Analisi Tecnica

F1, corpo normativo: la rivoluzione fallita. Forse…

E’ davvero fallita la rivoluzione regolamentare della F1, avviata appena l’anno scorso? L’attuale dominio Red Bull sembrerebbe far pendere l’ago della bilancia verso il sì. Tuttavia la contemporaneità ha il difetto di non guardare il lungo periodo, cosa che si può fare solo a posteriori. E quindi i giudizi attuali hanno il dono della precarietà, possono essere facilmente rivisti, così come hanno il dono dell’essere fallaci: si arriva a conclusioni spesso errate, dettate dall’onda emozionale ma non dalla memoria storica.

Primo. E’ vero che il dominio Red Bull ha una rara intensità, non si rompe mai, può essere messa in affanno in qualifica ma in gara ha sempre almeno sei/otto decimi (probabilmente anche un secondo) di margini sul migliore inseguitore. Ciò vale per Verstappen, non per Perez. Annoia che non si veda all’orizzonte qualcuno che possa vincere a parte la Red Bull, al netto di errori e guasti, e che ci siano così tante gare l’una fotocopia dell’altra (e calendari con molte gare).

Però, se non ci fosse il binomio MaxRed Bull, ipotesi che lascia il tempo che trova ma giusto per dare un senso al nostro ragionamento, i giochi sarebbero sicuramente molto più aperti. Tuttavia, anche qui: 1988, 1992 e 1993, 2004, 2014, 2019. Giusto qualche anno a caso in cui non c’era nessuno che poteva impensierire squadra e piloti/pilota con dominanze simili a quella attuale. Aggiungiamo otto anni di dominio Mercedes, finito l’altro ieri, che molti si dimenticano. Ma torniamo al punto di partenza.


F1: i problemi regolamentari si sprecano

Questo regolamento è stato creato, pensato e messo in pratica con un obiettivo fondamentale. Permettere che le auto stessero in scia l’una con l’altra senza far cuocere le gomme (di chi seguiva) a causa delle turbolenze negative che arrivavano dall’esasperazione aerodinamica di tutte quelle ali, alette, parti che flettevano e che creavano un tutt’uno (in mezzo c’era la sospensione, anch’essa in parte con fini aerodinamici) con l’alettone anteriore e si prolungavano sino all’imboccature delle pance della monoposto.

Basta cercare le foto di Mercedes e Red Bull nel 2021, tanto per capirci. Le monoposto che seguivano non solo vedevano ridursi notevolmente la vita degli pneumatici, ma diventavano inguidabili, soprattutto in curva. Come si voleva raggiungere l’obiettivo in premessa? Ritornando alle vetture ad effetto suolo, ma senza le “minigonne” dell’era precedente (fine anni settanta, primi anni ottanta).

Il sorpasso all’ultimo giro del GP di Abu Dhabi 2021 che ha consegnato il titolo a Max Verstappen

Le minigonne erano una sorta di paratie che correvano lungo tutti i profili esterni delle pance e che sigillavano letteralmente la zona ad ala di gabbiano rovesciata che era dentro le pance, una per lato. Se le monoposto erano sottoposte ad oscillazioni (sia per le forze centrifughe e centripete, sia per le asperità del manto stradale dei circuiti), le paratie andavano su e giù e continuavano a sigillare le pance.

Ciò serviva ad esaltare enormemente l’effetto suolo, con il risultato che le monoposto erano letteralmente incollate al suolo, soprattutto in curva. Tanto che, talvolta, correvano senza alettone anteriore, come potete vedere dalle foto di quegli anni. Tuttavia c’erano due problemi

Primo: monoposto strutturalmente fragili. Il carbonio sarebbe arrivato solo alla fine della prima era ad effetto suolo (1981, con la McLaren MP4-1), e la maggior parte della monoposto avevano un telaio costituito dalla saldatura di tubi di alluminio e/o di acciaio e rinforzato con pannelli di alluminio a nido d’ape (Honeycomb).

Secondo: monoposto pericolosissime. Conseguenza diretta del primo punto, soprattutto quando, per un motivo o per un altro (ad esempio un incidente), si sollevavano il tanto da diventare proiettili impazziti proprio a causa dell’effetto suolo. Vedi la morte di Gilles Villenueve. E furono bandite proprio per questa pericolosità.

Le monoposto ad effetto suolo ora tornano, ma con un effetto suolo parziale. Cioè non ci sono le minigonne, e si deve quindi essere bravi a creare questo sigillo sfruttando sempre l’aria. Cosa non facile come potete immaginare.

Max Verstappen (Oracle Red Bull RB18)

Ma come mai il ritorno a questo parziale effetto suolo? Vietando ogni appendice aerodinamica o bargeboard, portando ad ali anteriori e posteriori fissate nelle dimensioni ed elementi per regolamento, si pensava appunto che la parte superiore delle monoposto diventasse meno importante, tanto c’erano, ci sono le pance “scavate” a creare il carico necessario, e quindi le monoposto si sarebbero potute seguire senza problemi. Questo in teoria.

Poi anche le gomme cambiavano, passando da pneumatici da 13 pollici a 18 pollici. L’obiettivo, con il nuovo cerchione/gomma, era di farli diventare elementi più prevedibili, perché non si deformano in curva come facevano quelle di prima (meno cerchione, più gomma, più cerchione meno gomma e maggiore rigidezza della spalla dello pneumatico).

Il nuovo regolamento ha ottenuto il risultato voluto soprattutto per i sorpassi? Sì e no. Le monoposto stanno più facilmente in scia, ma c’è sempre bisogno del DRS (che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto essere tolto nell’arco di qualche stagione) per superare. Ciononostante ci sono due riflessioni da fare.


F1: il presente spiega il passato

Primo, senza la Red Bull di Max effettivamente i valori (tempi) sono abbastanza livellati. Ancora di più se non si considera nell’ “equazione” la Red Bull. Secondo, e per me è la parte più importante, un deciso intervento a gamba tesa della Federazione a metà del 2022, che ha portato a due risultati. Irrigidire il planck, vale a dire il pezzo che rimane senza effetto suolo, al centro della monoposto, e che non deve avere un consumo anomalo. E poi alzare di 15 millimetri, dal 2023, le monoposto per evitare il saltellamento in rettilineo.

Lasciamo perdere come e perché si è arrivati alle norme attuali. Non è questa la sede. Ma a partire da metà 2022 e poi da inizio 2023 abbiamo monoposto ad effetto suolo che sono un po’ meno ad effetto suolo. Team come Ferrari e Mercedes avevano basato le loro monoposto sul correre quanto più bassi possibile, proprio per massimizzare l’effetto suolo. Red Bull, paradossalmente, ha ragionato sull’ottimizzare il carico senza altezze troppo ridotte dalla sede stradale.

E la strada scelta da Red Bull si è dimostrata quella vincente. Ma vincente anche in virtù dell’intervento normativo della Federazione mentre si stava giocando la partita. Attenzione. Non c’è alcun complotto, tanto che Red Bull era fortemente ostile alla DT39. Al contrario, Mercedes voleva fortemente quell’intervento. Ma il risultato è stato quello che abbiamo descritto. Red Bull è diventata imprendibile per chiunque.

Per farla breve, questa rivoluzione aerodinamica allo stato attuale sembra essere fallita. Ma non possiamo sapere se questa rivoluzione è fallita del tutto, per due motivi. Il primo è che è stata quasi subito disattesa, modificando (e non poco) le norme sul fondo e quindi ridando maggiore importanza al corpo vettura. Sarà un caso, ma i sorpassi sono diventati di nuovo più difficili.

Il secondo è che non possiamo sapere cosa Ferrari avrebbe potuto tirare fuori dalla F175 se le cose non fossero cambiate, al di là dei proclami Binottiani sul fatto che le nuove regole varate dalla FIA non avessero influenzato la monoposto di Maranello. I fatti dicono il contrario, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Carlos Sainz (Scuderia Ferrari) – Gp Belgio 2023

Inoltre, c’è anche un altro aspetto da sottolineare, vale a dire che è un regolamento nuovo, le monoposto hanno appena due anni di sviluppo e che, essendo agli albori di questa filosofia regolamentare, ci sono anche ampi margini di miglioramento (vedi McLaren). Il punto è come far sì che le prestazioni si avvicinino senza snaturare il DNA competitivo della F1.

Visto che il porpoising è stato quasi del tutto debellato (e aveva ragione Binotto a dire che le squadre lo avevano comunque risolto senza l’intervento pesante del legislatore), la Federazione potrebbe cancellare le norme post direttiva tecnica 39. Ma pare ipotesi impossibile: sarebbe come ammettere di aver sbagliato. E allora bisognerebbe concedere maggiori margini di sviluppo (test privati? più ore in galleria del vento? etc etc). Probabilmente di per sé il regolamento non è ne buono né cattivo, diciamo così, ma sono le norme stringenti che impediscono o rallentano enormemente gli sviluppi a creare una “stagnazione”.

Quindi, per chiudere il cerchio, allo stato attuale la rivoluzione partita nel 2022 è fallita. Ma ci sono attenuanti per spiegare questo fallimento nel clamoroso dietro front della FIA e nel fatto che ci sono ancora margini di miglioramento. Giudizio negativo, ma sospeso.

Sperando che il prossimo anno mostri maggiore competitività di chi insegue la Red Bull. In caso non accadesse, allora sì che ci sarebbe un bel guaio. Perché bisognerebbe guardare al nuovo cambio regolamentare, cioè al 2026. E ancora oggi le idee sono poche e confuse. Un 2024 identico al 2023 sarebbe troppo, anche per il più incallito appassionato di F1. Compresi i tifosi di Max e della Red Bull.


Autore: Mariano Froldi – @MarianoFroldi

Immagini: Scuderia FerrariOracle Red bull

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Mariano Froldi