La F1, per natura ed essenza, è uno sport votato al cambiamento perpetuo. La mutabilità intrinseca della categoria oggetto delle nostre analisi è ovviamente frutto della necessità di sfidare costantemente il cronometro nonostante il legislatore, di tanto in tanto, debba rimaneggiare le regole per evitare che le monoposto si trasformino in missili con tutte le annesse problematiche relative alla sicurezza.
La massima espressione del motorsport è anche la casa delle contraddizioni: più essa si adegua alla parabola tecnologica che bisogna percorrere a velocità folli, più genera reazioni pruriginose da parte dei tifosi più intransigenti che restano legati a schemi che non possono essere intramontabili.
Durante l’inverno che ha preceduto la stagione 2014, quella della rivoluzione tecnica che ha bandito i propulsori aspirati, la fanbase ha potuto constatare che i nuovi gioielli turbo-ibridi avevano un grosso deficit rispetto a quelli della generazione precedente. Non parliamo di potenza, né di capacità di erogare i cavalli che invece, grazie ai motogeneratori elettrici e alla turbina, sono cresciute in quantità. I motori di nuova generazione erano silenziosi, quasi muti. Questo è un grande difetto che negli anni non è stato corretto.
Motivo dello scadimento tonale? Colpa del frazionamento più piccolo e di regimi di rotazione della parte endotermica decisamente inferiori. Cose che hanno eliminato definitivamente quel dolce – ed assordante – fracasso che quasi spaccava i timpani dei presenti ad ogni passaggio di una vettura. Tra le tante novità che gli appassionati hanno dovuto osservare – e subire – questa è forse quella che meno di ogni altra hanno accettato.
Dopo dieci anni esatti di motorizzazioni turbo-ibride, un miglioramento c’è stato in termini di sound. Ma nulla che faccia gridare al miracolo. La FIA, in collaborazione con i team, ne ha provate di tutti i colori, compreso piazzare una sorta di megafono allo scarico per amplificare il baccano. Strategie ridicole che non potevano che essere bocciate. E che forse era meglio non proporre.
Ora, in vista del 2026, si sta pensando di ridare verve ad una voce smorta, piatta e poco vendibile. E questa cosa dello spettacolo fatturabile, si sa, piace parecchio a quelli di Liberty Media che sono molto abili a impacchettare un prodotto per renderlo più accattivante. I nuovi regolamenti motoristici che entreranno in vigore nel 2026 e che vedranno l’abolizione di uno dei due motori elettrici (l’MGU-H, ndr) dovrebbero rimodulare l’acustica delle unità motrici che potrebbe ritrovare profondità e brio.
“L’intenzione è di assicurarsi che nel nuovo regolamento il motore sia più rumoroso perché fa parte della nostra emozione. È davvero quello che i nostri fan vogliono ed è dovere per noi impegnarci in questo”. Così parlava Stefano Domenicali un paio di mesi fa.
Contestualmente, il manager imolese, in un sogno di decibel crescenti, aveva affermato con forza che la Formula Uno non si sposterà verso propulsioni elettriche più silenziose. Lo standard resterà l’ibrido che, pur non potendo ritornare ai fasti sonori dei motori aspirati, conta di migliorare decisamente l’armonia prodotta.
Come arrivare a raggiungere questo obiettivo? Per ora non ci sono proposte fattive, ma si registra l’analogo interesse della FIA che vorrebbe parimenti il ritorno ad una “musica” più accattivante. Ma, come accade ormai da un paio di anni, l’ente di Place de la Concorde e gli americani di Liberty Media non trovano pace facendo prevalere le tensioni piuttosto che l’armonia che servirebbe quando in mezzo ci sono argomenti così delicati.
E’ la Federazione Internazionale a scrivere le regole dei campionati che si sviluppano sotto la sua egida. Il vulcanico presidente Mohammed Ben Sulayem ha riferito che sta parlando con Stefano Domenicali per raggiungere un doppio scopo: avere auto più leggere e un suono migliore per le power unit. Molte trattative sono in corso tra i team e la proprietà. In questo contesto si incastra la FIA che rivendica il suo ruolo di scrittore di norme, possibilmente quanto più super partes possibile.
Ben Sulayem lo ha ribadito a Total-Motorsport in un passaggio eloquente: “Le decisioni spettano a noi. Se anche Stefano vuole questi cambiamenti, va benissimo. Ma siamo noi a renderli attuabili. Non lo faremo perché lo vorrà un team o la FOM ma perché è la cosa giusta per lo sport. Dobbiamo fare attenzione a chi ha quale compito. La chiarezza è sempre un bene per il futuro: intromettersi nelle questioni dell’altra parte non va bene“.
La FIA, quindi, rivendica il suo ruolo di regolatore-organizzatore-giudice e lo fa nonostante nella F1 Commission pesi esattamente quanto pesano i team e Liberty Media. Questa cosa non deve sorprendere poiché gli altri due soggetti, proprietà e scuderie, non hanno il potere e la competenza di poter scrivere le regole. Nonché la necessaria terzietà. La FIA deve garantire questo elemento per evitare che il singolo soggetto possa trarre vantaggio da un quadro regolamentare.
Al di là di quello che si può pensare di questa tensione tre figure di vertice del motorsport, il monito di Ben Sulayem non solo è lecito ma anche sacrosanto. La Federazione deve avere mani libere all’interno di regole procedurali ben chiare. E deve accadere anche se si stabilisce di produrre power unit più rumorose.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Oracle Red Bull Racing