l’Hungaroring, in teoria, si prestava alle caratteristiche tecniche della vettura inglese. Tuttavia le aspettative sono state disattese perchè in terra magiara la messa a punto dell’auto inglese era lontana dal suo punto di lavoro ottimale.
Per il resto possiamo dire che la costante presenza di curve a differenti velocità di percorrenza, rende il tracciato di Zandvoort una pista dove è richiesto un alto carico aerodinamico, assai utile per massimizzare rincontri cronometrici in ognuno dei tre settori. Downforce generato dal corpo vettura che appare importante soprattutto nelle curve ad alta velocità come la 6, piega rapida in discesa dove si evince la capacità delle monoposto nel raggiungere quasi il 100% di full-throttle.
Questo tema è molto importante in relazione al setup di base prescelto, tenendo presente che Zandvoort per il suo speciale layout tende a favorire l’avantreno. Un vantaggio che va saputo sfruttare però, riuscendo a bilanciare la vettura su ambedue gli assali. Un giusto equilibrio che peraltro non deve limare la capacità di fendere l’aria dell’auto, perchè anche se in percentuale minore, anche in olanda la capacità di produrre spinta verticale e al contempo disporre di buona efficienza aerodinamica fa la differenza. Punto sul quale gli ingegneri di Aston Martin, secondo le informazioni raccolte dalla nostra redazione, hanno lavorato parecchio nelle settimana scorsa.
Oltre al carico, quindi, l’effettività della piattaforma aerodinamica reciterà un ruolo di primordine. Precisione di inserimento all’avantreno e connessa stabilità al retrotreno rappresentano due fattori tecnici chiave soprattutto nei cambi di direzione. Sott questo aspetto sappiamo che Aston Martin ha studiato un paio di configurazioni sospensive mirate. L’obiettivo mira a centrare una volta per tutte il sopracitato punto di lavoro ottimale, per ottenere la corretta interazione tra aerodinamica e meccanica capace di offrire la rotazione necessaria alla verdona e, allo stesso tempo, garantire una buona trazione.
Autore: Dennis Ciracì–@dennycira
Foto: Aston Martin F1 Team