Formula 1

La F1 guarda alla Cina per aumentare la cifra economica e tecnica

Proviamo a fare un salto indietro di 30 anni. Con la nostra macchina del tempo impostiamo il datario al 1992, quando il calendario del mondiale di F1 era decisamente più snello visto che era composto da sedici gare. Una, quella d’apertura, si disputava in Sudafrica. Tre si tenevano nel continente americano (Messico, Brasile e Canada), una in Asia (Giappone). Quella conclusiva si svolgeva in Australia. Per il resto la serie si esibiva si palcoscenici europei.

Dieci appuntamenti che valevano il 62,5% della stagione. Nove gare sono quelle che oggi si dipanano tra le nazioni del Vecchio Continente. In un calendario dei 24 eventi parliamo del 37,5% del totale. Una netta inversione di tendenza rispetto al passato. La F1, dunque, ha mutato le sue caratteristiche geografiche spostando il proprio baricentro. Ma dove? Asia e Medioriente perlopiù. Una parabola che segue il riassetto dell’economia globale che prima degli anni ’90 era incardinata sul Nord America e l’Europa, le aree ove era allocata la maggior produzione industriale del globo.

Negli ultimi decenni del secolo scorso alcuni paesi asiatici, grazie ad un progressivo sviluppo produttivo, hanno fatto da magnete, smuovendo il fulcro del capitalismo industriale verso est. Nazioni come Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Hong Kong (poi assorbita dalla Cina), Malesia, Indonesia, Thailandia e Cina stessa sono divenuti poli d’attrazione per produzioni di massa, a costi contenuti e con specializzazione via via più grande.

Produrre su vasta scala vuol dire sostanzialmente una cosa: necessitare di energia. Di quantità ingenti di petrolio, gas ed elettricità. Ed ecco che entrano in gioco altre realtà. I grandi detentori di risorse: Arabia, Qatar, Emirati Arabi, Russia, gli stessi Stati Uniti. Questo nuovo asse tra produttori-consumatori e fornitori ha determinato un equilibrio geopolitico di proporzioni enormi.

Una sorta di movimento tellurico che negli ultimi trent’anni ha sconquassato l’economia globale generando nuove realtà, abbattendone vecchie e creando nuovi flussi di danaro che si muovono in aree un tempo meno floride. Le periferie dell’economia mondo capitalistica che diventano il perno al quale si incamicia il sistema.

Max Verstappen precede Carlos Sainz subito dopo la partenza del GP di Spagna

F1: un riassetto geopolitico necessario

Ecco che La F1 ha subito un riassetto geografico quasi obbligatorio, frutto della necessità di andare laddove vi siano realtà disposte ad investire in strutture ma anche in sponsorizzazioni salvifiche per l’intera categoria che negli anni addietro si reggeva sulle entrate dei grandi tabaccai che via via, a causa di leggi stringenti, hanno fatto mancare il loro apporto economico.

L’Europa non poteva dunque più essere il pivot intorno al quale la categoria girava. Questo processo di delocalizzazione potrebbe addirittura non essere terminato perché altre realtà bussano alle porte di Liberty Media per entrare a far parte del grande affare che è la Formula Uno.

L’Arabia Saudita, con i suoi petrodollari, sta diventando un polo d’attrazione a cui Liberty Media non può né sa resistere. La categoria è una divoratrice di denaro senza eguali. Dopo tre decenni di profondi cambiamenti, tra cui globalizzazione e digitalizzazione, lo sport non è più da ritenersi una semplice questione di competizione tra soggetti, che siano piloti o scuderie.

In virtù di questo processo di inarrestabile mutamento la Formula Uno è dovuta scendere a compromessi. In questo cammino da “rabdomanti di danaro”, la serie ha snaturato le sue caratteristiche. Ma non bisogna essere ipocriti: doveva farlo. Non è pensabile, in un mondo finanziariamente interconnesso, che certi mercati venissero estromessi solo in nome della tradizione. Con questa ci si riempiono le pagine dei romanzi d’amore. Per sostenere un meccanismo complesso, tentacolare, strutturalmente vastissimo e logisticamente complesso era necessario che altri mercati venissero inglobati nel Circus iridato.

Barili di carburante Aramco

F1: la Cina è il mercato del futuro?

Il riassetto geopolitico della serie potrebbe avere ulteriori ripercussioni. Come quella di favorire l’ingresso di scuderie di nazionalità provenienti da quelle aree. I sauditi investono molto in Aston Martin tramite Aramco. Ma nel tempo potrebbero volere un team tutto loro e novità potrebbero arrivare quando la FIA renderà pubblici i nomi di chi ha fatto domanda d’accesso. 

Proprio il n°1 della Federazione, Mohammed Ben Sulayem, ha caldeggiato anche l’ipotesi dell’approdo di un team di estrazione sinica: “Il mio sogno è quello di vedere in Formula Uno un team completamente americano o cinese. A tutti è permesso sognarlo. Ma è anche realizzabile. La Cina ha 1,4 miliardi di persone e oltre il 50% dei veicoli che utilizziamo per strada sono cinesi. Questi sono i fatti. È un grande mercato“.

Vedere una scuderia totalmente made in USA (Haas ha basi e strutture troppo radicate in Europa per ritenerla totalmente yankee) è un’immagine che potrebbe concretizzarsi ben presto grazie a Michael Andretti e al suo gruppo che potrebbe vincere il concorso d’accesso.

Mohammed Ben Sulayem, presidente della FIA

Il numero uno di Place de La Concorde ritiene che i cinesi siano all’avanguardia quando si parla di veicoli elettrici e ibridi. L’unità di elaborazione sulle proposte di accesso era un atto necessario che risponde a nuove esigenze. E per tale ragione andrebbe creato un contesto tecnico che favorisca il loro ingresso, com’è accaduto per Audi, Ford e per la permanenza di Honda

La Cina, quindi andrebbe a soddisfare due esigenze: la prima, più materiale, è quella che riguarda l’immissione di altri capitali freschi che fanno sempre comodo specie per tenere a bada le paure dei team reazionari che non vogliono rinunciare al gettito determinato dal sistema a dieci squadre.

La seconda riconduce alla materia tecnica: il know-how accumulato dall’industria sinica sull’elettrico potrebbe far crescere ulteriormente il livello della categoria che non vuole mollare la quota di potenza endotermica ma che la vuole supportare con tecnologie più performanti, compatte e leggere. In una parola: efficienti.


Autore: Diego Catalano – @diegocat1977

Foto: F1
, FIA

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Diego Catalano