Della Ferrari si parla tanto, nel bene e nel male. La Ferrari parla poco. Spieghiamo meglio un concetto apparentemente tortuoso. La scuderia italiana è una delle colonne portanti della F1, risulta scontato che gli occhi di tutto il mondo del motorsport cadano su Maranello. Analisi, opinioni, valutazioni, congetture, ipotesi. Ogni dì è un proliferare di scritti sul mondo rosso, un “gioco” (che tale non è, rispettiamo la nostra professione) al quale partecipiamo anche noi, ossia chi ha il dovere di informare e di riportare fatti di cronaca sportiva e tecnica.
Dall’altro lato sentiamo molto spesso la voce dei due piloti, come normale che sia, e del capo della Gestione Sportiva, Frédéric Vasseur, che tra le sue mansioni ha quella di metterci la faccia e la bocca, anche e soprattutto quando le cose vanno maluccio come sta accadendo in questo 2023 dalle speranze disattese.
Chi sentiamo poco, pochissimo, col contagocce, è la proprietà o chi di essa ne fa veci e funzioni. Di tanto in tanto, nei paddock dei gran premi, fa capolino John Elkann che non si è mai distinto per un eloquio straripante. E possiamo anche comprendere che un imprenditore che guida un gruppo tentacolare e grande come Exor possa esprimersi sulla materia formulistica con parsimonia.
L’altro rappresentante plenipotenziario, Benedetto Vigna, è una figura parimenti ectoplasmica quando si tratta di entrare in nella materia del motorsport. Dopo le parole roboanti esternate nel giorno delle presentazioni della SF-23 e che hanno avuto l’effetto di un boomerang si registrano ben pochi interventi sull’andamento della Ferrari nella massima serie.
Perlopiù le parole sono arrivate a margine di altre questioni, come le conferenze tenute dopo le pubblicazioni delle trimestrali di cassa del gruppo industriale delle auto sportive. La cosa è accaduta ancora una volta, ieri, in una call al centro della quale c’era la comunicazione dei risultati semestrali dell’azienda.
Stavolta Vigna ha tenuto a freno gli entusiasmi e non ha parlato della vettura più veloce di sempre. Il suo intervento, pacato e moderato, sembrava la dichiarazione di un vecchio politico democristiano: dico tutto per non dire nulla. O non dico nulla per dire tutto, fate voi. “In alcune gare recenti, come quella dello scorso week-end a Spa Francorchamps, abbiamo visto alcuni segnali di miglioramento. Chiaramente vogliamo continuare a migliorare e stiamo lavorando giorno e notte per rendere la nostra vettura più competitiva“. Queste le parole riportate da La Gazzetta dello Sport espresse nella riunione con gli analisti finanziari del gruppo.
“Le corse sono il nostro patrimonio e, più che mai, uno stimolo per innovare ulteriormente – ha proseguito il manager – È la volontà di progredire che dobbiamo sempre mantenere viva, è l’eredità del nostro fondatore che dobbiamo coltivare costantemente con fiduciosa umiltà. Con questo spirito abbiamo iniziato il Mondiale di F1, ma con un livello di competitività inferiore alle nostre aspettative“.
Non c’è molto da analizzare su quanto detto. Forse è l’ultimo passaggio, quello evidenziato in grassetto, l’unico meritevole di qualche attenzione ulteriore. Si evince che ci si attendeva ben altro da questa stagione, specie dopo aver sacrificato tutta la seconda parte del 2022 bloccando lo sviluppo della F1-75 e dirottando fondi e competenze alla creazione della SF-23. Politica per la quale ha pagato Mattia Binotto il cui defenestramento ha generato un effetto cascata che ha portato ad un assestamento nell’organigramma tecnico-dirigenziale tutt’ora in corso.
L’amministratore delegato della Ferrari è come se osservasse asetticamente le cose e lo facesse dall’esterno. Probabilmente una strategia mediatica nuova ma che non può però celare il fatto che sia proprio il duo Vigna-Elkann ad aver voluto la svolta nella GeS. Forse quello che è mancato, e torniamo all’incipit di questo scritto, è una più puntuale comunicazione verso l’esterno.
Serviva, in termini semplici, spiegare che la massiccia ristrutturazione necessaria per rimettere la Ferrari al centro del villaggio doveva essere accompagnata da una tempistica più dilatata di quella che forse si esigeva. Checché se ne dica, Maranello è disabituata a vincere e deve creare quella malta che serve per costruire, mattone dopo mattone, il solido muro tecnico che serve per contrastare realtà che stanno dominando la F1 da oltre tre lustri (Mercedes e Red Bull) e quelle che iniziano a spingere rivendicando un posto di rilievo al banchetto delle feste.
I vertici della Rossa non devono spendere tempo in continue conferenze e appuntamenti stampa, basterebbe fare il punto della situazione e, come succede in ogni azienda che ha una rilevanza di un certo calibro, fissare obiettivi realistici e che siano in linea con un programma di crescita fatto a tappe. Che è ciò di cui parla Vasseur a cui non mancano doti di spiccato pragmatismo.
Autore: Diego Catalano – @diegocat1977
Foto: F1, Scuderia Ferrari