L’anno scorso, parlando della ritrosia della Mercedes W13 a fare ciò per cui era nata (vincere), nel clan anglotedesco la vettura fu ribattezzata “diva capricciosa”. Questa fu l’espressione più gentile perché ve ne furono altre molto meno carine e verbalmente pulite. Ricorderete sicuramente quel team radio in cui Toto Wolff, scusandosi con Lewis Hamilton, paragonava il mezzo a sostanze poco nobili. Se quell’auto era quindi meritevole di essere descritta in maniere poco lusinghiere, quali sono le immagini che potrebbero descrivere la Ferrari SF-23? A voi lo sforzo di fantasia.
In dodici appuntamenti iridati la Rossa ha fatto tutto fuorché brillare. Le aspettative di inizio stagione esaltate in una presentazione roboante sono crollate in maniera piuttosto misera visto che la vettura chiamata a vincere entrambi i campionati annaspa ora in quarta posizione a distanza imbarazzante dalla Red Bull. L’obiettivo stagionale, magrissima consolazione, è essere il primo dei normali. Che significa essere anche il vincente tra i perdenti. Bella gioia.
Uno dei problemi della monoposto concepita da David Sanchez – quasi scappato di notte per raggiungere l’amica Albione dopo aver capito di aver partorito l’antitesi del capolavoro tecnico – è l’imprevedibilità. Quante volte abbiamo ascoltato i protagonisti del mondo rosso dire, più o meno, “Questo circuito si adatta alla nostra macchina” salvo poi verificare prestazioni molto modeste? O, di converso, in quante circostanze abbiamo sentito loro dire “questo tracciato è ostico” per poi tirar fuori un weekend più che decente? Insomma, a ben riflettere, abbiamo fotografato quanto affermato prima e dopo Budapest e Spa-Francorchamps da parte dei protagonisti della scuderia italiana.
Quando le cose vanno così è difficile cavare un ragno dal buco. La classifica ne risente, le performance dei piloti pure. Carlos Sainz è ancora all’asciutto di podi e nell’ultimo appuntamento iridato, complice l’errore alla Source, ha visto il suo compagno di squadra sfilarlo in classifica. Leclerc è riuscito a portare a casa due pole position e tre podi: Azerbaijan (P3), Austria (P2) e Belgio (P3). Nulla di esaltante ma forse il massimo ottenibile al netto di problemi tecnici e di qualche errore strategico di troppo che non abbandonano mai volentieri la Ferrari.
Charles deve massimizzare il materiale che ha tra le mani e per farlo ha capito che serviva un cambio di passo, un diverso approccio, una mutazione genetica parziale nel suo modo di guidare. Non parliamo di rivoluzioni drastiche, ma di affinamenti necessari per provare a tirar fuori qualcosa di buono da una macchina che buona non è.
Leclerc ha spiegato che è molto difficile fornire i dettagli di questa revisione nel driving perché si tratta di modifiche molto lievi. Piccoli aggiustamenti che però hanno fatto una grande differenza. Charles ha spiegato, dopo il Gp del Belgio, che il suo modo di guidare è molto aggressivo ma che è stato necessario rivedere qualcosa in certe curve. La macchina ha risposto adeguatamente e la cosa ha dato molta più fiducia al pilota e ai tecnici.
Gli sforzi dell’ex Sauber stanno producendo risultati? Apparentemente sì, ma il successo è riconducibile anche ai progressi che sta compiendo la vettura. Specie sull’aspetto della gestione dei compound Pirelli, ambito nel quale, troppo spesso, Maranello ha perso la bussola. Leclerc, pilota talentuosissimo e uomo di grande onestà intellettuale, ha sottolineato questo aspetto senza arrogarsi meriti esclusivi che vanno condivisi con gli ingegneri.
“È ancora presto per dirlo, ma è da un paio di gare che stiamo gestendo meglio le gomme e non abbiamo avuto un enorme degrado. Su quel fronte, dunque, sembra che stiamo procedendo positivamente. Dobbiamo ancora fare attenzione perché alcune volte, soprattutto con condizioni molto particolari, usciamo ancora dalla finestra di esercizio e facciamo molta fatica”.
Leclerc, indirettamente, centra una delle questioni tecniche al vaglio degli ingegneri anche in chiave 2024. Sia la vettura attuale che quella che verrà devono essere in grado di copiare una delle principali virtù della Red Bull RB19: aprire notevolmente la finestra di utilizzo delle gomme. Cosa nella quale né Ferrari né gli altri team che si affannano alle spalle di Milton Keynes riescono a fare con costanza.
Quante volte abbiamo visto una Mercedes, una Aston Martin, una McLaren o una stessa Ferrari fare cose egregie in qualifica per poi smarrirsi in gara in base al mutare del meteo o delle temperature dell’asfalto? Red Bull questo “atteggiamento” non lo mostra praticamente mai: la RB19 è una vettura che riesce ad essere costante in ogni condizione termica ed atmosferica.
Ferrari, dunque, ha quasi l’obbligo morale (vista la fiducia che il pilota ripone nel team nonostante anni difficili) di fornire del materiale tecnico efficace ai suoi alfieri, per il resto Charles Leclerc ha dimostrato di poterci mettere del suo analizzando approfonditamente il suo stesso driving e modificandolo per adeguarlo alle necessità cogenti. L’abilità di un pilota non si valuta soltanto dalle evoluzioni che riesce a fare in pista, ma anche dalla capacità di studio degli elementi in suo possesso per sublimare le prestazioni.
La sagacia di Leclerc sta anche nella realizzazione di questa dinamica. Pur essendo un pilota ancora giovane, ha già diversi anni di esperienza sulle spalle. Ma, nonostante questo, non si reputa arrivato ed è sempre alla costante ricerca di quei piccoli elementi che possano determinare una svolta. Questo chiaramente non basterà per vincere, perché il mezzo tecnico è fondamentale per arrivare al trionfo. Ma dà la cifra di quelli che sono gli sforzi che si stanno compiendo da tutte le parti, quindi non solo del team, per creare quel contesto ideale nel quale possano germogliare i semi del trionfo.
Con un pilota così determinato e che probabilmente, come anticipavamo in un altro scritto, potrebbe prolungare il suo contratto con la squadra rossa, la Ferrari sa di aver messo a posto una questione. Ossia quella del cavallo di razza sul quale puntare per arrivare al titolo. Ora però arriva il difficile: gli ingegneri di Maranello hanno il compito di fornire finalmente una macchina all’altezza della situazione e che sia costante sia nelle prestazioni offerte, sia nella capacità di essere consistente nell’arco di un intero campionato. La differenza con quello che accadde ad esempio nel 2022.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari