In questa F1 estiva come sempre va in onda il festival delle ovvietà. Ma d’altronde non possiamo essere ipocriti: le web per sopravvivere qualcosa devono pure produrre. Ecco che allora si prova a trattare le notizie in maniera differente. Dare un taglio più accattivante. Commentare tramite congetture ragionate le situazioni che di per se non sono gran cosa. C’è chi ci riesce meglio, chi peggio, chi nemmeno ci prova. Oppure si dà spazio al mondo “gossipparo”, parlando di fidanzate, vacanze e frivolezze del genere. Tutto vero.
Per quanto ci riguarda lo sforzo profuso per racimolare informazioni interessanti è molto grande. Per evitare, appunto, di mettere in risalto solo e sempre determinate tematiche tipo Massa che rivendica un titolo piloti 15 anni più tardi, David Croft (commentarista Sky) che dopo essersi bevuto 7 pinte con tanto di insolazione in spiaggia, sostiene che la F1 funzionerebbe meglio senza un organo regolatore (FIA) e Alonso che ricorda con dispiacere il fatto che non abbia vinto con Ferrari.
Oppure un Toto Wolff che ribadisce come senza Verstappen sarebbe un campionato bellissimo, l’uscita brillante di Webber secondo la quale Red Bull può essere fermata solo da problemi di affidabilità e Lewis Hamilton che si scaglia contro i lunghi domini definendoli nocivi per la F1, proprio lui che per sette lunghi anni ha fatto mostra del suo sorriso su ogni podio, di ogni singola gara, quasi sempre sul primo gradino.
C’è poi Sainz, ferrarista deluso: “dobbiamo accettare che non siamo competitivi per la vittoria“. Altrimenti ecco Raymond Vermeulen, manager di Max che annuncia “in esclusiva” come il giovane talento di Hasselt non cambierà squadra (chi diamine lo farebbe con un bolide iperuranico del genere sotto il culo ). Horner che rammenta come a Milton Keynes non si cullino sugli allori, quando in realtà ci dormo direttamente. E ancora, forse la sparata più bella dell’estate 2023, il parere del mattacchione ottantenne Helmut Marko: “Verstappen è talmente forte che farebbe delle pole pure con la Haas“.
Per distinguersi e fondamentalmente “menarla un po’ a tutti”, c’è pure chi si diletta a contraddire gli scritti altrui senza avere una minima base tecnica malgrado venga millantata ai più. Sparare un po’ di sano sterco addosso “ai colleghi” per sembrare meno puzzolenti di quest’ultimi. Azione che però non funziona affatto, in quanto esaltata da 4 ubriachi al bar divertiti da una dialettica, questo si, senza dubbio stuzzicante e simpatica.
E qui arriva il difficile dell’articolo. Un pezzo che nasce dalla “disperazione professionale” di non avere praticamente nulla da esaminare e pertanto non sa come andare avanti. Lo scrivente lo sa e mentre comunica con voi lettori prende una pausa di riflessione. Poi, come un fulmine a ciel sereno, qualche minuto più tardi, gli torna alla mente un sogno di qualche giorno fa e così decide di dargli forma.
Sognare i sogni infranti di Leclerc porta a tutto ciò. Forse troppa F1 mi ha dato alla testa, ma questo è successo. L’amore incontrastato di Charles verso la storica scuderia italiana è noto ai più. Chi non lo sa fa finta di non vederlo o ancor peggio lo nega chissà per quale motivo. Ma questo matrimonio pare tossico. Non nel mero significato della relazione. Sì… Ok … Di tanto in tanto qualche incomprensione fa presenza. D’altronde è normale in un mondo del genere così tanto competitivo. Ma il problema è un altro e riguarda le aspettative.
Il monegasco nutre un songo sin da bambino: diventare campione del mondo di F1 con la Ferrari. Il Cavallino Rampante sarebbe anche d’accordo, ovviamente. Peccato che l’occasione per rendere fattuale l’anelito tanto bramato da entrambi, sino ad ora e al momento non è esistito e non esiste. Un binomio sbilanciato dove Leclerc ha sempre bene o male fatto la sua parte, mentre il team di Maranello solo a piccoli tratti. E allora l’unione non funziona e qualche metro più in la, in pitlane, garage Red Bull, c’è chi alla sua stessa età viaggia verso il terzo titolo iridato.
Le statistiche parlano chiaro. Verstappen ha 25 anni. La sua cronistoria all’interno della massima categoria del motorsport è già piuttosto lunga considerando il debutto in giovane età. Max vanta 45 vittorie, 27 pole position, 27 giri veloci, 89 podi, 8 hat tricks, 3 grande slam, 2422 giri in testa a un Gran Premio di F1 e 2325.5 punti in saccoccia. Due titoli iridati conquistati e uno messo in ghiaccio da tempo. Quello che si può definire un curriculum di tutto rispetto, insomma. Anche Leclerc ha 25 anni e questo è il suo resoconto numerico a livello di risultati: 5 vittorie, 20 pole position, 7 giri veloci, 27 podi, 2 hat tricks, 1 grande slam, 629 tornate al comando di una gara di F1 e 697 punti all’attivo.
Il confronto non è impietoso, ma lo diventa dal momento che andiamo a considerare le possibilità dei piloti. Questo perché il ferrarista, messo a paragone con l’olandese, ne ha avute decisamente meno. E quando la sua vettura era all’altezza o quasi, ha saputo spesso battere il campionissimo della Red Bull, giustamente idolatrato dalle masse. Charles questo lo sa ma accettarlo non è cosa semplice. Soprattutto quando il futuro resta nebuloso scevro da certezze alle quali aggrapparsi. Quasi quasi, se scrivo una stupidata correggetemi, a livello morale per Leclerc sarebbe più semplice guidare una Haas. In tale contesto le delusioni legate alle aspettative sarebbero senza dubbio minori.
Il tema trattato non si discosta da questo clima di banalità descritto in precedenza, argomento già discusso e masticato da molti. Tuttavia c’è un fatto che forse all’interno di questa materia poche volte viene accarezzato. Spendere gran parte della propria carriera in Ferrari implica restare comunque nella leggenda. Non vincere a volte significa essere in ogni caso vincitori. Come per esempio il caso di Alonso stagione 2012, un campionato perso accompagnato da un fatto indelebile: Fernando meritava quel titolo più di Vettel, dimostrando a più riprese di saper interpretare al meglio una “monoposto svantaggiata”.
Non possiamo sapere se lo stesso succederà a Leclerc. Anche perchè parliamo comunque di un’altra era tecnica dove il domino Red Bull, tra le altre cose, non era così schiacciante. Ciononostante nelle mani di Charles resta viva un’opportunità ancor più grande continuando a vestire la tuta rossa. Quella che un giorno lo porterebbe alla gloria acciuffando quello che ad Alonso è scivolato dalle mani proprio sul più bello: laurearsi campione del mondo con la Ferrari.
Un titolo che avrebbe un sapore diverso. Probabilmente sostenere che far proprio un mondiale con la rossa valga almeno 5 vittorie iridate in qualsiasi altra squadra è una boiata. Fatto sta che alzare il trofeo del migliore vestiti di rosso significherebbe legare il proprio nome in maniera indelebile alla storia della F1. Scusate se l’originalità del pezzo non è un granché… ma come detto “l’estate formulera” non dà alla testa al solo David Croft.
Autore: Alessandro Arcari – @berrageiz
Immagini: Scuderia Ferrari – Oracle Red Bull Racing