Quante volte ci è capitato che la prima impressione su una persona, un fatto, una circostanza, bastasse per emettere un giudizio pressoché definitivo e centrato? Forse è quello che è successo in Ferrari all’avvio di una stagione tribolata che, dopo dodici gare, sancisce senza possibilità di smentite che la SF-23 è una vettura sostanzialmente sbagliata. O quanto meno incapace di fare ciò per cui era stata programmata: vincere.
Ritorniamo al 14 Febbraio, giorno in cui la storica scuderia italiana svelava al mondo la nuova creatura in una kermesse che, sembra strano dirlo, prevedeva un’immediata sgambatura per il mezzo rosso. Dopo un giochino in favore di telecamere e di pubblico festante il fato decise che doveva essere Charles Leclerc ad assaggiare per primo la pietanza principale del banchetto.
Qualcuno lo lesse come un segno del destino, un momento che si andava a legare con le sfortunate parole di Benedetto Vigna che, pochi minuti prima, aveva definito la nascente monoposto come il modello più veloce di sempre. A fare cosa non si sa. A proposito di rapidità, il monegasco potette verificare immediatamente che quella macchina rilasciava una strana sensazione. Qualcosa di non proprio positivo che nei successivi test del Bahrain sarebbe stato approfondito meglio dischiudendo i cancelli dell’inferno per i tecnici ferraristi che capirono che l’auto non era stata “indovinata”.
“Nei primi giri c’era un feeling strano, qualcosa non tornava nel bilanciamento. Però soltanto dopo ho scoperto che anche le prestazioni mancavano”. Questo il lapidario racconto che Leclerc ha fatto della vettura italiana. Non devono dunque sorprendere certe espressioni che si osservavano nel box rosso durante la tre giorni bahreinita che, nel momento in cui si manifestavano, furono valutate con leggerezza da molti.
Presa coscienza delle problematiche e della necessità di superarle senza il supporto del padre concettuale della SF-23, quel David Sanchez volato in McLaren quando il mondiale emetteva i primi vagiti, la Ferrari ha approntato un programma di upgrade che doveva contenere i problemi più grossi riscontrati dai piloti: mancanza di carico, difficoltà nel trovare il giusto bilanciamento e finestra operativa delle gomme troppo ristretta. I pacchetti evolutivi hanno limato i difetti ma non li hanno di certo superati.
Non sia fumo negli occhi la prestazione di Spa-Francorchamps che ha consegnato una Ferrari come vettura “prima delle altre”. Sette giorni prima, infatti, su un critico che doveva premiare la rossa, le cose sono andate piuttosto male. Ciò a confermare che la monoposto resta tuttora indecifrabile e che tende a non rispettare, nel verdetto della pista, ciò che emergeva dai simulatori.
I problemi della SF-23, dunque, persistono nonostante gli sforzi e le spremiture di meningi degli ingegneri. E sembrano così evidenti da riscontrarsi anche a occhio nudo. Certo, serve lo sguardo attento di chi è del mestiere e ha la vista allenata per capire dove guardare e cosa cercare. “Vedendola in azione in certe curve mi sono detto: <<hanno sbagliato macchina>>”. Il giudizio non è del primo arrivato, ma di Mika Hakkinen, due volte iridato e leggenda del motorsport.
“I piloti, dopo la prima uscita, avevano detto di avere piccoli problemi. Dal mio punto di vista erano guai grossi, ancor più perché la Red Bull volava – ha aggiunto il finlandese a Motorsport. “Ma recuperare è possibile: ciò che ha fatto la McLaren di recente è un grande esempio. A Woking nessuno ha puntato il dito contro nessuno, hanno lavorato duro. A fare la differenza sono le persone”.
Riprendere quota è quindi contemplabile. Ma serve tempo. Come accade per gli altri grandi ritardatari (Mercedes, Aston Martin e McLaren), anche in Ferrari si sta operando in chiave 2024 sfruttando l’ultimo segmento di campionato per incamerare dati e provare elementi che verranno riversati sui modelli del futuro.
Nel frattempo il Cavallino Rampante fissa l’obiettivo di breve termine: provare ad aggredire il secondo posto nella classifica costruttori approfittando della brusca frenata della scuderia di Silverstone, del ritardo accumulato da Woking e dall’incapacità di spiccare definitivamente il volo della Stella A Tre Punte.
Non sarà semplice perché, citando ancora l’ex McLaren, Leclerc e Sainz sanno di avere tra le mani un mezzo arduo da domare: “Quando la tua auto è difficile da guidare la possibilità di commettere degli errori è più alta, i due ferraristi sono sempre al limite. […] Parliamo di due grandi piloti che hanno solo bisogno di supporto. Quando avranno una monoposto all’altezza otterranno risultati incredibili”.
Mentre i piloti provano a contenere un puledro bizzoso, gli ingegneri si sono gettati a capofitto nel concepimento dell’auto del prossimo anno, quando si ritiene che la convergenza tecnica verso i principi filosofici deliberati dalla Red Bull possa generare anche un restringimento dei valori in campo. Ferrari non deve creare una monoposto dominante, deve “semplicemente” produrre una vettura che sia in grado di giocarsela con le altre. Saranno i piloti a fare il resto. E se lo dice Hakkinen c’è da fidarsi…
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari, McLaren